Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

M. BOOKCHIN punto di vista caratteriale, la trasformazione della produzione artigianale in produzione manifatturiera. In primo luogo, la disumanizzazione dell'operaio e la sua trasformazione in elemento di una massa; in secondo luogo, la riduzione del lavoratore a elemento di una struttura gerarchica. E' abbastanza significativo, per certi versi, che Marx ed Engels abbiano addotto l'involuzione dell'artigiano in operaio a riprova della natura intrinsecamente rivoluzionaria del proletariato. Ed è proprio in questa grossolana mistificazione del destino del proletariato che il sindacalismo segue spesso la via tracciata dal marxismo. Comune ad entrambe queste ideologie è la convinzione che la fabbrica sia « scuola » di rivoluzione (nel caso del sindacalismo, di ricostruzione sociale), piuttosto che l'esatto contrario. Entrambe le ideologie, inoltre, nutrono grande fiducia nel ruolo della fabbrica come luogo di mobilitazione sociale. In bene o in male, Marx ed Engels esprimono questa concezione meglio di quanto non facciano i teorici del sindacalismo - e dell'anarcosindacalismo. Concepito come massa o come classe, il proletariato marxista diventa un puro e semplice strumento della storia. Questa stessa spersonalizzazione, per colmo d'ironia, lo libera da ogni caratterizzazione umana, all'infuori dei bisogni « urgenti, non più occultabili, assolutamente imperativi ... ». Come semplice «classe» o «agente» sociale, non ha volontà personale, ma solo storica. E' uno strumento della storia nel più puro senso della parola. Perciò, per Marx, « il problema non è che cosa questo o quel proletario, o anche tutto il proletariato, considera come obiettivo. Il problema è che cosa è il proletariato e che cosa, in conseguenza del suo essere, dovrà fare ». L'essere, dunque, è altro dalla persona, l'azione non dipende dalla volontà, l'attività sociale è separata dall'individualità. Infatti, è proprio questo spogliare il proletariato della sua individualità - questo disumanizzarlo - a conferirgli la qualità di agente sociale « universale», a conferirgli qualità sociali quasi trascendentali. I concetti che ho citato, tratti da La sacra famiglia, dei primi anni '40, permeano tutti gli scritti di Marx per alcuni decenni. Se non li si ha presenti leggendo le opere posteriori, esse risultano incomprensibili - piene come sono di retorica circa la superiorità morale del proletariato. Di conseguenza, non sorprende che Marx concepisca la fabbrica come una sorta di arena ecclesiastica per l'educazione del suo« agente» sociale. La tecnologia assume dunque la funzione 222

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