Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

E. COLOMBO di un'informazione manovrata dai mass-media, senza difesa di fronte alla violenza degli apparati di stato. L'autogestione allora, assieme ad una timida sensibilità libertaria che si va diffondendo, appare come alternativa globale e possibile. Basandoci su questo aspetto positivo, possiamo affermare che l'approfondimento teorico del modello autogestionario e la definizione delle condizioni per la sua realizzazione sono compiti fondamentali, legati al processo di appropriazione del progetto rivoluzionario da parte dei suoi « produttori» stessi. Come scrisse Mumford, « quando tutti gli altri elementi del mutamento sociale sono tenuti nel conto dovuto, la definizione della nuova 'ossatura' si converte (...) in un elemento decisivo di tutto il processo » (2). Ciononostante è necessario mettersi in guardia di fronte ad un aspetto particolare del fenomeno: l'ambito sociale in cui fruttifica la moda autogestionaria. La sua impronta sociale non è per il momento che la generalizzazione di un discorso intellettuale e politico, cui manca, alla base, un movimento rivoluzionario che lo alimenti. La distanza tra il grado elevato di diffusione del discorso sull'autogestione e lo scarso sviluppo del movimento rivoluzionario misura - o delimita - lo spazio ideologico dell'autogestione. E' in questo spazio che l'utopia rivoluzionaria (3) scivola verso terreni già dissodati e lavorati dalla dominazione di classe, dallo stato. E noi ci chiediamo: l'autogestione è un modo (2) Mumford, Lewis, La cultura de las ciudades. Emecé Ed., Buenos Aires, 1957, p, 377. (3) Usiamo qui l'idea di utopia in un senso positivo, definendola come il nucleo « duro » della rivolta, che contiene in uno stesso movimento la negazione del sistema stabilito e il desiderio di un mondo nuovo. E' intorno ad essa che si cristallizzano le forze sociali che faranno esplodere i limiti dell'ordine esistente. Per utilizzare a modo nostro la distinzione di Mannheim, potremmo dire che, in generale, le utopie proiettate nello spazio (le descrizioni di città ideali) sono opera di un razionalismo autoritario che vuole pianificare la totalità della vita. « La città del sole dei filantropi umanitari è una specie di enorme gabbia dorata nella quale questi maniaci vorrebbero far entrare l'intera umanità» (C. Berneri). Al contrario la proieziòne nel tempo delle aspirazioni umane (la funzione utopica o chiliasmo) è l'elemento dinall)ico della negazione del presente. L'uso permanente della funzione utopica è l'affermazione del fatto che non c'è e non può esserci una escatologia rivoluzionaria.

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