R. LOURAU del movimento, come una sorta di rifugio per i militanti delusi. Tale constatazione, seppure vada sfumata, è in larga misura valida, per gli ex commandos armati delle Black Panthers come per gli ex militanti Weathermen. Ma una larga fetta del movimento contro-culturale si è sviluppato altresì con gente che non aveva rimesso il fucile sulla rastrelliera: gli innumerevoli disertori delle istituzioni, allontanatisi dalla famiglia, dalla scuola, dai padroni o dalla caserma. Resta da sapere se la definizione della contro-istituzione quale forma « alternativa » corrisponda se non ai fini per lo meno alla realtà di tali esperienze. Per offrire un'alternativa alle istituzioni esistenti, a mio avviso non basta moltiplicare le« innovazioni» e accumulare medaglie al merito della« marginalità ». Fin quando si resta a questo livello, la contro-istituzione può certamente giocare un ruolo di« parcheggio», una specie di « proroga » dell'ingresso nella vita « adulta » e « seria», come può pure avere funzioni terapeutiche non trascurabili. Se l'adolescenza e la giovinezza hanno spesso bisogno di passare per ciò che Kierkegaard definisce la fase estetica (prima di collocarsi nella fase etica o seria), la decomposizione delle istituzioni familiare e scolastica comporta la necessità di adempiere una funzione pedagogica e terapeutica, a scanso di gravi inconvenienti, sia per i « responsabili » sia per i giovani. Non vediamo forse, in Gran Bretagna, la creazione d'istituti appositamente ideati per accogliere i « drop-out », i bambini e gli adolescenti che hanno disertato la scuola e la famiglia? In Francia, molti assistenti sociali preferiscono « curare » i delinquenti lungi dai « metri quadrati sociali » che la legge riserva negli scantinati delle H.L.M. [case popolari]. Delle comunità terapeutiche, con o senza guru, con o senza terapeuta, offrono talora lo spunto ai giornali per rubriche particolari. Il grado d'integrazione dei membri di queste comunità si commisura al grado di complicità dei « responsabili » di fronte al loro gregge: l'autogestione come tendenza difficilmente limitabile è qualificata quale « fuga di fronte alle responsabilità »... Piuttosto che di alternativa, bisognerebbe parlare di protesi sociale. La maggior parte di questi sperimentatori sociali non scelgono deliberatamente di vivere al margine. In compenso, essi sono portati a lottare nel senso dell'autogestione allo scopo di dare un contenuto alla loro marginalità. Autogestione estetica, autogestione pedagogica, autogestione terapeutica ... Il processo non assume una dimensione veramente 206
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