J. ELIZALDE le tante, citeremo l'esempio della località catalana di Rubi, dove l'autogestione generalizzata del 1936-38 si basò sulla cooperativa libertaria esistente fin dal 1893). E' perciò logico che la legge fascista del 9 novembre 1938, emanata in piena guerra civile dal generale Franco, dichiari che saranno riconosciute dallo stato controrivoluzionario esclusivamente quelle cooperative che modificheranno il loro regime giuridico introducendo « organi direttivi autoritari » e che accettino il controllo obbligatorio del nuovo stato franchista e dei suoi sindacati verticali. Quella legge è, a senso contrario, un monumento innalzato al carattere assembleare ed antiautoritario delle vigorose cooperative operaie spagnole. Quarant'anni di controllo statale (in uno stato dittatoriale fascista) non riuscirono a spuntarla con questa vitalità sociale del cooperativismo spagnolo, che ha prodotto realizzazioni economicamente tanto importanti come il cooperativismo industriale di Mondrag6n nel Paese Basco; tuttavia si introdussero al suo interno molte deformazioni: società capitaliste mascherate da cooperative per ottenere esenzioni fiscali, crediti statali, ecc., per i loro fini lucrativi e speculativi (abitazioni, commercio monopolistico di prodotti agricoli come vino, olio, ecc.); autoritarismo e corruzione nella gestione; dissociazione tra cooperatori e gestori-tecnocrati, soprattutto nel cooperativismo agricolo; impiego massiccio di salariati, il che configura molte cooperative come veri e propri padroni a comportamento moderato-reazionario in occasione di lotte normative e salariali (esempi recenti: la cooperativa del latte navarrese, la cooperativa di raccolta della spazzatura di Barcellona, ecc. in cui i cooperatori spezzarono gli scioperi dei salariati); eccessiva dipendenza dallo stato per quanto riguarda crediti, pratiche amministrative, ecc., per cui le diverse burocrazie politico-sindacali, che riunivano obbligatoriamente le cooperative sotto il franchismo, hanno creato una vera e propria mafia attorno alla concessione di crediti, l'utilizzo delle quote obbligatorie, ecc., senza promuovere neppure un'autentica integrazione settoriale intercooperativa, ma riducendo ogni cooperativa all'isolamento, alla fragilità finanziaria ed alla dipendenza, per meglio imporre la loro mediazione parassitaria ... La fine della dittatura franchista sta vedendo tuttavia una rinascita accelerata del cooperativismo, che fiorisce sia nei settori produttivi che in quelli del consumo e dei servizi: soprattutto nell'edilizia e nell'insegnamento esistono oggi movimenti 166
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