giorno e della nostra infinita miseria politica, si sarà reso conto che vivere politicamente, iscritto in un partito, ad esso inteUigentemente disciplinato e in .esso attivo, è, come dicevo sopra, la necessità primordiale del Mezzogiorno, e il primo segno di vita politica degli uomini di quaggiù. L'apoliticismo non è che una tradizione borbonica, ripresa poi dai fascisti col noto motto: - Qui non si fa politica. -- La cosa più difficile quaggiù è di far agire politicamente un uomo, fargli comprendere la necessità di prendere una direttiva, senza saltare a destra e a .sinistra, insomma stare in un partito, rinunz i a r e all'indipendenza, per quanto questa significa da noi. Indipendenti sono o diventano nel M ez.zogiorno quanti se UE:' stanno comodamente a cavalcioni di più partiti, o lasciano i nostri partiti di sinistra, lasciandosi corrompere da prospettive di vantaggi economici, sociali, politici. Il partito è l'unico faro "lJialnghcion la lollH •Da un giornale calabrese: Dopo aver trascritto il discorso dialogato con la folla, questa, soggiunge il cronista, grida: « Lo vogliamo a Monterosso; lo vogliamo a Polia. Lo vogliam.o ministro della nostra Calabria». Bib . ca Gino Bianco che risplende nell'immenso marasma del Mezzogiorno. Dico il partito che richiede qualche sacrificio per restarvi, che indica il 'primo svegliarsi della coscienza al civismo. Ecco perchè da noi non vi sono se non partiti socialisti o comunisti; ecco pe'l"- chè il partito liberale, il partito dei signori la cui moglie è presidentessa delle opere cattoliche, come lo è stata, nel ventennio, delle associazioni fasciste femminili, non esiste come partito, ma come aggruppamento e contrasto di uomini. Ed ecco perchè la D.C., come non concepisce un partito nel Mezzogiorno, çosì pede con orrore se due uomini ri riuniscono insieme fra loro per un •qualsiasi interesse. Particolarmente nauseabondo è lo spettacolo dei piccoli capi dei piccoli qJartiti quaggiù, pochi dei quali hanno le mqnì pulite. Alcuni poi, e non sono pochi, $i sono macchiati di scor• rettezze politiche, di truffe politiche con gravi che meriterebbero di essere mandati al temo. Eppure qualcuno di costoro, alla caduta del fascismo, per cop1·irsi, diceva sospirando: « Ah se avessi dato ascolto all'i11,se• gnamento di don Tommaso!». Vero è che anche il capo dei piselli, l'on. Saragat, la prima v-olta che lo rtrovai dopo la ca... duta del fascismo (usciva insieme con Togliatti da un Consiglio dei Ministri) mi disse con ge~ nero sa cortesia: « ah! prof. Fi.ore, io mi sono formato sui vostri scritti ». Oh gran bontà! ... Vedete un po' a che cosa mena l'indipendenza in Italia! TOMMAS·O FIORE 263
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