Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

R. LOURAU autogestione nel momento stesso in cui mi sforzo di scrivere sull'autogestione. Tale è il significato profondo della frase lanciata da Daniel Cohn-Bendit al congresso anarchico di Carrara. Quando mi sono incontrato con Luciano Lanza a Parigi, nel corso di questo mese di maggio, la cui brezza è particolarmente idonea a far sventolare la bandiera nera, mi sono reso conto ch'egli chiedeva degli interventi centrati particolarmente sulla pratica, presente o passata. E ingenuamente ho promesso di fare un bilancio delle esperienze autogestionarie di cui ero stato testimone o interprete per alcuni anni. Ero in grado di scrivere sulle mie esperienze autogestionarie nel corso degli anni precedenti e successivi al 1968. Il Groupe de Pédagogie Institutionnelle, che talvolta lavorava insieme a Socialisme ou Barbarie, era infervorato dalle rivelazioni prodotte in occasione del minimo tentativo di autogestione in qualche istituzione scolastica. Pur avendo lo sguardo fisso sui problemi dell'autogestione sociale in Yugoslavia e in Algeria, noi eravamo, senza saperlo, gli eredi della pedagogia libertaria della fine del XIX secolo e dei primi del XX. Mettevamo in pratica soprattutto « l'azione esemplare» (come verrà definita nel '68), al fine di forzare l'istituzione a rivelarsi nella sua nudità - intendo dire politicamente, quale forma prodotta dallo stato e riproposta tramite la sua ideologia e tramite la sua struttura organizzativa, per non parlare dei suoi modi di entrata e di uscita (selezione). Da qualche anno, l'autogestione viene istituzionalizzata («recuperata») dalle organizzazioni politiche o sindacali, di sinistra o di estrema sinistra - almeno in Francia. Non parliamo più della stessa cosa allorquando, sotto lo stesso vocabolo, ritroviamo la marea delle collettivizzazioni nella Spagna repubblicana, da un lato, e le « innovazioni sociali » proposte dalle correnti progressiste della sinistra (e talora della destra!), dall'altro. Tali « innovazioni sociali » (ritorno all'artigianato, partecipazione degli utenti alla gestione catastrofica dei grandi agglomerati urbani, ecc.), sono del tutto tollerabili nella misura in cui esse lasciano inalterata l'istituzione, lo stato. D'altra parte, accanto alle lotte operaie o di resistenza operaia, i modi d'azione non si confondono necessariamente con la rivendicazione dell'autogestione. I consigli operai della Fiat, per esempio, hanno mostrato in questi ultimi anni, che la resistenza alle trasformazioni del capitale poteva essere molto forte, pur lasciando volontariamente in disparte il progetto di gestire collettivamente le nuove forme del capitale. L'assenteismo 196

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