Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

TEORIA DEI BISOGNI lato nella media impresa autogestita non è possibile abolire i ruoli essendo inevitabile una divisione del lavoro, dall'altrj nessuna categoria di ruoli deve sfuggire alla supervisione d(!'i partecipanti. Problema di non facile soluzione, che costringe a configurare l'autogestione in quest'ambito come un meccanismo dotato di caratteri suoi propri. Diventa essenziale infatti armonizzare l'autonomia delle varie funzioni col loro simultaneo concorso nelle decisioni generali dell'ente. Ciò significa che ogni categoria funzionale deve potersi autodeterminare liberamente, ma le decisioni delle singole categorie devono tradursi in « accordi » soddisfacenti per tutti. Questo criterio può salvaguardare la complessità funzionale e nello stesso tempo garantire l'autodeterminazione dei diversi partecipanti. Se si segue questa indicazione, la media impresa può rappresentare un paradigma per tutte le ipotesi in cui si voglia far convivere il principio di « divisione del lavoro » con quello di « partecipazione » dei lavoratori. I riflessi di questa postulazione sulle forme organizzative che essa può assumere diventano pertanto un tema fondamentale. Prima di esaminare come può essere attuato in concreto questo difficile obiettivo, è bene descrivere le principali funzioni configurabili nella media impresa. Vi è anzitutto una funzione economica che riguarda l'approvvigionamento di capitale, i mezzi necessari per far funzionare l'impresa. Quanto alla natura di questi mezzi, ci siamo finora riferiti - almeno come ipotesi teoriche tendenziali - alla proprietà collettiva nella piccola impresa e alla proprietà pubblica nella grande. Queste indicazioni si possono considerare adeguate, perché la piccola impresa può funzionare con un modesto capitale conferito pro quota dai singoli associati, mentre la grande, per ovvie ragioni, necessita di ingenti capitali, i cui naturali elargitori sono enti pubblici. Dal canto suo la media impresa, pur ipotizzandosi che nasca dall'iniziativa e dallo sforzo economico degli associati, difficilmente può sopravvivere senza incrementare il proprio capitale, ricorrere a prestiti, eccetera. Si può allora immaginare una soluzione in cui il capitale sia in parte degli associati e per il resto di enti pubblici o anche di risparmiatori individuali che vengono incontro alle necessità finanziarie dell'impresa. Proprietà collettiva, proprietà pubblica e intervento finanziario privato possono stare fianco a fianco in questo tipo d'impresa: si tratta di trovare formule giuridiche che rendano possibile questo risultato, salvan- ~o il principio che la gestione spetta unicamente ai lavoratori. 147

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