Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

R. GUIDUCCI tutto, della fatica nella scala di valutazione di una attività umana. Neppure la rarità è stata un possibile elemento di misura. I prodotti agricoli, ad esempio, sono stati sottovalutati sempre, anche se rari, rispetto alla fatica per ottenerli. Ma anche una poesia è sempre stata valutata meno di un prodotto agricolo. Non esiste parametro di riferimento perché una fatica non è calcolabile in nessun modo se non compiendola e confrontandola con altre. Ciò ha sempre messo in grande imbarazzo gli economisti che hanno inutilmente cercato un metro nelle ore di lavoro impiegate in modo diretto e anche in modo indiretto e con altri criteri ancora più ricercati, senza riuscire ovviamente a trovare !'economicamente quantitativo nel socialmente qualitativo. Da tempo immemorabile lavori interessanti e leggeri, eseguiti dai dominanti, sono diventati pregiati attraverso valutazioni arbitrarie determinate dal potere. Sociologicamente si potrebbe dire che il valore di un oggetto o di un servizio non sia stato determinato dalla quantità delle ore, dirette e indirette di lavoro che costa, ma dal potere diretto e indiretto che contiene ed esprime in una data società. Da tempo immemorabile il lavoro manuale, anche se più difficile e più faticoso, è stato spregiato a favore del lavoro intellettuale, anche se più facile e assai meno pesante. L'astronomia, la geometria, la stessa scrittura, che sono comunicabili e verificabili per definizione, sono state valutate come segreti sacri e inestricabili. Il fatto più rilevante è che, da sempre, i lavori manuali, in gran parte, richiedono molto tempo, molto sforzo, cosicché le energie vengono tutte consumate e non resta, agli uomini che praticano questi mestieri, il tempo e la possibilità di occuparsi di problemi di potere. Il lavoro « pesante » è così due volte pesante: in sé e perché vieta altre attività socialmente essenziali. Nella divisione del lavoro, la privatizzazione assume tutto il suo significato. La divisione di fondo è tra attività direttiva ed attività esecutiva. Chi dirige, per quanto il suo compito possa essere facile o addirittura banale, partecipa al potere. Chi esegue, per quanto il suo compito possa essere difficile e richiedere conoscenze ed abilità complesse, ne è tagliato fuori. Naturalmente, chi esegue ad un certo livello, dirige talora altri su un livello più basso. Ma certamente il potere viene a 92

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