Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

A. BERTOLO sono portare al dibattito il prezioso contributo della memoria collettiva di un movimento che ha vissuto consapevolmente (consapevole anche delle proprie contraddizioni) tutta la problematica dell'autogestione attraverso le conquiste e le sconfitte, le gioie e le sofferenze, le lotte e la vita quotidiana, il cuore ed il cervello di centinaia di migliaia di militanti. la divisione gerarchica del lavoro... Il dibattito sull'autogestione si muove innanzitutto dall'ambito che gli è più proprio per definizione: dall'analisi dei meccanismi decisionali collettivi, cioè ,dalla riflessione su come, nelle strutture organizzative gerarchiche, si determina il potere e su come per converso sia concretamente possibile organizzare la partecipazione egualitaria di tutti ai processi decisionali. E' una riflessione sui temi dell'autorità e della libertà ed è una riflessione che porta dritto ai nodi della democrazia diretta e della divisione del lavoro. Infatti è agevole in quest'ottica (ri)scoprire che la distinzione fondamentale, comune a tutte le società di classe, è quella tra chi detiene il potere e chi lo subisce, tra chi dirige e chi è diretto e che la causa di questa dicotomia non è la proprietà privata dei mezzi di produzione, la quale semmai ne è una forma giuridico-economica storicamente determinata. E' agevole perciò (ri)scoprire che la radice del dominio è la divisione gerarchica del lavoro sociale e che pertanto l'autogestione è un involucro vuoto se non presuppone l'integrazione (di bakuniniana e kropotkiniana memoria) del lavoro manuale ed intellettuale, esecutivo ed organizzativo. Senza questa ricomposizione l'autogestione è già impossibile a livello aziendale perché viene a mancare l'effettiva possibilità e capacità di tutti i lavoratori di operare e decidere con conoscenza di causa (che è il secondo dei due principi fondamentali dell'autogestione, secondo Bourdet). Senza questa ricomposizione non vi può essere partecipazione egualitaria in termini di consapevolezza e di responsabilità, non vi è dunque autogestione, ma cogestione asimmetrica tra dirigenti e subordinati, siano pur tutti formalmente soci o siano addirittura i primi formalmente « dipendenti » dei secondi, secondo la formula yugoslava. E' un insospettabile testimone di regime (Drulovic) a dirci che, secondo le risultanze di studi sociologici, i frequenti conflitti tra direzione e organi rappresentativi dei lavoratori espri16

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