Fine secolo - 22-23 febbraio 1986

LA SECESSIONE RESTAURATA FINE SECOLO* SABATO 22 / DOMENICA 23 FEBBRAIO 3 "--------------------------- di Margherita BELARDETTI --------------------------- Riapre a Vienna il pamglione dove esposero gii artisti transfughi e ribelli E edificio sarà posto m una zona verde, come si addice al bianco dei suoi muri, e alberi ad alto fusto -pioppi, visto che da noi non ci sono i cipressi- si allineeranno tut– t'intorno ...": così, quasi un secolo fa, Ludwig Hevesi, giornalista e critico d'arte, commenta– va il progetto per il padiglione della Seccessio– ne, ideato da Joseph Olbrich. Ma, se i cipressi non tollerano il clima nordico, nemmeno i pioppi sembrano oggi prosperare intorno al piccolo edificio, attorniato soltanto da un flusso ininterrotto di traffico veloce, che gli gira intorno sgommando. Forse proprio per l'aria impestata dai gas delle auto, o per il tempo che non abbellisce nessu- 11.0, il padiglione era caduto, poco a poco, in uno stato di grigiore e di desolazione: nerastri i fregi e la cupola, che furono d'oro, grigi e sbrecciati i muri, tirati su candidi, insignifican– te e anonimo l'interno, che era stato pensato in modo rivoluzionario da Olbrich con pareti e il– luminazione mobili, per permettere una diver– sa disposizione dello spazio, a seconda delle esigenze di ogni esposizione. Oggi, dopo un radicale restauro, nessuno, neanche l'automobilista pi\! annoiato o il turi– sta più saturo, può sorvolare sulle tremila fo– glie e le settecento bacche d'alloro della cupola tornate al loro abbagliante splendore dorato, nè sul biancore sorprendente dei muri, in con– trasto con il rame che ricopre la porta e i fregi d'oro che si arrampicano sulle pareti. Risulta– to di un anno di lavori, condotti da un gruppo di architetti sotto la guida di Adolf Krischa– nitz, il restauro ha saputo essere rispettoso e fedele all'originale e al tempo stesso aperto alle esigenze dello spazio espositivo attuale. Il 25 gennaio, giorno della riapertura, una gran folla di visitatori premeva, stipata sui po– chi gradini d'ingresso e filtrata da robusti poli– ziotti, per poter entrare. All'interno, pigiati uno contro l'altro, i più bei nomi della cultura viennese, signore sofisticate e giovani un pò dandy ascoltavano, prima del discorso del sin– daco e del ministro della pubblica istruzione, una pantomima musicale, "Il compleanno del– l'Infanta", di Screcker, comp·osta apposita– mente per l'inaugurazione dell'edificio, nel 1898, ed altri due pezzi musicali di Ferguson e Pemes, eseguiti qui per la prima volta. Molti scendevano anche al piano di sotto, ad ammirare il fregio di Beethoven di Klimt, ri– collocato nello spazio originario per cui era stato pensato, a far da cornice alla statua di Beethoven di Max Klinger, esposta alla XIV mostra della Secessione, nel 1902. Restaurato con maestria, dopo 83 anni di assenza dal pub– blico, era già stato presentato nella colossale esposizione "Sogno e realtà. Vienna dal 1870 al 1930", chiusasi da pochi mesi al Kiinstler– haus. Quello di avere a disposizione un luogo per poter ospitare la loro nuova arte era apparso agli artisti della Secessione "un sogno ardito". Insoddisfatti della politica culturale del Kiin– stlerhaus -che riuniva e rappresentava allora gli esponenti dell'arte accademica e ufficiale- se ne erano distaccati il 3 aprile 1897, ritenendo la "causa sacra dell'arte minacciata". La fon– dazione della nuova associazione, il cui presi– dente era Gustav Klimt e soci fondatori, tra gli altri, Josef Hoffmann, Cari Moli, Koloman Moser, Joseph Olbrich, Otto Wagner, seguiva di cinque anni l'esperienza analoga della Seces– sione di Monaco e sarebbe stata a suà volta se– guita, un anno più tardi, dalla Secessione di Berlino. Sensibili e apertissimi agli influssi provenienti da tutta Europa -specie dalla Francia e dall'In– ghilterra, dove Morris aveva riformato il con– cetto di arti_gianato-gli artisti viennesi non si accontentavano di avere dell'arte una visione limitata alle tre principali discipline, e voleva- ~f J~g~!~l~L~Jj~~A{lqj WIE"1· vm· ALBE~CA~E3 Kv J.J ,rBROf.JZ f]..J- f(l 1-J\TfJJ Gr~RE~-VHRffiRaJif vRehl f1GvREJ.J· JARDl~IEREI-J VA~EW· BELEV<Hrvl.JC)KòRPER • TH~Y~~eHA~rSl7"\ f J_ K~R!'tTHNOOT~ 9 - -._:)~GP~N!J'-T = 7-53 . WRIGINAL: MARGAR(T• f"\I L~ no invece estenderla ad ogni aspetto della vita quotidiana, agli oggetti di uso comune, all'ar-. .redamento, alla tipografia, ai tessuti {di lì a poco, nel 1903, nascerà, per iniziativa d1 Mo- ser, Hoffmann, Wiimdorfer, la Wiener Wer– kstiitte). Un grande idealismo percorreva que– sta "rivoluzione contro la cultura e contro i padri" (C.E. Schorske, cit. in "Ver Sacrum", di G. Nebehay): all'arte veniva affidata un'al– tissima missione morale e rinnovatrice, tota!-· mente sganciata da ogni interesse di mercato. Alla rivista "Ver Sacrum", uscita per sei anni come organo ufficiale dell'àssociazione, colla– boravano tutti, artisti e letterati, senza ricevere un soldo. Accanto al ·carattere disinteressato del fare artistico, si sottolineava di continuo la "necessità di portare la vita artistica viennese in contatto vitale con le esperienze più avanza– te dell 'ar.te all'estero" (da una dichiarazione di Klimt, riportata in "G. Klimt" di N"ebehay):la Secessione esporrà, solo per citare qualche porne, opere di Rodin, Hodler, Segantini, Klinger, e organizzerà nel 1903, una grande mostra di impressionisti. Il clima culturale viennese non era in quegli anni molto propizio a simili aperture d'oriz– zonte: ricordo una conversazione con la pittri– ce Ilse Bernheimer, allieva di Koloman Moser, di recente scomparsa a Venezia, che racconta– va come -da adolescente appassionata di pittu– ra- avesse voluto comprare, soltanto con i sol– di guadagnati d'estate raccogliendo palle éla tennis per amici e conoscenti, un quadro di Cèzanne, che allora un'unica Galleria a Vien– na esponeva, la Galleria Miethke, e come la madre l'avesse sconsigliata di buttare soldi per cose del genere.· La prima mostra della neonata associazione si tenne nel marzo 1898 nei locali affittuati dell'e– dificio della Società dei giardini, riadattati dal Olbrich e Hoffmann; ebbe un buon successo di vendite e l'onore. di essere visitata dal Kaiser. Sul finire dello stesso anno, il miracolo era compiuto: la Secessione poteva aprire, il 12 no– vembre 1898, la sua seconda mostra in una propria sede. Che tutto si sia mosso ad un rit– mo così incalzante risponde in parte al clima di grande entusiasmo e fervore degli artisti "ri– belli", in parte a un complicato gioco politico nell'amministrazione comunale, che concesse subito un terreno, gratuito per IO anni. I primi progetti di Olbrich per l'edificio risen– tono fortemente dell'influsso di Otto Wagner, finchè, nei successivi schizzi, grazie anche a suggerimenti dello stesso Klimt, si arri'va a for– me semplificate, essenziali, che inducono Pe– vsner a contarlo tra " i percussori della conce– zione moderna della forma" (cit. nel Catalogo della mostra per il centesimo anniversario di Olbrich, 1967). Il padiglione -nonostante le grandi difficoltà, finanziarie e d'ordine pratico, dovute alla presenza di un corso d'acqua sot– terraneo, e i commenti sarcastici dei viennesi (" è un incrocio tra una serra e un altoforno ... un gabinetto assiro", cit. in "G.Klimt" di Ne- . behay)- è portato a termine in sei mesi. I finan– ziamenti provengono da diversi mecenati, tra cui l'industriale Karl Wittgenstein, padre di Ludwig, ma in generale i costi sono contenutis– simi perchè gli àrtisti coinvolti' come lo stesso Olbrich, Kolo Moser che .disegna una grande vetrata rotonda, oggi perduta, per la sala d'in– gresso, o Adolf Bohm, Josef Hoffmann, Otto Wagner che collaborano diversamente alla de– corazione degli ambienti, rinunciano a qualsia- si ricompensa. Nelle sale dipinte di colori di– versi, vengono esposti 241 pezzi, tra cui sette quadri di Fernand Khnopf, uno Studio di Otto Wagner per una nuova accademia di belle arti e sette tele di Klimt (tra.queste, il famosissimo ritratto di Sonja Knips, oggi al Belvedere). Dell'entusiasmo e del clima --~ppasshmato-di_ quel momento sono impregnate anche le paro- le di Olbrich a commento della sua opera: - "...volevo sentire vibrare soltanto la mia sensi– bilità, vedere pietrificato nei muri freddi il ca– lore dei miei sentimenti. Volevo e dovevo vede-· re la soggettività, la mia bellezza, la mia casa, come io l'avevo sognata".

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