Fine secolo - 8-9 febbraio 1986
FINE SECOLO* SABATO 8 / DOMEN.ICA9 FEBBRAIO t9 lman Slleikll ,lhdochamidaccanto al progettodella Moschea che verri costruitaa Roma(foto Stefano Montesi).Nella paginaa fronte: il plasticodella Moschea.progettatada Paolo Portoghesi. profonda ("Ho una famiglia di un miliardo di persone"), che viene incontro a una richiesta diffusa, sintomo a sua volta di una diffusa no– stalgia della famiglia allargata. Molti converti– ti rifiutano di essere chiamati in questo modo, perchè il Corano è l'ultima rivelazione, che comprende e invera tutte le altre: è l'età adulta mentre il cristianesimo è l'infanzia. Più che di conversione, si preferisce parlare di continuità, crescita, compimento. Si sottolinea il carattere non conflittuale del passaggio (in coerenza an– che qui, peraltro, con una tradizione antica). Uno degli intervis!ati era mµsulmano da tem– po "senza esserne cosciente": "mi occorsero anni per scoprjre che dovevo essere musulma– no". Il sogno:,la traversata del deserto, la fol– gorazione, il bisogno di una guida certa sono temi ricorrenti, e vanno a volte fino a delineare una visione dell'istam come terapia: "Se mi ammalo, il dottore mi dà una ricetta, e io l'ac– cetto. E' lo stesso per l'aspetto psichico. Ho trovato nel Corano un modo per guarire le ne– vrosi... è nel Corano che ho trovato il rimedio per nevrotici e psicotici". Un'altra convertita descrive a lungo la tendenza a compensare le proprie angosce con un uso smodato del cibo. guarita alla fine da un medico del Cairo con l'invito a cercare una base fissa e definitiva per la sua vita. Un'analisi delle ragioni della crescente fortuna dell'islam in Occidente sarebbe però incomple– ta se non tenesse conto anche di un fattore po– litico-psicologico assai diffuso. Rispetto a cri– stianesimo e giudaismo, l'islam presenta il van– taggio di una sorta di riconoscimento da parte del Terzo mondo. Aderire all'islam comporta anche la sensazione di marciare nel senso della Storia e, soprattutto, aiuta a liberarsi del senso di colpa prodotto dal colonialismo (è dalle ef– fettive complicità con esso del cristianesimo). Per mol_ti,aderire all'islam significa, per usare le parole di un convertito illustre, Vincent Mansour Monteil, solidarizzare con "la reli– gione del vinto, del povero, del colonizzato". Una solidarietà che ha però molti limiti: Mon– teil liquida la questione curda come un deplo– revole episodio di "separatismo" e infierisce, riprendendo pesanti e assurde accuse, contro uno dei gruppi più sanguinosamente persegui– tati (da sempre, e più che mai oggi) all'interno del mondo islamico: i Baha'i. Molti islam Fra i convertiti europei e americani si incon– trano pressappoco la stessa varietà di scelte e le stesse diversificazioni che caratterizzano in generale il mondo islamico. Rispetto a que– st'ultimo, ciò che differenzia soprattutto i con– vertiti è una certa preminenza del sufismo, e cioè delle tendenze mistiche (delle quali, orto– dosse o eretiche, il pensiero islamico è sempre stato assai ricco.) Il sufismo attira soprattutto gli intellettuali, come è comprensibile trattan– dosi di una scelta che implica riflessione filoso– fica, simbolismo, allegorie, esoteqsmo, lin– guaggio allusivo. La versi~ne sufi si,t1ccompa– gna in genere a un maggiore ecumenismo e a una minore preoccupazio11e per l'~&servanza letterale della legge coranica. Diffidenza per la vita mistica (accusata da alcuni di elitarismo e abbandono del mondo reale) e predilezione ·per la lettera dell'islam (la preghiera, il rama– dan, il pellegrinaggio) caratterizzano invece le scelte della gente comune, che chiede all'islam le regole per la vita quotidiana più che un'av– ·ventura dell'anima. La prevalenza sunnita, tra i convertiti, è schiacciante: gli sciiti non superano, a quanto pare, il 10%. C'è in compenso, come vedremo, una rilevante presenza di sette minoritarie ete– rodosse. La varietà delle tendenze ha anche un risvolto geografico. In Inghilterra i favori vanno so– prattutto al sufismo, così come in Svizzera, dove è forte la presenza dei discepoli di Réné Guénon. In Germania sembra prevalere u·n islam fondamentalista. La Francia predilige, per usare l'efficace espressione di Rocher e Cherqaoui, un "islam de bon ton", curioso di esperienze culturali. In Spagna, conversioni opportuniste ampiamente finanziate da privati e governi arabi e nutrite del sogno di una con– tro-reconquista si affiancano a grugpi propa– gandistici integristi e a qualche gruppo etero– dosso. Negli Stati Uniti, infine, prevalgono B/ack Mus/ims e Sufi "di fantasia'',_che porta– no nell'islam le stesse ansie e contraddizioni dei vari movements che hanno alle spalle: nelle comunità islamiche americane è possibile in- . contrare elementi tantrici, taoisti, persino rela– zioni plurisessuali come via all'illuminazione mistica. Poche, ma significative, sono in que– sto contesto le scelte che si rivolgono al movi– mento Baha'i, uha religione sorta 1nPersia nel 1844, antidogmatica, pacifista, fautrice dell'e– guaglianza tra uomini e donne (se non addirit– tura di un ruolo escatologico di queste ultime), di una concezione dinamica della rivelazione che le permette di tenere il passo dei tempi, di una sostanziale unità di tutte le religioni. Con– siderata da alcuni avversari, più che una ere– sia, un fenomeno addirittura estraneo al mon– do islamico, la religione Baha'i è stata bersa– glio in Iran di continui orrendi massacri (con qualche temporanea ,interruzione nel periodo Pahlavi). Ad attirare ad essa alcuni europei sono il pacifismo ed ecumenismo: e più anco– ra, forse, una solidarietà profonda e commossa per il coraggio con cùi i Baha'i affrontano la. persecuzione. Dieci milioni di adepti nel mon– do (e qualche migliaio in Europa) hanno gli Ahmadiyya, una setta nata nel mondo islami– co indiano, le cui fortune nel mondo cristiano si legano forse al ruolo importante attribuito al Cristo. Secondo gli Ahmadiyya, Cristo non· sarebbe morto s'ulla croce, ma sarebbe fuggito verso Oriente, si sarebbe stabilito nel Kashmir e ivi si sarebbe ~posato e avrebbe vissuto fino all'età di 120 anni. La sua supposta tomba, a . Srinagar, è oggetto di venerazione. (A questa curiosa sLoria,qualche anno fa, Carlo Buldrini dedicò un saggio apparso in "Frigidaire"). Gli Ahmadiyya sonb considerati eretici, ma tolle– rati per la loro riconosciuta abilità nel proseli– tismo, con risultati non privi di equivoci e con– fusioni riguardd al "vero islam". Come vivono Alcuni convertiti vestono all'araba e si arran– giano (o fingono) a parlare l'arabo, perchè è la lingua di Dio. Questo fenomeno (criticato da altri come inutile esibizionismo) riguarda so– prattutto dei giovani e qualche intellettuale. In generale, i convertiti si sforzano di praticare riti e prescrizioni nella loro vita familiare, e tendono a raggrupparsi tra loro in comunità. I sufi si uniscono -in confraternite (tariqa) sotto la guida di uno shaikh. La vita del convertito non è -sempre facile, soprattutto agli inizi: fa– miliari e amici lo giudicano impazzito, o un originale, o manipolato e fanatizzato. Spesso rompono i ponti con lui. Si creano conflitti nelle coppie, a volte dolorosi, quando ad essere musulmana è la moglie (è ammessa dalla legge coranica la sharia, il matrimonio di un musul– mano con una "infedele": non il reciproco). Rocher e Cherqaoui riportano la penosa storia della nera americana Aisha Sallie Ann Smith, terminata con l'amaro abbandono di un mari– to che non se la sentiva di convertirsi lui pure. (Si può facilmente supporre, per converso, che il matrimonio con un musulmano sia all'origi– ne di molte conversioni femminili). Le due autrici di questo libro-inchiesta hanno potuto incontrare e descrivere tre tariqa. Se ne ricava ancora una volta l'impressione di una grande varietà. La tariqa ortodossa Alawiyya, fondata nel I.914 in Algeria, raccoglie algerini e convertiti in una località nei pressi di Parigi. Essa sostiene che un 'unica nozione di amore unisce fraternamente ebrei, cristiani e musul– mani. Il proselitismo è ridotto al minimo. Sem– plicità e umiltà di vita, un'atmosfera distesa nei momenti della preghiera comune, una tota– le assenza di fanatismo caratterizzano i suoi membri. La tariqa si sforza anche, al suo inter– no, di diminuire la distanza tra uomini e don– ne, vincendo le resistenze ·che vengono soprat– tutto dai suoi fedeli algerini. In una tariqa di New York, invece, integrismo e maschilismo accentuato, ruolo da guru mani– polator.:: e venerato dello shaikh, si affiancano curiosamente a elementi buddisti e zen, a in– fluc:nze di Gurdjeff, dulcis in fundo a un uso spregiudicato dei media (e dei calcolatori). Un terzo caso, ancora diverso, è quello della comunità di Granada, in continua aspra pole– mica con il vescovo cattolico e con il sindaco comunista. Si è già accennato alla presenza di benefattori arabi (che premiano con munifici doni ogni nuova nascita), così come all'ambi7 zione di far rivivere le antiche glorie della Spa– gna musulmana. Ma va detto ancora che in questa tariqa d'assalto sono confluiti numerosi ex-trockisti, stalinisti, hippies, femministe. E vi hanno portato, soprattutto i primi, il loro anti– co linguaggio. Eccone qualche esempio: "Ogni musulmano è un poliziotto e un soldato"; "La società kafir (infedele) è in bancarotta; la sua cultura è decadente, la sua politica un falli– mento, la sua economia in crisi." Naturalmen– te, non si muove foglia nel mondo, in questi
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