Fine secolo - 22-23 febbraio 1986
Il primo nwnero di Fme secolo L'ultimo numero di Fine secolo FINE SECOLO* SABATO 22 / DOMENICA 23 FEBBRAIO Anche Fine secolo compie, con questo numero, UD anno. Che cos'è però un anno per UD supplemento millenarista? Poichè comunque noi stesm non siamo insensibili alle esigeme della campagnapromozionale,pubblichiamo qui la sequenzafotograficadell'evoluzionesociale e culturale di UD nostrolettore tipico. (Le foto sooo di Stefano Montesi; gli attori sono il dott. Aldo Biagjni,e la dott.- Giorgia Gasparetti). Dir. Non mi pare che il bilancio sia nega– tivo. A noi non interessava un progetto di qualche organicità, ma di spiare e favorire l'informazione sui punti di raccordo, sugli scambi reciproci, sui bordi dei vari territo– ri. Qualunque cosa si pensi dei movimenti organizzati e delle loro alterne vicende, l'evoluzione della mentalità e della sensi– bilità è positiva, chè si tratti della giustizia o dei rapporti nord-sud, delle piogge acide' o della legalizzazione dell'abusivismo, del– la sanità e dei sanitari. Forse, un giornale piccolo, e abbastanza agile da appostarsi ai confini, corre il rischio di non trovare fissa dimora, e pubblico adeguato. Di ri– sultare più interessante che necessario. Red. cult. Nella caratt(!rizzazione "politi– ca" del giornale, ci sono state due parabole. Una aveva il punto più alto nella sequenza referendum-elezioni-nomina presidenziale; l'altra, imprevista, negli esiti dell'affare Lauro. Dir. Direi che in quest'ultima circostanza la nostra maggior incisività non è dipesa tanto da una "linea" (dubbi, oscillazioni, opinioni diverse, come sono evitabili quando si tratta di nervi scoperti come l'antisemitismo, il nazionalismo, il terrori– smo internazionale?) quanto dall'intuizio– ne tempestiva, e tempestivamente docu– mentata, del rimescolamento negli schie– ramenti politici e negli stati d'animo ·so– ciali che l'«affare» comportava. Sta di fat– to che da allora si è modificata fortemente la disposizione comunista, e si è fortemen– te intaccata un'altra dose di incrostazione ideologica. Non è un caso che lo scontro più spettacolare si sia spostato aperta– mente sui rapporti fra Craxi e De Mita (la riduzione di ideologismo non significa na– turalmente che la virulenza sia minore). Red. cult. Il contrassegno principale del giornale è comunque, o dovrebbe essere, nel modo di scegliere, trattare e interpretare le notizie. Dir. Vediamo prima di che cosa possfamo essere soddisfatti, in sosta1:1za.Noi scom– mettevamo un po' sulla capacità, eredita– ta da esperienze passate, di raccogliere in giro per l'Italia una rete di antenne sensi– bili ai fatti e ai cambiamenti del costume, del modo di vita, delle idee e dei linguag– gi. Questa scommessa l'abbiamo in buona parte vinta. Abbiamo scovato, raccontato e valorizzato situazioni che altri non avrebbe frequentato o notato. Abbiamo funzionato per altri, più collaudati e mu– scolosi, organi di informazione, come le piccole botteghe artigiane funzionano per la grande produzione: inventando, arran– giandosi, ingegnandosi -e passando idee. Senza falsa modestia, se facessimo l'elen– co dei temi che sono passati dalle nostre pagine a quelle dei grandi giornali ci met– teremmo un bel po'. Naturalmente, in questo c'è un rischio: di essere buoni cani da tartufo, senza arrivare mai a tavola quando il tartufo viene servito. Di essere un giornale per giornalisti. Il rischio maggiore però sta -altrove. La stessa formula dell'«àvvenimento», cui sono improntate le nostre pagine di aper– tura, lo mostra: è il rischio di una tensione ·da alimentare comunque, di un'originalità da trovare ogni giorno, fino all'espedien– te, alla sproporzione. E alla dispersione, anche. Noi abbiamo voluto fare un quoti– diano "completo". In alcuni casi, il risul– tato è stato promettente, o decisamente buono, comprese le pagine dedicate allo sport, e il numero del lunedì, che si è rive- lato un tentativo riuscito. In altri casi, la fatica mostra più la corda. Red. cult. L'ambizione non stava tanto nel– l'intenzione di completezza, quanto nell'i– dea di potersela cavare in pochi, e con po– chi quattrini -relativamente. Dir. Qui il bilancio è del tutto aperto, come la nostra situazione attuale. Noi ab– biamo fatto un esperimento molto impro– babile, quello sulla possibilità di entrare nell'.universo chiuso della stampa quoti– diana, per giunta con una diffusione na– zionale e non locale, e con un giornale non specializzato, pur con mezzi limitati, grazie alle possibilità nuove (e largamente inesJ?lorate) offerte dalle tecnologie elet– tromche. Non sono più tempi capaci di autorizzare la nascita di quotidiani fonda– ti sul volontarismo e sulla povertà di chi li fa e di chi li sostiene, come furono all'ori– gine il Manifesto, e poi Lotta continua. Si tratta di vedere se la barriera insuperabile per quel volontarismo sia superabile gra– zie alle nuove tecniche (oltre che a una dose permanente di buona volontà e di straordinario non pagato, per così dire). La nostra esperienza fin qui non permette una risposta netta. Il giornale viene fatto, con un organico pari, per esempio, a un sesto di quello di Libération, tanto per ve– nire al sodo delle differenze. D'altra parte i costi superano le previsioni e le disponi– bilità con cui siamo partiti. Per il livello delle vendite, certo -noi siamo, per l'intero anno, su una media di venduto di sedici– mila copie- ma molto di più per i costi del– la diffusione, e -questa probabilmente è stata la nostra sottovalutazione maggiore– della promozione e della pubblicità. Basta guardare alla dimensione delle campagne promozionali attuali dei maggiori quoti– diani. Red. cult. Bene, qualcosa succederà. In fondo, si rende conto a se stessi. A volte dif– fido anche del rinvio così frequente a(la "professionalità". Questa parola, "profes- sione", è troppo rigonfia per non indurre a maneggiarla con circospezione. Si tira die– tro associazioni con lafede e col sacerdozio da una parte, e col mestiere e il biglietto da visita dall'altra. Si comincia rivoluzionari di professione, e sifinisce professionisti del– la rivoluzione. Ho paura che, una'volta che ci sia liberati di un giornalismo al servizio di esigenze superiori -l'ideologia, il partito, la classe- si torni a render conto a qualcosa di superiore,foss'anche il pubblico, o lo sta– tuto dell'Ordine, e si rimandi sempre il mo– mento difare i conti con la propria coscien– za, che sarà arbitraria, ma alméno è la pro– pria coscienza. Dir. La collezione di Reporter ora è lì, ri– legata, a disposizione di esperti di mass– media, laureandi e moralisti. Noi abbia– mo fatto un giornale, puntando a render– lo vivace, efficace, e non fazioso. Non fa– zioso, soprattutto: che si trattasse di Li– verpool, o del partito dei cacciatori illegali del falco pecchiaiolo, del movimento dell'85 o del nuovo ruolo dell'ex ministro degli interni Cossiga. Un giornale così può essere molto migliorato, e ora sappia– mo meglio come, e a quali costi. Dopo di che, la domanda finale è: un giornale così, al meglio delle sue possibilità di esecuzio– ne, quanto vale? A quanti interessa? Quanto vende? Con questa domanda co– mincia il nostro secondo anno. Red. cult. Auguri. Dir. Saluti. "5
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