Fine secolo - 22-23 febbraio 1986

FINE SECOLO* SABATO 22 I DOMENICA 23 FEBBRAIO 2 411111111111illllllllilllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllli!illlllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllllillllllllllllllllllll,,,,,,.,,!., .. ,,.! " .!-.!-:·1.:.1:·11:·m1im i!!! ~ m t~~ llllJWlft1ÈV~~ R eporter ha compiuto un anno. Non sarà granchè, ma è la scadenza uffi– ciale per scampare alle statistiche sulla mortalità perinatale. Dir. Un compleanno è sempre un com– pleanno, anche quando è festeggiato nella stretta intimità. Quando Reporter uscì, pressochè alla vigilia del referendum e del– la campagna elettorale, erano molti a cre– der di sapere che si trattava di un giornale "elettorale'~~che avrebbe chiuso il giorno dopo. Questa pecie di generosa previsio– ne non mancò raltro di influire sui no– stri vagiti inizia i, e sui primi passi. Non si dà molto creditdf un giornale "elettora– le", nè giornalisti~, nè finanziario. Red. cult. Per esempio, il contratio pubbli– citario non venne firmato se non a elezioni trascorse. Quando incontrammo il signore referendum sulla scala mobile. A noi veni– va un'imputazione di doppio rinnegamen– to, per così dire, di doppia immoralità. Red. cult. Qui c'era già una bella contrad– dizione con l'idea di emulare l'esperienza francese di Libération. In Francia c'era la gauclze, in Italia c'era la questione comuni– sta. Dir. Naturalmente. Inoltre: in Francia c'era lo scontro sinistra-destra per il go– verno, e in Italia c'era lo scontro tra la si– nistra nel governo e la sinistra nell'opposi– zionè. In Francia non c'era stato il terrori– smo. In Francia non c'è La Repubblica, se non nella versione un po' stecchita e co– munque pomeridiana di Le Monde. Ecce– tera. Red. cult. Agli inizi di Reporter c'era l'in– tenzione di una diversa gerarchia delle noti– zie, e la persuasione che lo spazio della po– litica ufficiale potesse essere considerevol– mente ridotto e per così dire dislocato. La prima cosa forse è stata confermata più della seconda. Per esempio, tu hai da subito preso posizione per il No al referendum, o per la campagna sull'astensione. Dir. Per me si trattava, ben oltre la que– stione dell'opportunità di una 'indicazio– ne di voto' -del resto, sul giornale poteva– no esprimersi e si espressero opinioni di– verse- di una pietra di paragone di due possibili concezioni politiche, e più ancora REPORTF:R, UN ANNO DOPO Il Direttore, Enrico Deaglio, intervistato dal redattorf culturale all'indomani del compleanno,. circa il fiuto di un 'Caneda tartufo, e la destinazione . del tartufo. della pubblicità, un vero_maestro nel suo campo, così arrivato da non avere peli sulla lingua, ci disse con- aria divertita di aver aspettato a vedere se saremmo durati oltre le elezioni; e aggiunse che non ci avrebbe scommesso. Gli dicemmo che nemmeno noi. Dir. In realtà, quel sospetto non aveva senso: a parte la presunzione sulla nostra docilità a imprese di propaganda trime– strale, un quotidiano, per piccolo che sia, non si monta da un giorno all'altro. Da quando lavoravamo all'uscita del giornale di campagne elettorali ce n'erano state una mezza dozzina. Red. cult. D'altra parte, il giornale uscì perchè un gruppo di persone, industria/i più che editori, ne finanziò il progetto, e so– prattutto perchè quel progetto fu sostenuto da Claudio Martelli. 'Dir. Questa inedita collaborazione corre– va rischio, all'inizio, di scontentare tutti: gli amici nostri, e gli amici di Martelli. Il giornale partiva senza uno "zoccolo duro" di lettori ereditati. Per dirla tutta, anche con una agguerrita diffidenza pre– giudiziale. In quel periodo, la contrappo– sizione fra socialisti e comunisti era più vi– rulenta: l'anticraxismo, il paradigma della "questione morale" e della "diversità co- munista", il catastrofismo economico e il dogmatismo operaista residuo si filarono come zucchero attorno al bastoncino del di due possibili scelte di stile, di tono gior– nalistico. Da una parte c!era, più o meno convinta, più o meno strumentale, una forte drammatizzazione del quadro socia– le e civile, una presentazione catastrofica e ultimativa delle questioni dell'economia, dell'autorità, della democrazia. O con la scala mobile, o contro la scala mobile. Dall'altra parte, che era anche la mia, c'era la ferma convinzione che il conflitto sulla scala mobile fosse attardato e simbo– lico, e che il suo peso effettivo fosse assai marginale; che le catastrofi e le parole che le annunciano non fossero adeguate ai tempi; che le emergenze dovessero ridare il passo alle regole normali; che la gover– nabilità non fosse uno slogan, ma un pro– blema pratico, e così via. A un anno di di– stanza, direi che il quadro si è fatto più composto ed equilibrato. E che il tono pa– cato che cercammo di seguire non era il frutto di una conversione all'apologia del mondo esistente o all'ottimismo di princi– pio. Red. cult. Tuttavia il giornale sembrava ri– volto a una combinazione di ingredienti po– litico-culturali, più immaginata che proget– tata e organizzata, liberal-radical-sociali– sta-verde. E magari cattolica, per una serie di problemi solo provvisoriamente ricuciti, come quelli che si chiamano del "diritto alla vita". E un anno dopo?

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