Interrogations - anno VI - n. 17-18 - giugno 1979

L. LANZA un determinato prezzo». Così, grosso modo, i manuali di economia definiscono il mercato. Luogo ideale di incontro di volontà liberamente espresse. Accanto a questa definizione compare inevitabilmente l'analisi della « concorrenza perfetta» come l'ambito in cui il mercato esprime il massimo della sua potenzialità, perché puro strumento di allocazione dei beni e dei servizi: innumerevoli produttori e innumerevoli compratori incapaci, individualmente, di influire sulla quantità e sul prezzo. Un modello ideale che non è mai esistito. Un modello però che è sempre visto come la. forma primigenia da cui sono scaturite tutte le altre forme del mercato capitalistico. Lo sviluppo storico del mercato è visto quindi come una modificazione continua della « libera concorrenza » fino alla concentrazione oligopolistica. Riproponendo l'iter dell'ideologia religiosa: dal paradiso giù giù fino all'inferno (33). Ma questa evoluzione trova le sue motivazioni già nel paradigma come faceva rilevare Proudhon: « Dunque il monopolio è il termine fatale della concorrenza che lo genera con una incessante negazione di se medesima; questa genesi del monopolio è già la sua giustificazione » (34 ). Infatti anche il mercato dove la concorrenza dovrebbe essere libera, sviluppandosi su un piano orizzontale tra produttori e consumatori e anche all'interno di queste due categorie, contiene almeno un elemento distonico alla sua pretesa natura contrattualistica « alla pari »: l'impresa (35). Questa, nascendo e (33) C. Lindblom, in Politica e mercato, Etas, Milano 1979, pag. 84, esprime un concetto sostanzialmente analogo: « Per identificare i difetti o gli insuccessi del mercato, gli economisti teorici immaginano un mercato perfetto, anche se non è mai esistito né può esistere. Immaginarlo, però, consente agli economisti di affermare che i mercati sono difettosi per tutti i motivi che li separano dalla perfezione ». (34) cfr. P.J. Proudhon, Sistema ..., op. cit., pag. 173. (35) cfr. S.A. Marglin, op. cit., pag. 179: « è abbastanza sorprendente che lo sviluppo dei metodi capitalistici di organizzazione del lavoro contraddica le ipotesi essenziali della concorrenza perfetta ... » e a pag. 199: « ••• ogni riconoscimento dell'importanza del controllo e della disciplina come forze motivanti l'istituzione delle fabbriche equivale all'ammissione di gravi violazioni delle ipotesi di concorrenza perfetta ... la nostra tesi è che l'agglomerazione dei lavoratori nelle fabbriche fu uno sviluppo naturale del sistema delle lavorazioni a domicilio ... la cui affermazione aveva poco o niente a che vedere con la superiorità tecnica del macchinario su larga scala. Il motivo chiave dell'affermazione della fabbrica, come pure il suo obiettivo, fu di sostituire il controllo dei capitalisti sul processo produttivo a quello dei lavoratori ... ». 122

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