Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

L'autogestione e la nuova~ecnologia MURRAY BOOKCHIN (*) Il concetto di autogestione, in tutta la ricchezza e la varietà dei suoi significati, è sempre stato strettamente collegato all'idea di progresso tecnico - spesso a tal punto che questa connessione non è stata oggetto specifico di attenzione quanto invece meriterebbe. Ribadendo ulteriormente questo legame, tuttavia, non intendo certo proporre una teoria, inevitabilmente rozza e riduttiva, basata sul determinismo tecnologico. E' chiaro che l'uomo è un essere sociale, il quale crea valori, istituzioni e rapporti culturali che favoriscono o impediscono l'evoluzione tecnica. E' appena il caso di ricordare che invenzioni tecniche considerate di importanza vitale per il capitalismo e per la società industriale nelle sue fasi primordiali, come ad esempio la macchina a vapore, erano già note alla civiltà ellenica oltre due millenni or sono. Che questa fonte vitale di energia sia stata considerata sempre poco più che un giocattolo dimostra chiaramente quale enorme influsso abbiano avuto i valori e le culture dell'antichità sullo sviluppo della tecnica e, in particolare, sui periodi storici non caratterizzati da una mentalità mercantilistica. Tuttavia, sarebbe ugualmente prova di scarso acume e, in un certo senso, sarebbe ugualmente riduttivo non riconoscere che la tecnica, mano a mano che si consolidava in una o nell'altra forma, ha largamente contribuito a far sì che l'uomo definisse e interpretasse il concetto di autogestione. Ciò è vero soprattutto oggi che l'autogestione viene intesa in senso prevalentemente economico, come « controllo operaio», « democrazia industriale»,« partecipazione economica» e persino, da parte dell'anarcosindacalismo, come richiesta rivoluzionaria di « collet- (*) Insegna Ecologia sociale al Goddard College (Vermont - USA). Autore di Post-scarcity Anarchism (1971), de I limiti della città (Feltrinelli, 1975) e The Spanish Anarchists (1977). 212

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