Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 1 - 31 gennaio 1952

Scritti di: AMBRICO - DI VITTORIO - DONAT..- CATTJN - GOLZIO - LEVI - MEDICI - MORELLI PIERACCIN I - RAPELLI - SABATINf - SANTI SILENTI - TREMELLONI - ZANOTTL,BJANCO ♦ Lettera numero 1 • Della disocC'upazione ♦ L'imponibile di manodopera ♦ Nuclei familiari e posti di lavoro ♦ Rilievi statistici ♦ Salari e prezzi . ♦ Le tariffe di cottimo ♦ La « non collaborazione» ♦ La cooperazione nella riforma agraria ♦ Il convep:no di Torino ♦ Lettere dalla Calabria, dalla Lucania dalla Francia e dal Vaticano ♦ L'opinione di un lavoratore-contribuente ♦ Cronache del passato ♦ Cronache del presente ♦ Quadrante nazionale ♦ Quadrante ·monclia~e . . . . . . . ~ - --- ' I ~ l , , • ' l ' ' ' I I • • - ---- - ~- --- - ··----- ·- --- -- • .., Biblioteca Gino Bianco

,. I • fiiTTERAlELAUORATORÌ\ dirette da GIUSEPPE RAPELLI • Usciranno ad ogni fin di "'ese in fascicoli semplici ed in fa, scicoli doppi nel periodo estivo • A hhouaruenfo annuo L. 1000- ,, semestr. ,, 500 - Fascicolo semplice ,, 100 - ,, doppio ,, 200Rstero il doppio • indirizzo postale : LETTERE AI LA \'ORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti pe1· abbonamenti sul e/ e postale n. 1 / 21927 intestato a '' Lettere ai la \'Oratori,, nell' uf"' licio dei conti correnti di Roma Re.,pon.Jahile: PIERO RANZI Autor. Trib. di Roma n. 2522 del 25,.,:~: J Stabilimento Ti)'ogralieo °,ESI ~A_ d~::-, Biblioteca Gino Bianco (' . \

LettearieLavoratori Anno I - N. l 31 Gennaio 1952 Lettera numero 1 cn. EL frequentare la scorsa estate le prime riunioni della ,< Società Fabiana Italiana » di Roma, nell'assistere e nel partecipare alle conversazioni sui vari argomenti che i « fabiani » di Roma ponevano in discussione, abbiamo pensato che sarebbe stato utile far conoscere a tutti i lavoratori la materia di quei dibattiti. Donde l'idea di dar vita a queste « lettere ai lavoratori ». Ci hanno confortato nell'iniziativa parecchi amici,· anche di diversa provenienza ideologica. Ci ha confortai o quanto ha scritto Mario Borsa sul laborismo e sul tradunionismo inglese e sull'influenza che su essi· hanno avuto i « tracts » dei f abiani. Gli argomenti che i f abiani trattavano nei loro testi erano le questioni del giorno: parlavano deUe condizioni dei contadini, discorrevano del lavoro delle donne e dei fanciulli, delle case popolari, della municipalizzazione dei servizi elettrici, del gas, dell'acqua potabile; proponevano nuove soluzioni: la nazionalizzazione, ed esempio, delle miniere e delle ferrovie; lumeggiavano gli effetti della poli-tica doganale, illustravano i vantaggi di una maggiore estensione della sicurezza sociale. E, soprattutto, fornivano ai lavoratori delle solide informazioni. In ciò è stato il segreto della fecondità del loro lavoro e del successo che hanno ottenuto. L'attività loro non si basò su un astratto intellettualismo, ma pose invece e dibattè delle precise questioni: precise, perchè delle stesse si fecero chiaramente infra.- Biblioteca Gino Bianco

/ oedere ai lavoratori i limiti e le difficoltà· nelle possibili attuazioni. Ora purtroppo, in Italia, noi abbondiamo in questo campo - di astrattismo~ di genericisnio: largiamo facilmente la promessa di una futura giustizia sociale ed intanto. lasciamo correre le cose e non diamo coscienza ai lavoratori delle possibilità attuali di una maggiore giustizia, possibile appunto con una loro maggiore e più cosciente, perchè più provveduta di cognizioni, partecipazione attiva alla vita sociale. Con questo spirito ha inizio la pubblicazione che vi presentiamo. La sua linea di sviluppo dipenderà, nel tempo, dalla capacità che la pubblicazione avrà -ai far comprendere la SlliJ funzione. Funzione essenzialmente informatioa la sua: discorrerà dei fatti e delle questioni come si pongono nel presente ed anche dei fatti e delle questioni come si sono poste nel passato. Si collegherà il passato al presente nel solo rapporto di nuove prospettive di lavoro: la storia maestra ancora della vita. Di fatti Pietro Gobetti alla sua « Rivoluzione Liberale» aveva dato questo sottotitolo: « rivista storica settimanale». Egli aveva il senso della storia e delle cose che camminano: anche noi pensiamo di avere tale senso. Per questo, pur appartenendo ad una parte, non ignoriamo la presenza di altri, pur essi compagni di strada. Talvolta sarà facile affiancarsi, talvolta giocoforza separarsi, ma rimarrà il compito del diradare le nebbie, perchè nelle nebbie si cammina male e son facili gli scontri, pericolosi per sè e per gli altri. Servizio d'informazione e di addestramento il nostro, nell'aspro cammino sociale che attende i lavoratori italiani. Le « lettere ai lavoratori », le postille e le risposte che alle stesse seguiranno, assolveranno anche ad una « didattica sociale», che cercherà di fare del lettore il miglior collaboratore. Le « letterf- » verranno così lanciate a migliaia di copie, gli argomenti di esse cresceranno, ma il loro successo è condizio.,. nato dai destinatari, cioè dai lavorai ori; se non saranno sordi alla iniziativa e troveranno in essa feconda materia per le loro discussioni e le loro decisioni. E 2 teca Gino Bianco ·

Perciò, se qualcosa non /osse riuscito loro chi"ro, scrivano liberamente alla rivista e vi sarà chi risponderà o in privalo o · su queste pagine. E la n1ig liore soddisfazione per chi volle e alimentò la pubblicazione, sarà nel sapere eh'essa è servita ai lavoratori italiani e che ha contribuito a superare la presente crisi di sfiducia e di apatia, che nelle file dei lavoratori purtroppo serpeggia, e che bisogna superare perchè altrimenti vi sarà in Italia, in questo duro cammino sociale, una sosta, se non un passo indietro. GIUSEPPE RAPELLI • Invitat, a sm•ivere numerosi aniici hanno risposto. Questo conforta, rimedia alla povertà di mezzi, permette fin dall'·inizio di avere « lettere » autorevoli da pubblicarsi man mano. Mentre è nostro impegno rendere più attraente e or• ganica la trattazione dei vari temi, avvertiamo che hanno . scritto su: « donne e fanciulli nel lavoro a domicilio » ENRICO BOSELLI,· « i lavoratori e lo Stato>> DINO DEL BO; « la legge Sindacale )) ITALO VIGLI ANESI ,· « con• Sigli di gestione e comitati misti» CABLO VENEGONI,· « la " cooperazione di lavoro» PALMI BO FOBESI; « produttività e supersfruttamento » VITTOBIO FOA,· « salari trasferiti o risparmi. capitalizzati )) GIUSEPPE PET BILL[; « scuola professionaie » UMBERTO CALOSSO,· « addestramento e qualificazione» DANILO DE' COCCI; (( il monopolio della FIAT » GINO CASTAGNO; (( prevenzione degli infortuni)) LIBE· RATO PEZZOLI. E' un primo poderoso lotto di « autorevoli» cui spe- . riamo altri Si aggiunga. Inoltre, nei limiti consentiti dallo spazio, terremo aperta la corr·ispondenza sui temi di questo primo numero il che naturalmente obbligherà noi a riassumere con chia-- rezza e conciSione le varie corrispondenze. Di questò naturalmente collaboratori e corrispondenti siano av-visati e tengano conto. Biblioteca Gino Bianco 3

· ROBERTO ·TREMELLONI Un combàffenfe inerme Per prevenire o sopprimere la disoccupazione mancano armi al sindacato Caro Rapelli, vedo che, al numero uno del tuo programma di « Lettere ailavoratori», c'è il tema della disoccupazione. Forse nel primo ventennio del secolo il problema numero uno fu, per noi italiani che ci accostiamo cordialmente al movimento sindacale, quello del salario, o quello della protezione del Ia4 voratore occupato. Oggi - e ancora più domani, in un mondo che ha un celere progresso tecnico e mantiene tenaci compartimenti stagni per gli uomini - il tema principale diventa quello della < terra di nessuno » posta tra le forze applicabili e le forze applicate alle risorse di cui dispone la nostra collettività. 1,utto il dibattito si sposta. Non è più il partito politico che si affianca al sindacato, e quasi confonde la propria azione con il sindacato stesso, il quale difende gruppi ognor E. 1 Jteca Gino Bianco ROBERTO THEMELLON1 nato nel 1900, deputato so• cialdemocratico, studioso di economia. più vasti di lavoratori nelle loro condizioni vitali di prestazione d'opera. Il sindacato può affrontare il miglioramento salariale o assistenziale con strumenti formidabili, in difesa dei gruppi che rappresenta. Ma non riesce ad utilizzare le stesse armi per prevenire o sopprimere la dis•occupazione; è spesso combattente inerme quando una valutazione monetaria o la politica economica generale possono modificare fortemente il livello di -salari reali e di occupazione. Il sindacato cede questa difesa di carattere più universale al partito politico: tale, almtno, sembra il risultato di

questa limitazione dell'azione sindacale cui noi assistiamo nell'u1 timo trentennio. E ciò proprio mentre i problemi della disoccupazione diventano più importanti (la disoccupazione italiana, che, secondo il censimento 1907 era pari a 160 mila unità, nel1' intervallo tra le due guerre sale ad oìtre un milione di unità, nel secondo dopoguerra a due milioni di unità). Tra un decennio avremo almeno 5 milioni di persone potenzialmente attive, in più dei 20 milioni attuali. Il problema diventa imponente, di sempre maggiore urgenza, e di sempre più acuta con eg·uenza in tutti i fenomeni della ita economica e sociale del Paese. ·Come può risolverlo il sindacato? Come può non diventare un problema politico generale, che riflette tutti gli aspetti della vita del Paese e che reclama la correzione dei vizi strutturali di questo nostro ambiente economico? E seè vero che tra piena occupazione e piena disoccupazione non vi è che differenza di grado di attività (come dall'unità allo zero), come potremo non preoccuparci della cosiddetta sottooccupazione, e anche dell'inoccupazione (nuove potenziali unità, che affluiscono specialmente dall'esercito femminile, man mano che la donna si emancipa dai lavori càsalinghi)? Il problema si trasferisçe, ; Biblioteca Gino Bianco dunque, dal campo stretta1nente sindacale al campo politico, e dirci in particolare della politica economica generale. Ma qui, operando alla cieca, o per approssimazione, o per impressioni, si rischia di fare grossi errori. Quindi l'esigenza primordiale ch'io vado affermando non da oggi, di conoscere a fondo i QUA]l)RANTE N AZRONAILE - Le alluvioni, .rono già lontane. Gli italiani dimenticano presto. Rimane la disoccupazione ed i provvedim.enti di « occupazione di mano d'opera » pred:isposti dal Consiglio dei Ministri dovrebbero costituire un intervento l « m.assiccio e decisivo ». Il programma sarà finanziato in parte da un « contributo temporaneo » a carico degli imprenditori. Del contributo su chi si rivarranno gli imprenditori? Qualcuno intravede nuovi aumenti, perciò diminuzione di consumi, nuova disoccupazione. Non siamo così pessimisti: certo occorrerà maggiore consapevolezza, minor egoismo. C'è chi chiede questo allo Stato: è meglio chiederlo ai cittadini ed ai loro rappresentanti politiCi e sindacali. Allora lo Stato sarà in grado di dare la soluzione desiderata. E' un problema di coscienza soeiale: in Italia abbonda a. parolP-. ~~ ' 5

fenomeni derivanti dai rapporti tra popolazione e reddito, nel nostro Paese, e tra forze applicate e forze applicabili; e di vedere a fondo dove sono gli attriti, dove il 1neccanismo è imperfetto, do- . . ve sperperiamo, per ignoranza, le opportunità di lavoro, dove operiamo seel te erra te. Ecco, caro Rapelli, perchè conto sull'inchiesta parlamen- · tare alla cui approvazione hai così validamente concorso. E' un primo passo, che agli impazienti può parere modesto o inutile, 1na che ai gradualisti appare invece l'indispensabile gradino iniziale d'un edificio, di cui non si può costruire prima il secondo piano su incerte palafitte. Rilievi in Sicilia a Milano, Pisa e Napoli L'Istit11,to Centrale di Statistica di Roma, usufruendo di un nuovo .sistema di indcigine ha eseguito una statistica rìguardante le forze del la·vorQ Dette forze sono scaturite scegliendo un campione di comuni .ed in ciascuno di questi un campione di famiglie, ,celtB a caso . Dal numero dei comuni conforze del lavoro Sicilia . . 1.425.300 Napoli . . . 653.100 Pisa . . . 147.100 Milano 1.149.700 I . . B teca Gino Bianco siderati e per il totale delle famiglie sono da considerare i se- - guenti dati riguardanti le provincie della Sicilia, di Milano. NapoU e Pi,a. Passando in rassegna le notizie forniteci mettiamo stt,bito in evidenza le percentuali delle forze di lavoro occupate, non. occwpate t1 relative percentuali: così ripartite: rifer. O/o Non sulla Occup. popola?. occup. 32,8 O/o 1.315.000 110.300 32,5 (•io I 590.000 62.300 43,9 1 /111 I 135.000 11.400 I 47,7 li/,, I 1.064.300 85.400 I ·-

I non. occupati danno la ~eguente percentuale: I forze non I del lavoro occupati percentuale Sicilia . . . . 1.425.100 Napoli . . . . 653.100 Pisa . . . . . 147.100 Milano . . . . 1.149.700 Analizzando la categoria d,ei non occupati, in Sicilia, nelle provincie di Milan.o, di Napoli e di Pi$0,, in base al grado dj Sicilia 1) Università, scuole medie superiori . 44,30/o di cui: a) laurea e frequen- (13,1) • za corsi . . . b) licenza, diploma o frequenza scuo- (31,2) le medie . . . 2) Scuole medie infer. 12,1 3) Scuole elem.-analfabeti . . . . . . 43,6 Pertanto dall'esame dei dati, subito sopra riportati, la Sicilia offre una percentuale molt,:> alta, fra; i non occupati, di eleBiblioteca Gino Bianco . 110.300 7,7 62.300 9,5 11.400 7,7 85.400 7,4 i.istruzione; si hanno i $eguenti dati fra la massa di coloro che cercano lavoro per la prima volta: Milano Napoli Siena 16,20/o 19,9 O/o 21,5 O/o . (3,3) (6,6) (21,5) (12,9) (13,3) 35,5 19,2 26,9 48,3 60,9 51,6 menti aventi una cultura superiore, percentuale che diminu.i6Ce gradualmente man mano che si risale al nord. 7

Il fenomeno opposto ri nota nella partecipazione dell'elemento femminile alle ~ forze del lavoro» dove passiamo dall'll per cento in Sicilia, al 18,4 a ATTIVITÀ Sicilia Agrico1tura . • 47,0 °/c. Industria, trasporto, comunicazioni . . 28,00/o Commercio. 10,0 °/c Altre attività • 15,0 O/o 100,0 Analizzando i prospetti tornitici si può anche notare le variazioni della percentuale in I Sicilia l I I meno di 15 ore 5,0 da 15 a 39 ore 26,5 40 ore ed oltre 68,5 100,0 B 8 eca Gino Bianco Napoli, al 29,6 a Pisa ed infine ai 30,3 a Mila no._ Inoltre suddividendo le « for- • ze del lavoro» a seconda del ramo di attivitd si ha: - ... Jo Napoli Pisa Milano .,,...., 15,30/o 26,70/o 7)30/o 46,90/o 46,1 O/o 66,5 O/o 13,6 O/o 10,40/o 13,50/o ·24 2 O/o ' 16,8 O/o 12,7 O/o 100,0 100,0 100,0 base alle ·ore effettive di lavoro, e cioè: Napoli Pisa I Milano I 2,7 2,4 2,5 17,3 14,0 10,5 80,0 83,6 87,0 - 100,0 100,0 100,0

Nuclei fallliliari e posti di lavoro L'a relazione della Commissione presieduta dal sen. Rttbinacci, e pubblicata nel settembre 1950 espone i. risultati di uno' studio statistico sulla pluralità di occupazione in un medesimo nucleo familiare. Tre fasi devono essere considerate, in merito all'occupazione: quella di assunzione, di licenziamento, e fase interrnredia riguardo ai rapporti di lavoro già in essere. La legge del 29-4-'49 n. 264 concernente le modalità di assunzione, già prevede, in ordine di importanza, che il numero dei componenti familiari sia considerato di primario rilievo, rispetto ad es. all'anzianità di iscrizione nelle liste, situazione _ patrimoniale ecc., -per l'assunzione medesima. Tuttavia, il relatore precisa che il numero delle unità familiari non dovrà essere considerato in funzione di merito demografico, ma dello stato di bisogno del nucleo medesimo. La seconda fase di studio d Tiferisce ai licenziamenti, per i quali è ovvio che i lavoratori licenziati per primi non siano quelli appartenenti ai nuclei familiari più numerosi ( compatibilmente con eventuali clausole contrattuali o con ragioni di fiducia, di specializzazione pro ... fessionale ecc.). 111. ogni modo non esistono in questo campo disposizioni normative a carattére generale. La terza. fase è quella che Bibliofeca Gino Bianco presenta l'aspetto più delicato, se si volesse proporre adàirit .. tura il licenziamento di lavora• tori attualmente impiegati, per sostituirli con elementi che ap• partengano a nuclei numerosi. Tale soluzione comporterebbe una congerie di discussioni giuridiche, di comprensibili proteste da parte dei licenziati, di rifiuti da parte del.le aziende, di indennità di licenziamento che dovrebbero esser corri.sposte, talché una azione coercitiva del governo in questo senso - a giudizio del relatore - deve essere aprioristicamente scartata. Accingendosi a, riferire i risultati statistici dell'indagine condotta dalla apposita commissione di studio, l'on. Rubinacci si è sentito in dovEre di p·recisare, prima, alcune osservazioni, necessarie per una esatta valutazione dei dati statistici che non presentano se non una indicazione piuttosto approssime«.tiva, onde cadrebbe in grave errore chi ne facesse punto di partenza per conclusioni definitive. Infatti, i dati statistici non possono essere che orientativi e di massima per i seguenti motivi: a) ristrettezza del campo di indagine; ed impossibilità di condurre un'inchiesta nazionale; b) reticenza da parte degli interpellati nel dichiarare quali altri membri della famiglia lavorassero in altre q,ziende; e) mancanza di considerazione verso gli elementi della fami9

gha che non tavorano in altre aziend<:1, ma tuttavia producono e guadagnano in proprio, o beneficiano di redditi personali diversi. Ad ogni buon conto, ! 'indagi ne venne condotta nei seguenti settori, da r;arte del Ministero del Lavoro e di quello dell'Industria e Commèrcio: Assicura• zione, Commercio, Credito, Industria, Pubblica Amministrazione. Riportiamo ora i dati riassun.. tivi (su un totale di 1.101.618 lavoratori nelle aziende censite): 1) Lavoratori occupati preS30 la ste~sa azienda e facenti parte di uno stesso nucleo familiare: nuclei familiari lavoratori 71.892 occupati : Da cui si deduce che il numero medio di occupati per nucleo familiare presso la stessa maschi femm. I totale 83.187 72.552 I 155. 739 azienda, è di 2,17, mentre l'eccedenza percentuale che ne risulta è di 117 per cento. 2) Lavoratori occupati presso una data azienda e facenti parte di un nucleo familiare; con membri occupati altrove: maschi femmine totale 67353 76121 143.474 ·Da cui risulta che, ~u 1.101.6lf, lavoratori delle aziende censite, 143.474 hanno familiari occupati presso altre aziende, in ragione del 13,0 m2dio, per cento, mentre la percentuaie, semp<re media, di lavoratori che danno luogo ad occupazione plurima nell'ambito della stessa azienda, risulta del 14,1 % . Bi 1° ~ca Gino Bianco Per concludere, l'on. Rubinacci assicura che l'Ispettorato del lavoro ncn potrà essere insensibile al fattore del numero dei componenti la famiglia e suggerisce una statistica della occnpazione operaia, basata non già sulla scheda del lavoratore ma sulla scheda familiare.

GUSTAVOSILENTI L'imponibile di manodopera L'iniziativa -privata, TUalgraao le speranze dei fautori di un ritorno puro e semplice ai canoni ".iella libertà economica, non è più in grado di fronteggiare da sola il problema ereditato dallo 800 di dover nutrire una popolazione sempre crescente. Ora si tratta di vedere se vi sia squilibrio fra prezzi e salari e quindi se vi è scompenso fra. le produtti vità marginali dei fattori di produzione, o se è invece il mercato che si è appesantito nelle. dinamica dei gusti. Ve. solo eietto che l'intervento dello Stato deve essere intelligente mai dim'enticando che la sua azione soggiace sempre ad un problema di limiti. Lo Stato può integrare o tonificare un dato economico carente ma non può prescindere del tutto dai calcoli di convenienza dei soggetti economici. E sopratutto siccome ogni intervento è una rinuncia a rena.ere massimo il prodotto sociale, lo Stato deve assicuransi che da un lato le conseguenze siano meno sfavorevoli possibili nello ordine morale, sociale e politico e dall'altro lato il costo sociale dell'intervento sia il più passi .. bile distribuito fra tutta la collettività nazionale. Non pare che a questi requisiti corrisponda uno degli interventi che lo Stato ha escogitato in questo dopoguerra, mi riferisco all'imponibile di ~manodopera sia sotto forma di una aliquota a1bitraria di mano d'opera im'posta all'impresa, sia sotto forma <U blocco dei licenziamenti. Biblioteca Gino Bianco GUSTAVO SlLENTl torinese, studioso di questioni sociali. "Per pocv che si rifletta ri:,ul ta chiaro che si tratta di un espediente a.ntieconomico, antimoraJ.t;, antisociale. E' antieconomico perchè in og11.1 impresa tutti i fattori di prouu.- zione si dispongono in modo da realizzare una eguaglianza nelJ.u produttività marginale dei fattori con tendenza al costo minimo. L'aggiunta di una maggiore quantità di un fattore porta ad uno spreco e riduce l'efficacia. prv-• duttiva dei fattori preesistenti. E' antimorale perchè abitua il lavoratore alla fatica inutile, ne sviluppa la. tendenza alla pigr~z1e1, abbassa la. sua educazione e di conseguenza immiserisce il carattere nazionale. E' antisociale perchè blocca la situazione di tutti i lavoratori 1 quali non sono più spinti a perf~zione.re le proprie qualità teeniche onde migliorare la propria posizione gerarchica nel lavoro, e conducendo al depauperam'ento progressivo delle aziende colpite, pregiudica da un lato la posizione occupati va dei la vorator1 "fficlenti e dall'altro spinge l'Impresa. e.Ha ricerca del sussidio st,atale che è la forma di tlemosina. che più indebolisce nell'im, prenditore l'audacia del rischio e trasf armandolo in un ùurocrate economico lo fa vivere da. para5.5ita sul bilancio dello Stato. 11

. Salari e Prezzi (Lettere di Di Vittorio, Morelli, Santi, Pieraccini, Levi e Golzio) Per una sola questione, anche se la stessa può esprimerSi sotto titoli diversi abbiamo raccolto nel primo fascicolo « lettere » di ()pinioni diverse, parte delle quali non possiamo condi1Jidere. Ci pare molto onesta l'affermazione del socialista Pieraccini che dopo la Corea, dopo l'intensificato riarmo, la situazione è sostanzialmente mutata: e perciò diCiamo noi, anche la situazione « salariale » avrebbe dovuto essere considerata diversamente. Se Si spende « improduttivamente l> per il riarmo è chiaro che questa spesa gioca «negativamente» a danno dei risparm.iatori, dei contribuenti, dei produttori, e dei lavoratori-consuma tori. Purtroppo invece è facile confondere le idee ai semplici, ed è mortificante pensare che vi siano uomini responsabili che promettono maggiore riarmo col maggiore benessere a tutti come se lo riarmarsi, non dovesse costare sacrificiO ad alcuno, anzi! Nel Nord-America Si cerca di non far gemere i torchi per la stampa di moneta e si fan invece gemere i contribuenti, e si impongono sacrifici agli stesSi lavoratort nelle patrie socialiste, il problema della «difesa» determina il maggior lavoro con il maggior sacrificiO e chi ostacola il maggior « lavoro » .è punito per « sabotaggio». Da noi, paese allegro, si confondono le carte in tavola, perchè pensiamo che tutto si debba risolvere facilmente, chi con la stampa di nuova moneta, chi con vanoni, attraverso lo sterminio dei « ricchi », dei « capitalisti », ed intanto le cose si stanno aggravando. Logica l'opposiZione social-comunista ( Santi, Di Vittorio) nella sua impostazione: più « carico » di richieste si fa, più si « appesa1vtisce » la navicella governativa, più ne diventa possibile un prossimo affondamento. Incerto appare invece l'atteggiamento delle organizzazioni non comuniSte, premute - a nostro avviso - dal timore di perdere popolarità, sono in genere oSCillanti nelle loro direttive. La questione degli statalt può esserne un esempio: nella situa, zione attuale, aumenti generali di retribuzioni, aggraverebbero lo Bi J2 ,ca Gino Bianco I

sviluppo fra le masse dei senza-lavoro, e le categorie, relativamente privileg'iate, degli occupati. Purtroppo la « scala mobile » non si applica alla « miseria stabile» dei disoccupati, degli invalidi, dei vecchi ed in genere ai bisognosi, sia pur nzin'i mamente alle loro necessità. Purtroppo la sperequazione tra lavoratori e lavoratori, non è stata mai forte come adeS$O in Italia. Le differenze tra Nord e Sud sono cresciute rispetto agli stessi anni del fascismo. Le disposizioni circa un 1naggiorr assorbimento c!,ei disoccupati nei 1Jari tipi di cantieri, predisposti dal Ministero del Lavoro, rischiano assai nella loro riuscita se, definita la questione degli « statali », si dovesse ricominc-iare daccapo con nuove richieste. Queste sono riflessioni che s'im.pongono: indubbiamente chi ha interesse a succedere nella direzione dello stato, non ha alcun interesse a evitare errori a chi attualmente lo dirige. Il nipote voglioso della successione, non induce a morigeratezza lo zio scapestrato, anzi lo lusing,"! al maggior stravizio perchè possa m.orir presto. Ed in questo caso non si tratta tanto dello zio d'America, anzi del Nord-America: che è molto lontano e poco comprende delZ'Euroi;a e che probabilmente non avverte il pericolo che corrono in essa i vari traballanti zii locali/ Gli zii, e l'inteZligenza dei· nostri lettori lo avrà già capito, possono essere i vari Stati europei continentali, ed i nipoti, i partiti comunisti, candidati alla successione. * GIUSEPPE DI VITTORIO A urnentare i salari NELLA situzaione attuale del nostro Paese, se vi è una questione sulla quale non çi dovrebbe essere nessun dissenso fra dirig·enti sindacali di qualsiasi corrente, è proprio quella dell'urgente necessità di aumentare i salari e gli stipendi dei lavoratori. A questo proposito, desidero precisare anc.ora una volta, che la C.G.I.L. non ha mai parlato di aumenti indiscriminati, ma bensì di Biblioteca Gino Bianco GIUSEPPE DI VlTTOR10 nato, nel 1892, deputato comunista e segretario della CGIL. aumenti differenziati, secondo le possibilità concrete d'ogni settore produttivo. A qualcuno piace ripetere che la C.G.I.L. avrebbe modificato le proprie 13

posizioni su questa questione degli a u1nenti differenziati; ma ciò non corrisponde a verità. L'aumento dei salari e degli stipendi è necessario in primo I uogo, per elevare il tenore di vita dei lavoratori italiani, che è troppo basso; è fra i più bassi d'Europa. Infatti, la media dei salari dell'industria è al disotto delle 30.000 lire mensili, mentre il costo minimo riconosciuto della vita d'una famiglia tipo, è attualmente di oltre 60.000 lire. Ciò vuol dire che la grande massa degli operai riceve un salario che si aggira appena attorno alla metà del fabbisogno. Se si aggiunge che· milioni di operai lavorano ad orario ridotto e che molti di essi sono obbligati a contribuire al mantenimento di un loro familiare disoccupato senza sussidio (o un vecchio con pensione miserabile), se ne deduce che milioni di famiglie italiane non hanno nemmen'O il minimo necessario per la semplice alimentazione. In tali condizioni, per chiunque abbia senso sociale e cuore umano, la necessità di aumentare i salari è così evidente da rendere superflua ogni discussione. E, se la C.G.I.L. avesse voluto assumere un atteggiamento demagogico, avrebbe poturo chiedere un aumento corrispondente ai bisogni minimi dei lavoratori, che equivarrebbe B Jf eca Gino Bianco all'incirca al raddoppio dei salari attuali. La C.G.I.L., però, ripudia ogni forma di demagogia, ed ispira costantemen te la sua azione al senso delle responsabilità e delle possibilità concrete. E' per questo che la C.G.I.L. ha contenuto la sua richiesta di aumento salariale attorno alla cifra indicativa del 15 O/o, variabile in più o in meno, a seconda della situ azione di ciascun ~ettore. E' noto che la C.G.I.L. ha fondato questa sua richiesta sulla base di cifre e di da ti inconfutabili, dai quali risulta che l'aumento medio del 15 °/o può essere concesso senza mettere in nessuna difficoltà le aziende e senza determinare aumenti di prezzi. La C.G.I.L. ha infatti dimostratu che il complesso dei profitti industriali, dal '49 al '50, è passato da 447 a 615 miliardi, con un aumento di ben 168 miliardi. Un aumento medio del 15 O/o dei salari non assorbirebbe che una parte dei superprofitti realizzati dagli industriali, in più di quelli già elevati realizzati l'anno precedente. Perchè, dunque, l'aumento medio del 15 °/o dei salari, da noi richiesto, dovrebbe risolversi in un aumento dei prezzi e non in una proporzionale e quindi moderata riduzione dei profitti? Una società che si dichiari incapace di attuare un tale elementare atto di

giustizia sociale, non può dirsi de1nocratica e tanto meno cristiana: sarebbe una società destinata a perire. Comunque, dato che la possibilità materiale esiste di far gravare l'aumento salariale richiesto sui profitti, e non sui prezzi, si tratterebbe soltanto di trovare il mezzo adatto per metterla in pratica. Questo mezzo la C.G.I.L. l'ha trovato: quello di bloccare i prezzi all'origine; cioè ai n1 onopoli industriali. Attaccare invece i commercianti, per ottenere da essi la riduzione dei prezzi - come lo pretende l'on. Pastore - è quanto di più ingiusto e d'impossibile si possa pensare. Senza voler assolvere ne~sun commerciante disonesto, come possono i commercianti vendere a prezzi più bassi, se essi sono costretti a comperare a prezzi più alti? Pen r,endere più chiara la possibilità di aumentare i sa-: lari, senza nessun aumento dei prezzi, desidero citare un esempio, che considero abbastanza indicativo della situazione generale. Eccolo: quattro dei principali monopoli industriali italiani - la Manteca tini, la Edison, la Pirelli e la Italcementi - hanno denunciato per il 1950 un aumento dei loro profitti (risp~tto all'anno precedente) pari alla media ponderata del .32.4 per cento. L'aumento salariale non ammonterebbe invece che al 3,9 °/o del valore della loro produzione di mercato. Si tratterebbe pertanto d'una lieve riduzione dei loro superprofitti. Ed io sono fermamente persuaso che lo Stato, se lo volesse, potrebbe benissimo QUADRANTlE MONDllALE In Corea Si continua a cercare l'arm.istizio; nelle Nazioni Unite si continua a cercare l'accordo,· nel mondo asiatico e af.ri'cano ·i poi:oli cercano l'indipendenza. Il comunisn·o ha buona presa nello spirito nazionalista di questi popoli chiam.ati alla riscossa (ogni cent'anni un risorgimento, dunque?) ed il vecchio rnondo europeo confida la sua salvezza nel « mondo nuovo» am.eric1,no: qualcuno degli europei ma1cela la speranza di diventarne «colonia». Una augusta parola eia Roma ha peraltro arrwon1to che anche riel cosidetto « mondo nuovo arr.ericano », nel cosidetto « mondo libero » è assente un vero ' orciine di giustizia e ai libertà, un vero ordine cristiano. Per chi si batterà dunque questa povera umanità? I miti della sieurezza s'infrangono e sola vera sicurezza rim.ane lo sMr'lto di chi ha fede e lavora r,er un mondo n;i- . gliore secondo il messaggio: Pace agli uomini di buona volontà. Biblioteca Gino Bianco 15

imporre questa lieve riduzione di profitti ai magnati dell'industria. Possiamo concludere affermando che la possibilità d'aumentare i salari, nella misura 1·ichiesta dalla C.G.LL., senza nessun aumento dei prezzi, risulta chiaramente dimostrata. Desidero solamente aggiungere che r aumento dei salari \.: degli stipendi non è soltanto necessario per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori: è anche necessario p~r aumentare la capacità di acquisto del mercato e per stimolare l'aumento della produzione e dell'occupazione Qualcuno mi rimprovera di non aver difeso con altrettanto ardore la causa dell'aumento dei salari nel 1945-46, perchè - si osa dire - in quell, epoca anche i comunisti ed i socialisti erano il potere. L'aumento salariale, quindi, sarebbe da noi chiesto ora per... far dispetto al governo democristiano. Non ho mai risposto, perchè non ho l' abitudine di raccogliere sciocchezze, nè le affermazioni fatte a vanvera da coloro che non compiono nessuno sforzo per cercare di studiare e di comprendere i problemi, dei quali parlano con leggerezza. Ogni mediocre ossel'va tore sa che nel 1945-46 la produzione era inferi ore alla richiesta di prodotti da parte del mercato. In quella situ azione, aumentare i sa1ari oltre un Bitiipteca Gino Bianco certo limite, senza aumentare la produzione, poteva avere come solo risultato l'aumento dei prezzi e quindi l' inflazione. Perciò il problema fondamen tale, allora, era quello di imporre l'equa ripartizione degli scarsi prodotti disponibili fra tutti i cittadini, a prezzi d'imperio. Ed in questo senso lottò la C.G.I.L. La situazione attuale, invece, è completamente opposta: ~a produzione disponibile sui mercati è di molto superiore alla capacità d'acquisto dei cittadini, non ostante che il potenziale produttivo dell'industria non sia utilizzato che in parte. Ne risulta che i magazzini sono pieni di merce e milioni d'italiani sono costret-· ti a privarsene, perchè non hanno mezzi per acquistarle. E se le merci non si vendono, altre f abbriéhe si chiudono, col conseguente aumento della disoccupazione, dei fallimenti e della miseria. E' chiaro che in questa situazione, l'aumento dei salari, oltre che migliorare il tenore di vita del popolo lavoratore, risulta salutare per l'economia nazionale. , Solamente i grandi monopoli accecati dal più gretto egoismo sono interessati ad opporsi all'aumento dei salari ed a trovare e far ripetere pretesti puerili per impedire il soddisfacimento di questa impell ente esigenza socia}e e nazionale.

LUIGIMORELLI AuD1entare • I • • cottIIDI LA C.I.S.L., nell'int~nt? di conseguire un m1ghoramen to delle retribuzioni senza che esso gravi sul < costo > del lavoro e pertanto metta in pericolo la stabilità dei prezzi, ritiene più che conveniente addirittura necessaria la introduzione di forme integrative della retribuzione che proporzionino - in forma diretta ed indiretta - la retribuzione del lavoratore all'incremento della produttività. Noi siamo, e non da oggi, vivacemente contrari alla politica degli aumenti indiscriminati delle retribuzioni, sostcnu ta dalla C.G.I.L. convinti che un aumento generale e indiscriminato dei salari rende estremamente facile ai datori di lavoro di trasferire direttamente tale aumento sul prezzo dei prodotti. L'esperienza passata e particolarmente quella che noi abbiamo conosciuto negli ultimi anni ci ha dimostrato in modo evidentissimo che ad ogni aumento indiscriminato delle retribuzioni, non collegato ad una maggiore produttività ed a un migliore rendimento, è conseguito un aumento immediato dei prezzi. Biblioteca Gino Bianco -. LUIGI MORELLI nato nel 1895, deputato democristiano, segretario della CISL. Aumento sempre molto superiore al reale aumento del 4: costo » del lavoro. Cosicchè l'aumento salariale, conquistato con tanta fatica e con tanti sacrifici, viene subito annullato. Il salario reale del lavoratore non ne ha ricavato alcun beneficio: in certi casi si è persino constatata una diminuzione della sua capacità di acquisto. Nella corsa fra salari e prezzi chi ha sempre la peggio sono i salari. L'imprenditore può, con sufficiente celerità, aumentare i prezzi, mentre il lavoratore non riuscirà mai - nemmeno perfezionando il congegno della scala mobile - ad adeguare tempestivamente la sua retribuzione all'aumentato costo della vita. Secondo i calcoli attendibili dell'ufficio studi della C.I.S.L. nel 1950 i profitti industrié~.li netti hanno avuto, in media, un incremento del 300/o rispet17

io al 1949, mentre l'incremento medio dei salari. e degli stipendi per l'eguale periodo è stato rispettivamente del 2,80/o e del 1 O/o. Nello stesso periodo la produttività del lavoro nell'indu-- stria italiana ha conseguito - secondo le indicazioni dell'ufficio studi della Banca d'I taJia - un miglioramento del1'8,70/o; secondo i calcoli dell'ufficio studi della C.I.S.L. tale migliora1nento sarebbe del1'11 O/o. E' chiaro che l'aumento eccezionale dei profitti conseguito ·nel 1950 non può attribuirr~;~~7 di un lavoratore-contribuente Se deputati e senatori, · molti dei quali non risultano iscritti in alcun ruol0 di contribuenti, pagassero l e imposte anche sugli indennizzi parlamentari, sa.rebbero più cauti nello spendere il pubblico denaro, il che tornerebbe di vantaggio· a tutti, sopratutto di quelli che non avendo che la << busta r:aga » o il « libretto di pensione» non posseggono che del denaro nominale che può perdere valore, a seguito dell'inflazione. Forse i parlamentari ignorano che i miliardi si scrivono con molti zeri e rischiano di ridurre la moneta cartacea .a zero. EDOARDO ARRIGHI ~~.,,.._,._--.,..__,..,_ ............. ~ E 18 teca Gino Bianéo si esclusiva1nente alla partjco1 are congiuntura provocata dalla guerra in Corea, ma è certamente dovuto, in buona parte, all'aumentata produttività. In questa situazione è vano recriminare sull'aumento dei profitti sproporzionato a quello delle retribuzioni, nè è possibile credere che un aumento generale dei salari possa correggere la sperequazione tra salari e profitti. Se si fosse attuato il metodo proposto dalla C.I.S.L., se si fosse cioè instaurato sul piano delle aziende un sistema di retribuzione legato all'andamento della produzione ed ai migliora•menti della produtti ~ vità, buona parte di quanto è andato in profitti industriali - sarebbe già nelle tasche dei la voratori sotto forma di salario a rendimento o premio cii produttività. Solo con questo metodo s1 può ottenere che l'aumento delle retribuzioni non costituisca per l'imprenditore un aumento del 4: costo » del lavoro. Non costi tu endo un a umento del costo del lavoro l'imprenditore non ha alcun titolo per aumentare i prezzi. La stabilità economica <lei Paese è salvaguardata, e tutto quello che il lavoratore realizza come premio di rendimento o di produttività, risulta perciò un aumento reale del suo salario o del suo stipen-

dio, cioè della sua capacità di acquisto. Se si tiene conto che la attuazione della politica salariale proposta dalla C.I.S.L. postula la istituzione dei comitati misti di azienda che debbono studiare e concordare queste nuove forme di retribuzione e che le attuali tariffe di cottimo dovranno essere concordate sindacalmente, si può con tranquillità affermare che questo nuovo indirizzo di politica salariale è il solo che nell'attuale situazione economica sociale può dare sensibili benefici ai lavoratori senza accrescere la loro fatica e senza turbare l'andamento generale. La prova poi che la proposta non favorisce i piani della Confindustria la troviamo nel fatto che alle richieste della C.I.S.L. la Confindustria ha sollevato un'infinita serie di preoccupazioni, di se e di ma. Essa comprende che le proposte della C.I.S.L. tendono non solo a dare una consistenza alla retribuzione ed a migliorare il tenore di vita delle classi lavoratrici, ma ad ihserire sempre più il lavoratore nell'azienda, creandogli la coscienzu della sua correspon- 'abilità e mettendolo in grado di non essere più una merce od uno strumento al servizio del profitto capitalistico, ma un uomo con tutta la sua dignità, sullo stesso piano giuddico - pur nella diversità dei compiii e delle funzioni - di tutti gli altri collaboratori dell'azienda e che cn tra nella azienda per portarvi non solo i I proprio con tributo di fa ti- <·a e di lavoro ma anche per partecipare, con pienezza, alla Yita dell'azienda. Abituati a dominare incontrastati, i padroni sentono che queste istanze intaccano la loro situazione di privilegio e perciò resistono con tl,l tti i rnezzi. Forse resisterebbero meno <li fronte ad una richiesta cli aumento di salari, proprio r,erchè questo aumento, in ultima analisi, lo pagherà il lavoratore, mentre la diminnzione dei profitti tocca direttamen te gli industriali, ed è quello che essi non vogliono. La politica salariale della C.I.S.L. risponde perciò obiettivamente alle esigenze della classe lavoratrice. \ Le elezioni delle Commissioni Interne F.l.A.T. sono state ~ variamente commentate: le posizioni sono stazionarie per I la C.I.S.L., lievemente cedenti per la C.G.I.L., e lievemente ·- .....m....,...~..,..ig.,...l..,..ior""""'a..,..n.,....ti.,....· 1 , . p.,...e.,.. r .,....l.,. ._a ,...U.,.._., ._.ll., .._.L - ~-d -u -rn - a, - - p-e-r -o -r_da 1_..,..,n..,....o ........ .. :p...... u..ò.."."."re.,...c.,...a.,...r.,...e .g., .r , .._a.,...n d..,. . i ..___ _, sorprese, a meno ne ~0-11--0--0~:~i~- _ ~- Nor . 19 Biblioteca Gino Bianco

FERNANDO SANTI Ridur,~e CON L'AUMENTO delle retribuzioni dei lavoratori la C:G.I.L. intende migliorare il loro basso tenore di vita e, attraverso l'incremento della capacità d'acquisto del mercato, accrescere la produzione e l'occupazione. L'economia italiana giace in una crisi organica, strutturale. Il predominio del rnonopolio industriale e terriero, co-- me una ca1nicia di forza, im· pedisce la espansione delle attività produttive e mantiene nel Sud una condizione di economia feudale. Per realizza re il massimo profitto il monopolio restringe il mercato, - cioè lo impoverisc-e. Il mercato del nostro Paese ~ così povero eh~ non vi è dubbio che un incremento anche lieve della possibilità di spesa delle masse popolari median te l'aumento dei salari, rappresenterebbe una spinta all'attività produttiva portata a- soddisfare l'ulteriore d·omanda. Questa povertà del mercato è rappresentata dal basso livello delle retribuzioni, effetto e causa nello stesso tempo della crisi. La gente spende troppo poco perchè guadagna troppo poco. Così i negozi sono pieE 20 eca Gino Bianco i profitti FERNANDO SANTl nato nel 1902, deputato so-: cialista del PSI, segretario della C.G.I.L. ni di merce che pochi acquistano, milioni di italiani sono yestiti in modo insufficiente rnen tre i tessili sono senza lavoro ed occupati ad orario ridotto, milioni di italiani non mangiano a sufficienza (siamo ancora come calorie inferiori al 1938) e gli agricoltori si trovano in difficoltà a vendere i loro prodotti (e abbiamo la crisi del vino, dei grassi vegetali, dei latticini, ecc.). Così la campagna acquista sempre n1eno prodotti industriali_ gli operai lavorando meno consumano meno prodotti agricoli, e la crisi si morde la coda. E' fuori di discussione che lo scarso guadagno dei la·voratori si riflette negativamente su tutta la collettività. Quando milioni di lavoratori sono pagati in modo insufficiente, solo poèhi privilegiati continuano a star bene. Perciò la crisi colpisce, oltre che i lavora tori, gli artigiani, i com-

1nercian ti, i professionisti, i piccoli produttori, ecc. Non c'è dunque bisogno di altre parole per dimostrare che bassi salari vuol dire basso reddito operaio cioè bassa possibilità di spesa, cioè basso consumo, bassa produzione, alti costi, bassa occupazione, crisi, miseria. Fra possibilità produttive e mercato si è stabilito un equilibrio al livello della miseria. Noi vogliamo rompere questo equilibrio per l'icrearlo su un livello più alto. di maggiore benessere, o di. minore miseria co1ne volete. In che modo? Come organizzazione sindacale abbiamo on' arma trad'izionale, classica neJle nostre mani: l'azione sindacale. Quindi aumento delle retribuzioni per incrementare i consumi, stimolare la produzione. rendere necessari maggiori investhnenti. Se c'è qualcuno che si picca di sindacalismo e pretende di1nostrare che i lavora tori - oggi special men te - possono migliorare le loro condizioni per altra strada che non sia quella dell'aumento delle paghe, si faccia avanti e me lo dimostrt per fa YOre. E' inutile aumentare i salari perchè aumentano i prez .. zj, dice qualcup.o. A parte che sì è sempre detto così, non è vero che l'~umento dei salari, di un elemento fra i tanti del costo di produzione, debba necessariamente portare · agli aumenti dei prezzi terminali. Biblioteca Gino Bianco Indubbia1nente rauJnento dei salari porta ad un iniziale aumento dei costi, ma non necessariamente dei prezzi al consumo. Vi è il settore dei profitti industriali che può ridursi assorbendo il maggiore onBre, tanto più che ne sarà ripagato ben presto dalla maggiore produzione necessaria per la accresciuta domanda. Se proprio fosse vero in assoluto che aumentare i salari vuol dire aumentare i prezzi noi veniamo a stabilire questa uguaglianza: alti salari = alti prezzi. Ma allora dovrebbe essere altrettanto vera l'equazione uguale e contraria: bassi salari = bassi prezzi, cioè largo consumo, larga produzione, larga occupazione, benessere. In realtà in I talia abbiamo bassi salari, basso consumo, bas-sa produzione, bassa occupazione, miseria. I timori inflazionistici sono da scartare. Si ha inflazione quando l'apparato produttivo non è in grado di .adeguarsi alla maggiore domanda. Questa condizione non esiste da noi dove abbiamo lavoro op<.:-· raio inoccupato, impianti inutilizzati, materie prime disponibili (o che possiamo rendere disponibili). Certo il moltiplicatore che gli aumenti metterà in moto esigerà ben presto ulteriori investimenti per la ricostituzione delle scorte, per sviluppare o modernizzare le attrezzature, per occupare mano d'opera. E' 21

proprio quello che Yoglia1no nell'interesse dei lavuratori e del Paese. (Ecco l'azione salariale nel suo alto valore sociale: stimolo alla attività economica ed al progresso anche tecnico della produzione). Può darsi che qualche settore venga da princi-eio a trovarsi in cl ifficoltà, difficoltà di crescif a. N'On saranno comunque maggiori delle difficoltà nelle quali si dibattono ora tutti i settori, difficoltà di morte. Del resto la stessa misura moderata degli aumenti, se pure sufficiente a rompere la spirale della miseria, non è tale da creare, anche all'inizio, s~nsibili squilibrii tra produzione e consumo. Che il governo sia contrario agli aumenti salariali, mentre aumenta gli affitti, i trasporti, i costi di produzione industriale con la recente tassa sui salari, mentre autorizza gli aumenti dei concimi, ecc., lo posso ben capire anche 5e non è giusto. Il governo per finanziare il riarmo trova comodo prelevare largamente sul reddito 'Operaio. Che siano contrari gli industriali me lo posso spiegare. Gli industriali italiani - che non brillano per sensibilità sociale - guardano i 1 . lavoratore con un solo occhio: come costo della produzione. Manca loro rocchio per vederlo come consumatore. Non riescono ancora a capire che la somma delle. buste paga E ~2 ~ca Gino Bianco f onna il n1ercato, quel mercato al quale vogliono vendere i loro prodotti. Quello che 1ni riesce meno çomprensibile è la posizione di talune organizzazioni sindacali, come la C.I.S.L. Lottare contro i prezzi invece di aumentare i salari, dice la C.I.S.L. Come, per favore? Facendo la guerra al bottegaio dell'angolo. l'ultimo anello della cat{)na di distribuzione. quel bottegaio magari che fa credito al laYoratore scioperante! Tutto questo è infantile, come la can1pagna dei non acquisti, quasi che i lavoratori non acquistassero già, forzatamente, troppo poco. Vi è una dozzina di prodotti che sono alla base di tutto quanto è necessario per vivere e lavorare. Questi prodotti (dai combustibili liquidi e solidi al cotone, dal cemento alle pelli conciate, dall'azoto alla lana; dalla gomma al rayon, ecc.) sono in mano ai monopoli italiani o ai cartelli internazionali che ne fissano i prezzi. E' contro i monopoli che si deve lottare. 11 governo essendo infhfenzato dai monopoli, i lavoratori hanno un solo mezzo nelle mani: l'azione salariale per colpire il. profitto nella sua sede di formazione. Concludendo per migliorare le condizioni dei lavoratori, per aiutare i pensiona ti e i disoccupati che vivono a -Ca•

rie o delle famiglie operaie, per uscire dalle sabbie mobili deHa crisi non vi è che un solo mezzo: aumentar~ i salari pel' allarga re il mercato ~',,ala f1 dare una spinta in a van ti alla produzione ed a '.la occu- . paz1one. Tutto il resto è fumo, per non dire peggio. la tton eollahota2ione I mani RA I METODI sindaca.li coercitivi di minore illfportanza, devono annoverarsi quelli, che fanno parte della cosi detta· '"' azione diretta contraria alle legalità, e fra I quali meritano di essere ricordati il sabotaggio e l'ostruzionismo. Il sabotaggio è un termine comprensivo, che include qualunque procedimento col quale l'operaio, pur continuando a lavorare, cerca di recare il massimo danno all'imprenditore, rovinando gli strumenti e le macchine o lavorando il peggio possibile; esso si manifesta, dunque, sia per mezzo di atti delittuosi, che danneggiano le cose o le persone, sia anche col sistema del lavoro secondo il salario, sintetizzato dal Pouget colla frase: à mauvaise paye, mauvais travail. per il quale gli operai malcontenti della loro rimunerazione e nella impossibilità d'imporre in altro modo le loro ,rivendicazioni, ricorrono indi vidualmente ad azioni, che pregiudicano l'industria. in cui sono impiegati. allo scopo di forzare l'imprenditore ad aumentare i salari. Se il lavoro è pagato a tempo, il sabotaggio si applica alla quantità di lavoro, che l'operaio fornisce, riducendola il più possibile, mentre se il lavoro è pagato a cottimo. questa tattica di lotta si applica alla qualità dell'opera fornita. Una specie particolare di sabotaggio è dato dall'ostruzionismo. col qµale gli operai. continuando a lavorare anche in questo caso, disorganizzano il servizio nelle imprese capitalistiche con una resistenza pass:va, che diminuisce il prodotto, con una mancanza sistematica di buona volontà, o con una meticolosa applicazione dei regolamenti, quando si tratta di servizi pubblici. Ma queste forme di azione diretta sono metodi primitivi. di un Sindacalismo impotente, ·dipendono troppo per la loro riuscita dalla. iniziativa dei singoli individui e non possono essere regolate in modo efficace dalle organizzazioni operaie; le quali preferiscono. quando comprendono un gran numero di soci e dispongono di larghi mezzi finanziari, la lotta aperta contro il capitalista. che offre la prospettiva di clamorose vittorie, ai metodi subdoli del sabotaggio e dell'ostruzionismo. CAMILLO SUPINO: Le basi economiche del Movimento operfl,io - 1925 - dalle pagine 157 e 158. 23 Biblioteca Gino Biahco

OIOVANNI PIERACCINI Aumentare agli statali LA lunghissima lotta che tutti i sindacalisti e molti parlamentari di diversi parti ti hanno condotto per gli statali non ·è un episodio di pura e semplice difesa di una categoria. Essa si riallaccia al problema generale della politica economica e quindi quello dei salari e dei prezzi. E' su questa connessione che mi pare necessar 10 chiarire le idee, perchè è proprio qui che si hanno invece notevoli dissidi. Anzi la resistenza governativa, che è stata così dura e tenace, nasceva proprio da una diversa valutazione del problema nel quadro della politica generale. E' evidente per tutti che una vertenza che interessa direttamente un milione duecentomila cittadini e Ìe loro famiglie è una vertenza che ha un'importante serie di conseguenze su tutta la vita del Paese. Ora - a mio parere - le cose stanno così. Dopo la guerra coreana ed il riarmo americano ed europeo (ed anche italiano, naturalmente) ci siamo trovati di fronte ad un rialzo del costo della vita e ad una pressione inflazionistica che accenna a crescere anzichè diminuire. Le varie categorie di lavoratori hanno cerE 24 à G' s· ec 1no 1anco GIOVANNI PlERACCINI nato nel 1918, deputa,to del PSI, giornalista. ca to di proteggersi dinanzi a questo flagello. I lavoratori dell'industria, del credito, del commer<'io hanno conquistato la scala mobilt. Ma altre categorie n'On ci sono ancora riuscite. Ciò fa sì che il peso dell'inflazione cada fatalmente su queste ultime. Esse sono forma te di percettori di redditi fissi, soprattutto dagli statali, nonchè una larga parte dei lavoratori agricoli. Il governo parte dalla concezi0ne, per la verità antiquata, che la scala mobile con- .. ces!ìa ai dipendenti dello Stato rappresenterebbe un nuovo elemento inflazipnistico, quindi resiste e resiste anche sugli aumenti. Ora tutti conoscono resperienza italiana del 1947 quando, con la politica Einaudi, avemmo un rovesciamento di tendenza (dall'inflazione verso la deflazione) mentre era in atto, anche· per gli statali, la scala mobile. Tutti conoscono le recenti esperienze americane che dimostrano

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