Interrogations - anno V - n. 16 - ottobre 1978

LA QUESTIONE PROUDHON parole) nella teorizzazione e nella pratica più sfacciatamente socialdemocratica. Intanto il suo pensiero viene in soccorso della lacuna più grossa e vistosa della sinistra: la mancanza, corne dicevamo, di una scicnza della politica. Qui, evidentemente, questo soccorso avviene attraverso una chiara operazione mistificatrice perché si tende ad occultare tutto il senso della critica proudhoniana del potere in quanto tale, trasformandola in critica liberale di un determinato potere, precisamente quello del collettivismo burocratico (4). Cosi quello che in Proudhon si dà corne un derivato, in quanto effetto della critica all'essenza stessa del potere (S), assume le vesti, in una critica storica, di una critica contingente. Il pensiero proudhoniano fondato sull'analisi strutturale dell'autorità, sull'analisi cioè della tendenza costante di ogni processo storico a ricomporsi attorno a questo principio, diventa mero segmento di un pensiero che relativizza e temporalizza la critica, portando la polemica dal piano di una contrapposizione frontale contro qualsiasi ragione storica del potere, al piano della contrapposizione storica fra due poteri, e quindi alla scelta empirica di un male minore (il regime liberale). Proudhon, che per sua volontà si era posto contro la storia, perché a suo dire tutta la storia è storia di potere, si ritrova ora dentro una storia che incomincia da Locke per arrivare fino a Popper: da libertario, appunto, a liberale. La scienza proudhoniana della politica diventa dunque scienza politica liberale, diretta perè> in questo caso alla spiegazione degli esiti storici del leninismo partendo dai germi marxiani. Utilizzando a piene mani moite intuizioni anarchiche, essa corne vedremo, non pub che suscitare ire profonde nel campo ormai scomposto dell'intellettualità comunista. Fin qui l'utilizzazione della componente « liberale » del pensiero proudhoniano. Un po' più complessa diventa ora la la spiegazione dell'utilizzazione dell'altra componente, quella (4) Si vedano a questo proposito gli interventi di Lorenzo Infantino, Luciano Pellicani e Virgilio Dagnino apparsi sull'Avanti, 27-28 agosto 1978. (5) Ci sembra inutile insistere su questo punto che dovrebbe essere scontato per tutti: Proudhon critica il potere in quanto tale, non un particolare potere. Nelle Confessions d'un revolutionnaire scrive che qualsiasi « governo è per sua natura controrivoluzionario, o resiste, o opprime, o corrompe, o infierisce. Mettete un san Vincenzo de' Paoli al potere: diverrà un Guizot o un Talleyrand » P. J. PROUDHON, Confessions d'un revolutionnaire, Paris, 1849, pp. 284-285. 13

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