Fine secolo - 21-22 dicembre 1985

FINE SECOLO * SABkTO 21 / DOMENICA 22 DICEMBRE 18" IL'68 DAL VOLTO D i fronte alla sorprengente diversità di interpretazioni che danno del Maggio '68 rappresentazioni perfettamente an– titetiche, ci è sembrato particolarmente conve– niente proporre in primo luogo una logica del– la sfera interpretativa. Logica delle interpretazioni Per mettere in evidenza questa logica c'era bi– sogno di un materiale preliminare. Una parte è stata fornita da un prezioso inventario, tentato fin dal 1970 da Bènèton e Touchard, delle in– terpretazioni del movimento di Maggio. Que– sto lavoro, ovviamente da integrare con le in– terpretazioni più recenti, ha infatti il merito di elencàre numerosi studi e di pn;iporne una classificazione che potremo definire minimale: gli autori dell'articolo non hanno tentato in al– cun modo di dedurre da un qualsiasi principio la strutturazione della sfera interpretativa da loro esposta, ma si sono limitati a raggruppa– re, in modo empirico o induttivo, i lavori che sembravano loro procedere da un'ipotesi ana– loga sulle cause del Maggio '68. Dalla loro classificazione emergono otto diverse letture degli eventi: 1) li Maggio '68 come complotto: è la tesi del tentativo di ~ovversione (o da parte de\ gruppi di estrema sinistra, o da parte del P.C. che li avrebbe manovrati a loro insaputa), svolta su– bito da de Gaulle o da Pompidou, e successi– _vamente affinata da svariàti interpreti sulla base di ipotesi più o meno sorprendenti sugli iniziatori del complotto. 2) Il Maggio '68 come crisi dell'Università: ven– gono chiamate in causa la rigidità della véc– chia Università, le sue difficoltà ad adeguarsi alle nuove esigenze di_un ·insegnamento supe– riore "di massa", la sua resistenza "burocrati– ca" ai cambiamenti. In effetti, nel corso degli anni '60, il contenuto stesso della popolazione studentesca, come conseguenza diretta del no– tevole incremento dei flussi di studenti, era profondamente cambiato, trasformando bru- Un libro di Luc Ferry e Alain Renaut fa d'ogni erba sessantottesca un fascio antiumanista e· propugna un ritorno al soggetto, Fichte, Kant ... ( Della discussione sollevata in Francia dal libro riferisce qui sotto Sabine Valici). Pubblichiamo qui parti del capitolo che riassume le interpretazioni del '68, tornato anche da noi d'attualità per gli imprevisti effetti dell'85. G. Amebno,Torsione,1968. LO SGOMBF:RO DEL'68 di Sabine VALICI A. Boetti, Palla corda. 1968. talmepte la vecchia Università borghese in un'Università dominata dalle classi medie: la crisi può allora essere interpretata rifetendosi ai nuovi problemi che si posero a studenti meno preparati agli studi dal loro ambiente so– ciale e con meno garanzie, rispetto ai più an– ziani, di ottenere al termine dell'Università uno statuto sociale corrispondente all'immagi– ne che del loro curricolo si sarebbero creata. In tale prospettiva, la causa principale della crisi viene indicata nell'emarginazione sociale degli studenti. Si capisce finalmente come una simile interpretazione, a partire dal rifiuto dell'emar– ginazione, renda conto di quanto, nel discorso di Maggio, riguardava la critica degli esami come riproduzione. di una differenziazione so– ciale non intaccata dalla democratizzazione, ri– tenuta fittizia, dell'Università. 3) Il Maggio come accesso di febbre o come ri– volta giovanile: letta in chiave positiva, la rivol– ta viene vista come l'irruzione del gioco o della festa nel quotidiano, oppure come l' "uccisione del padre",-"una specie di 1789socio-giovanile che completa l'irruzione dei giovani come for– za politico-sociale"; letta in chi~ve critica, lari– volta diventa "psicodramma", mimo o paro– dia più o meno irrisoria della rivoluzione. 4) Il Maggio come crisi di civiltà: in questo caso,• si ritiene che il ·movimento investisse "non tanto un regime quanto una pretesa ci– viltà", e si insiste innanzi tutto sulla contesta– zione deUa "società dei consumi". Un tema ampiamente sfruttato da Malraux in vari di– scorsi del ·1968-1969: "Non ci troviamo di fronte a bisogni di riforme, ma di fronte ad una deUecrisi più profonde che la civiltà abbia mai conosciuto" (20 giugno 1968), cosa che sa-. rebbe testimoniata dalla ricomparsa del "vec– chio nichilismo (...) con la sua bandiera nera, che spera unicamente della distruzione". La causa di tutto ciò dovrebbe essere attribuita al croUo dei valori del progresso,-quelli deU'Illu– minismo, da cui ci si era attesi qualche co~ di diverso dallo sviluppo infinito del consumo in una società tecnicizzata. 5) li MaKKiocome conflitto di classi di un nuovo D ue giovani filosofi francesi, Luc Ferry e Alaìn Renaut, scendono in guerra contro quello che chiamano il "Pensie– ro del '68" (Gallimard, 1985), colpevole di aver messo a morte il soggetto. Non che i mi– lioni di scioperanti avessero letto i pensatori già di moda, Foucault, Lacan, Derrida, Bar– thes, ma parecchie teste del movimento stu– dentesco erano segnate dallo strutturalismo di Levy-Strauss o di Althusser. E il fatto stesso che un certo numero di intellettuali a11ungasse uno sguardo benevolo sul Maggio autorizza il parallelo tra il movimento e la filosofia che lo ha accompagnato. Una filosofia antiumanista, ,-che non avrebbe neppure il fascino dell'origi– nalità, perchè scopiazza i grandi pensatori te– deschi, critici de11amodernità, portanao quelle teorie ai loro "limiti assurdi": Nietzsche nel caso di Foucault, Heidegger nel caso di Derri– da, Marx nel caso di Bourdieu, Freud nel caso di Lacan. Sono questi quattro studiosi che gli autori hanno scelto come esemplari del pensiero del '68. Se hanno preferito Bourdieu ad Althusser è perchè quest'ultimo è caduto nella pattumie– ra della storia quando la scoperta del "Gulag" da parte dei nuovi filosofi, insieme al becero prosovietismo del PCF, ha reso repellente ogni pensiero che si riferisse al marxismo. Mentre Bourdieu, facendosi araldo dell'azione indivi– duale, anche se determinata sia dalle strutture sociali oggettive, sia dagli atteggiamenti con– nessi alle proprie "condizioni di esistenza", si è tipo: questa interpretazione viene sviluppata in particolare da Alain Touraine, che neUa crisi del 1968 vede "una nuova forma della lotta di classe", lotta non più direttamente economica (i dententori del profitto contro i salariati), ma piuttosto "sociale, culturale e politica", con– dotta piuttosto contro la dominazione o l'inte– grazione (contro la tecnocrazia) che non con– tro lo sfruttamento (i professionisti, ai quali è sottratto ogni potere decisionale reale, di fron– te ai "tecnocrati" che dominano i grandi setto– ri deU'attiyità sociale). 6) li Maggio come conflitto sociale di tipo tradi– zionale: in una simile prospettiva, che natural– mente è queUa dell'interpretazione comunista ortodossa, l'elemento essenziale della crisi non sarebbe tanto da ricercare nel mondo studente– sco, sémplice de~onatore occasionale, quanto nel suo "relais" (specjfico della Francia) attra– verso gli scioperi operai per "rivendicazioni • materiali legittime". La radice estrema della crisi, ed in ogni caso il suo contagio, viene allo- ra individuata tra i dati economici e sociali: dopo una fase di crescita ininterrotta iniziata alla fine della guerra, la congiuntura si sarebbe invertita a partire dal luglio 1966 e, parallela– mente ad un rallent~ento (moderato) della produzione, la disoccupazione sarebbe brusca– mente aumentata raggiungendo, nel 1968, un tasso quattro volte superiore a que11odel 1964 (livello che oggi, è vero, retrospettivamente, appare ancora modesto: ne11'apri1edel 1968, si registravano duecentoquarantamila domande d'impiego). L'interpretazione così proposta ha soprattutto il vantaggio di rendere conto del– l'improvvisa conclusione deUa crisi: per qu,an- to preoccupante, la situazione non era certo ri– voluzionaria. 7) li Maggio come crisi politica, dovuta a11e istituzioni de11aV Repubblica ed all'assenza di una reale alternativa politica: la causa princi– pale di una· contestazione vista qui come im– perniata sur tema: "Dieci anni bastano", sa– rebbe da ricercare nella crescente impopolarità di De Gaulle e del suo Primo Ministro, pro– prio nel momento in cui il sistema istituzionale aveva eliminato la valvola di sicurezza costitui- salvato. Ma per poco: i nostri autori lo gettano presto neUo stesso calderone dei tre precedenti, accusati di decretare la fine del soggetto, la dis– soluzione deU'idea di verità (''Non ci sono fat– ti, ci sono solo interpretazioni") e di quella di universalità (ci sono solo dei punti di vista che valgono in un certo periodo storico). Non im– porta che Foucault, Derrida e Bourdieu abbia– no militato. e militino per i diritti dell'uomo, mostrando così di credere in qualche modo al soggetto; quell9 che conta. è il loro rifiuto di anali27.are i discorsi nel contenuto (]'unica do– manda che ha senso è quella "Chi parla?", e l'interro~one "suUe condizioni esterne di produzione (del discorso]": chi vede nell'ester– no le infrastrutture; chi la libido, chi le condi– zioni fisiologiche, chi l'Essere) e l'annuncio della morte deUa filosofia in quanto confusa con la metafisica, ideologia borghese per i .marxisti, e inganno incapace di pensare la "dif– ferenza ontologica" per gli heideggeriani. In– somma che sia agito dalle strutture, dalla sto– ria, dal linguaggio o dall'inconscio, il soggetto è incapace di volere e di scegliere, incapace di autonomia. Pericolo grave: "criticando in quanto metafisico o ideologico il progetto di autocontrollo e di verità su se stesso che è par– te integrante deUa nozione tradizionale di sog– gettività, moltiplicando le variazioni sul tema 'io è un altro', i 'sixties' filosofeggianti hanno iniziato ed accompagnato il processo di disgre– gazione dell'io che conduce alla 'coscienza cool e disinvolta' degli anni Ottanta". La formula è

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