Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

TEORIA DEI BISOGNI nel quadro autogestionale una tipologia differenziata dell'imprenditorialità? Questa seconda alternativa mi sembra più ragionevole. Da un lato infatti la necessità di mantenere un reale collegamento tra bisogni emergenti e-produzione induce a ritenere ancora indispensabile l'imprenditore-innovatore; dall'altro la presenza di bisogni generalizzati o massificati - prevedibile per un lungo tempo anche in una società realmente democratica - rimanda ancora una volta ad un'imprenditorialità di tipo manageriale. A questo problema è collegato quello della pluralità dei modelli d'impresa che possono attuare l'autogestione in coerenza con i differenti bisogni che questa deve fronteggiare. Problema grave, che da un lato sconfigge l'idea di una formula unitaria di autogestione nell'impresa, dall'altro obbliga a riflettere sulla reale adeguatezza di ciascun tipo di impresa rispetto ai fini generali dell'autogestione, cioè a stabilire quali imprese siano in sé adatte all'esperienza autogestionale, quali lo siano parzialmente o solo a determinate condizioni, e quali non lo siano affatto. Nei contesti caratterizzati da una fisionomia culturale vivace, l'autogestione può presentarsi come una nuova forma di imprenditorialità. In questo caso essa è una sorta di traduzione in termini originali della concezione schumpeteriana dell'imprenditorialità applicata a un gruppo di associati anziché a un singolo individuo. La piccola impresa diventa la sede più naturale di questa imprenditorialità. In essa le funzioni tecniche, esecutive ecc. possono unirsi con lo spirito imprenditoriale che si esprime come interpretazione immediata di bisogni emergenti o rispecchianti le esigenze di gruppi umani relativamente ristretti. Il modo in cui la funzione imprenditoriale può fondersi con le altre nella piccola impresa dev'essere oggetto di particolare attenzione. Gli studi finora compiuti non sembrano adeguati all'importanza dell'argomento. Benché alcuni contributi classici del pensiero libertario siano stimolanti, molto lavoro rimane da fare. Le pagine di Kropotkin sulla capacità delle piccole imprese di recepire le innovazioni si leggono ancor oggi con interesse (9). Altrettanto quelle in cui Francesco Saverio Merlino (9) In Fields, Factories and Workshops Tomorrow, trad. it., Edizioni Antistato, Milano 1975, p. 160, segg., Kropotkin scrive: « ... è soprattutto nell'infinita varietà delle piccole industrie, che utilizzano i prodotti semilavorati delle grandi industrie, che si sviluppa lo spirito creativo e si creano i rudimenti delle future grandi industrie». 139

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