Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

A. BERTOLO piccolo è bello Si sta dunque aprendo (finalmente!) una breccia nel muro della dominante ideologia del « grande è bello» e un numero crescente di studiosi contribuisce a dimostrare che è possibile una diversa tecnologia, di piccola scala, che sia strumento dell'uomo e non di cui l'uomo sia strumento; che è possibile dare alla crisi energetica risposte diverse dalle centrali nucleari e dal saccheggio delle risorse naturali, e che, guarda caso, le fonti energetiche rinnovabili sono utilizzabili meglio nella piccola dimensione; che l'inquinamento non si pone drammaticamente e costosissimamente se non come fenomeno di grande scala; che la comunicazione interpersonale, che è una funzione sociale altrettanto importante della produzione, non è più ricca ma più povera nella grande dimensione (e dunque la povertà di relazioni non è solo caratteristica dell'« idiotismo rurale» ma anche di un nuovo « idiotismo urbano » ); che nel loro complesso le grandi strutture sociali sono macchine a rendimenti decrescenti in rapporto ai loro « consumi », con il crescere della dimensione ... Chi più ne ha più ne metta. Il campo delle scoperte sulla irrazionalità delle grande dimensione, aperto da un« semplice» capovolgimento di prospettiva, è ancora fecondissimo e s'inizia appena ad esplorarlo. Questo filone di pensiero, nelle sue espressioni più radicali è antitetico all'ideologia scientifica del potere. Nelle sue espressioni più attenuate, tuttavia, esso può essere funzionale al potere, come un vaccino è utilissima forma attenuata della malattia. Infatti sono gli stessi padroni dell'economia e dello stato che da qualche anno vanno moltiplicando gli esperimenti e le proposte di decentramento, di disaggregazione (non disgregazione) del potere, nella fabbrica e nella società. E' una confessione di fallimento, ma è anche un tentativo di rifondare una diversa centralizzazione del potere, decongestionando il centro, delegando ciò che esso non riesce a controllare ad articolazioni periferiche del potere, in misura decrescente dal centro alla periferia. Questo decentramento, e la filosofia che lo sostiene e la scienza che gli presta gli strumenti, questo decentramento non è l'opposto della concentrazione, ma l'altra faccia necessaria della concentrazione. Questo decentramento non ha nulla a che vedere con la trama organizzativa federale, in cui viene superato lo stesso concetto di centro e periferia, perché ogni punto è al centro delle relazioni che lo concernono. La metafora 24

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