Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

SPAZIO IDEOLOGICO ciamo, una oggettività, una razionalità, una costruzione diversa del mondo. Seguendo l'analisi di Lefebre possiamo dire che c'è una « rappresentazione dello spazio molto differente: lo spazio omogeneo, ben delimitato», matematico. Ma lo spazio sociale, a qualunque livello lo si consideri è un prodotto, una produzione umana. Differenti spazi, spazi della rappresentazione, rappresentazione dello spazio « sono prodotti di una attività che implica l'economico e il tecnico, ma che va oltre: sono prodotti politici, spazi strategici » (9). Così, la rappresentazione dello spazio che si impone è un'immagine astratta e feticista, diremmo una rappresentazione ideologica che deforma e nasconde una parte delle relazioni sociali; in ultima istanza, « ci si dimentica completamente che c'è un soggetto totale che agisce per mantenere e riprodurre le proprie condizioni: lo stato » (10). Questo spazio ideologico, costruito da e per lo stato, è il luogo di una strategia della dominazione che riproduce le condizioni dello sfruttamento. Torniamo ora più specificamente al nostro tema. Avevamo detto che vi era uno iato tra il movimento sociale portatore di un progetto di autogestione generalizzata (un movimento francamente minoritario, frammentato - all'interno di una area libertaria - in « famiglie » di diversa provenienza e che non ha ancora la capacità di imporre una pratica rivoluzionaria) ed il discorso sull'autogestione, alla moda negli ambienti intellettuali ed in quelli sindacali e politici che cercano una terza via tra il liberalismo capitalista ed il giacobinismo della sinistra tradizionale. Questo iato si apre facilmente sullo spazio ideologico in cui tutte le manipolazioni e tutti i recuperi sono possi½ili. Non possiamo separare il successo dell'autogestione dalla posizione che gli intellettuali - l'intelligentsia in senso lato - occupano nella scala sociale grazie alla divisione gerarchica del lavoro, né separarlo dalle relazioni che l'intelligentsia mantiene con la classe tecnoburocratica. In un libro recente Yvon Bourdet scrive che « ammettendo la necessità congiunturale di una dittatura provvisoria da parte di un centro, Marx ha lasciato la porta aperta alla pretesa secolare di tutte le minoranze che autoproclamano la necessi- (9) Lefebre, H., La production de l'espace. Ed. Anthropos, Paris, 1974, p. 102. (10) lbid. p. 113. 67

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