Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

FUGA AUTOGESTIONARIA autogestita ... si sono ben battuti - ma insomma, è tutto ciò che ci si aspettava da loro. Oltre ad aver fornito alle forze di sinistra un tema capace di mobilitazione, e portato un rammodernamento alle ideologie cui esse si richiamano, la rivendicazione autogestionaria (all'inizio vissuta spontaneamente a livello della quotidianità, delle lotte nelle fabbriche e della contestazione nell'ambito del territorio, del tempo libero, della cultura), si è vista interpretata, teorizzata, in una parola rimessa al suo posto, castrata. Sistematizzata dalle ideologie ufficiali, essa è divenuta una rivendicazione tre le altre, un articolo supplementare del grande catalogo distribuito sotto il nome di Programma comune. La sua carica rivoluzionaria è stata svuotata perché non ci si batte più per l'autogestione, ma per le elezioni o per una rivoluzione finale che, sole, permetteranno di realizzare la « vera » autogestione. La rivendicazione si è diluita nel mito. E, come per altri miti, la cui funzione è pure di far sognare e aiutare a sopportare il presente, l'autogestione teorizzata, marxistizzata, apparatchikitizzata è diventata un freno ad ogni concreto sbocco autogestioriario. L'autogestione è stata così innalzata al rango delle vecchie credenze con la c maiuscola - Dio, il Socialismo, la Rivoluzione, ecc. - e s'aggiunge ad esse come forza d'inerzia e di fuga nel sogno. Mentre il marxismo sovietico e iugoslavo ha sempre avuto bisogno della polizia per far penetrare nelle « masse » le giustificazioni dell'opportunismo dei governanti, il marxismo francese ha introdotto l'autogestione senza nessuna difficoltà ed è ancora sufficientemente forte oer disarmare quelli che, rari libertari, si rendono conto che l'autogestione bisogna farla non solo contro la borghesia, ma anche contro di esso. Questa inclusione nel marxismo, nonché l'aumento del prestigio degli apparati oolitici che controllano l'ideologia, non sarebbero stati così facili se, da parte loro, le frazioni più moderniste del padronato e della classe politica non si fossero impegnate, esse stesse, a prevenire le iniziative spontanee che nascono nelle masse degli esecutori, a livello delle officine, delle comunità, delle città dormitorio. Grazie ad abili riforme, di cui non si può negare la popolarità, perché apportano miglioramenti nella vita quotidiana (orari flessibili, consultazioni e riunioni degli abitanti e degli utenti, partecipazione a taluni aspetti della gestione, arricchimento delle mansioni, dissoluzione del lavoro alla catena, ecc.) i più modernisti dei nostri dirigenti, sia padroni, sia ammini179

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