Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

A. BERTOLO neppure paragonabile, per intensità e valenza dilacerante, a quella che nasce nella e dalla società di classe e che giustifica il « lavoro » degli apparati di repressione psichica e fisica, che giustifica uno spreco crescente di energie sociali per la creazione del consenso e per il contenimento del dissenso. La conflittualità delle diversità non è la conflittualità della disuguaglianza. La prima non ci pone l'insolubile problema che la seconda pone alle mistificatrici ideologie interclassiste: conciliare l'inconciliabile cioè gli interessi dei padroni e dei servi. Tuttavia pone cermmente dei problemi. La probabile e per c~rti versi auspicabile permanenza dei conflitti ci porta al delicato ambito della loro regolazione. Affermare che il contrasto di interessi che nasce dalla diversità tra eguali può e deve risolversi secondo modalità libertarie è poco più che fare della tautologia. Si deve andare oltre e definire le linee generali di un nuovo diritto sociale, che garantisca la permanenza e insieme la compatibilità reciproca e complessiva dei diversi interessi individuali e collettivi, in un sistema di equilibrio dinamico. il diritto sociale Una prima indicazione sui principi ispiratori del nuovo diritto sociale è proprio questa: esso deve essere pensato essenzialmente come garante delle soluzioni d'equilibrio e non come codificazio_Qeprestabilita dei comportamenti. La formula ideologica liberistica e liberale, della soluzione ottimale del conflitto di interessi attraverso il libero gioco della concorrenza mercantile e della concorrenza politica, è mistificatoria perché applicata a una società disegualitaria, in cui il gioco non è libero ma esattamente definito dalle truffaldine leggi della divisione gerarchica del lavoro sociale. Tuttavia vi è in essa un valido nucleo di pensiero anti-totalitario, in quanto si rifà appunto ad un concetto di equilibrio« naturale » degli interessi contrastanti. In realtà non c'è nulla di meno «naturale» e di più culturale di quell'equilibrio. E' l'uomo nella società che stabilisce certe regole del gioco. Non esiste gioco né società senza regole: tutto il problema sta nel come e da chi vengono stabilite e fatte rispettare. Una seconda indicazione in questo senso viene espressamente dalla teoria della democrazia diretta. La costituzionale separazione di potere legislativo, esecutivo, giurfdico - peraltro più formale che reale - ha valore in un sistema di poteri separati dalla società e concentrati in ruoli dominanti: 28

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