Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

R. LOURAU terminati dall'immagine che ci facciamo dell'avvenire. I commandos del futuro finiscono col piegare i nostri pensieri più intimi, le nostre teorie più astratte. Come a livello individuale, biologicamente e psicologicamente, noi non vivremmo un giorno di più se il nostro avvenire non fosse programmato in un modo o nell'altro, così a livello collettivo una società non sopravvive se non si nutre incessantemente di un gran numero di sogni, di progetti più o meno irrazionali relativi ad un futuro immediato o lontano. Se la capacità di predizione delle scienze sociali fosse meno miserabilmente limitata, la porzione d'immaginario nella riflessione e sperimentazione sociale sarebbe altrettanto insignificante che il ruolo dell'astrologia nell'attuale ambito scientifico. Ciò si verifica sperimentalmente nei regimi politici in cui « il futuro si è già compiuto», ossia laddove un dogma politico ed economico, che va sotto il nome di «marxismo», fa del capitalismo di stato - dunque dello stato e del capitale - la verità definitiva. In questo contesto, bisogna distinguere fra un immaginario creatore - quello dei dirigenti e di coloro che con essi s'identificano - e un immaginario illusorio, quello che devia dalla linea ufficiale. Nei paesi a capitalismo monopolistico, dove la pianificazione economica non è che un paravento o un elemento moderatamente regolatore delle leggi del mercato, succede in cambio che le «crisi» aprono la porta a molti futuri possibili, almeno a breve termine. Ma lo « choc del futuro» è concepito quasi invariabilmente come prodotto da uno sviluppo indefinito delle forze produttive e soprattutto della tecnologia. L'impatto di tale futuro con certe dure realtà attuali o prossime porta con sé nuove contraddizioni. Ad esempio, il dominio feticista dell'automobile e del « tutto elettrico » nella casa va di pari passo con solenni appelli in favore dei risparmi di energia. Ed alla musica armoniosa delle « leggi del mercato » si mescola il tam-tam sempre più snervante delle statistiche sulla disoccupazione. Col capitalismo monopolistico - almeno fino a quando le multinazionali non controlleranno l'insieme planetario della vita sociale - l'avvenire non è mai completamente arrivato, ma il mito della penuria può _vantaggiosamente prendere il posto del mito della crescita indefinita, senza che le basi dell'immaginario capitalista siano veramente messe in questione. Ed è così che le previsioni pessimiste del M.I.T. e del Club di Roma, come pure le analisi della corrente ecologica, entrano a titolo di nuova variabile nella problematica dello sfruttamento capitalista-monopolista, un po' come 198

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==