Fine secolo - 21-22 dicembre 1985
FINE SECOLO* SABATO 21 / DOMENICA 22 DICEMBRE r sale non fu la cosa migliore. Già da terra mi avevano rac– coJto a braccia t! portato all'ospedale alla bÙon.,i. · Sei stgto coscienie'sempre? Si;.certo, sempre;. salvo quando ha vinto il sonno. Avevo an~he un pol111one forato e un'emorragia interna. Quindi mi trasferirono in ,neurochirurgia dove mi hanno estratto il proiettile. Forse per farmi coraggio, forse per davvero, speravano che, tolto quello, migliorassi. Ma se tagli un filo, non è che quando togli le forbici il filo si riattacca: comunque è andata già bene, succede anche che si peg– giori. Del resto pensa che fino a poco tempo fa si faceva ancora l'alcoolizzazione per eliminare i movimenti resi– dui, le contrazioni, che eventualmente rimanevano. Mo– vimenti che saranno antiestetici, ma ih realtà vogliono dire più tono muscolare, maggior irrorazione sànguigna, più carne nelle gambe. Poi sei stato trasferito a Milano. Alla fine di febbraio del '69, e oltretutto mi trovai al cen,– tro di un meccanismo che controllavo p'oco. Il proces~o, gli avvocati, i giudici, i giornalisti, le i;-accoltedi soldi, le visite. Ma io non volevo diventare un protagonista. Vive-. vo in uno stato confuso: so che venne a· trovarmi anche Pajetta, ma io proprio non me lo ricordo. Come ti trattarono a Milano? Bene, era un posto specializzato, stavo con una quaranti– na di parnplegici; anche se poi anche lì c'erano i decubiti .. Poi si cominciò a parlare della Cecoslovacchia. 'Prima che partissi, alcuni medici girarono un filmato per mostrare che i miei miglioramenti erano arrivati al punto di una spontanea e abbondante capacità di urinare: e per farlo · riuscire bene mi riempirono prima la vescica d'acqua. Mah! In Cecoslovacchia arrivai proprio il 20 agosto del 1969, nel primo anniversario dell'invasione di Praga. In odore di lacrimogeni. Mi portarono in un casermone di sei pia– ni, a vedérlo incutev-a soggezione, e lì stetti sei mesi. Da loro ho imparato tutto. Le cure non erano molto sofisti– cate, si trattava soprattutto di ore e ore di lavoro, di fati- · Sorianoin tenutada schermitore:· ca. ~innastica pesante per irrobustire le parti sane, i mu– scoli che non comandi più, o quelli che prima non co– mandavi e che ora si sono salvati. Ho imparato a vestir– mi, ad andare al gabinetto, a camminare con i bastoni a nuotare. ' E lì all'istituto hai incontrato Dana. / PRATO PAGANO Giornale di nuova letteratura pr)(:sù:. prose. diseJ!,ni Gabriella Sica, Marco Lodoli, Beppe Salvia, Valerio Ma– grelli, Claudio Damiani, Paolo Prestigiacomo, Felice Le– vini, Giacomo F. Rech; Luca Archibugi, Bizhan Bassiri, Edoardo Albinati; _Arnaldo Colasanti, Patrizia Valduga, Giuseppe Salvatori, Beate von .Essen, Paolo Del Colle, Gaetano Carbone. È IN TUTTE LE LIBRERIE IL N. 2 Questonumero C/Jllfiene il /ihro di /Joesie Estàte di E/isc1 Sc111soz·i11r1. · et mra di Bej,peStlll'ia, Il Melograno Abete Edizioni. Via Prenestina 685 - Roma : TeL .22184 r Distribuzione CLD.S. Lei lavorava lì, quando non c'era mi mancava. Non m'ero mai innamorato prima ·e così ho desiderato di tor-. nare con lei. Ma è una _storia della quale parlo a fatica, perchè allora i rotocalchi fecero qualche clamore. Nel '71 ci siamo sposati, e otto anni fa è nata Valeria. A volte -ri~letto-a quei pi:imi anni dopo la ferita. C'era qualcosa· di strano, una specie di ansia di fare presto, di fretta. Ho finito la scuola in fretta, mi sono sposato in fretta, a 19 anni ero sposato e diplomato, dovevo dimo– strare di poter fare tutte le cose. Era come se da fuori mi chiamassero a dimostrare questo, gli altri me lo chiedeva– no, magari senza volerlo. C'era una pressione su me, mi era capitata questa cosa qui ed ero diventato qualcuno e dovevo continuare a tenere il mio ruolo. Il fatto è che la mia esperienza politica precedènte, l'intervallo fra la pri– ma occupazione ~ella scuola e quella n.otte a Viareggio, erano passati in tutto venti giorni. Niente. Nell'immaginazione comune i paraplegici sono degli esseri completamente asessuati. Questa dev'esserç anche l'opinione dèi medici, degli assi– stenti, di tutti. Non si sognano nemmeno, al momento della rieducazione, di aiutarti anche sotto l'aspetto ses– suale. Ti fanno domandé sulle facoltà urinarie, e non una parola di più. Ininfluente. Io ho sempre avuto l'erezione, ma nel primo periodo era come la si ha da impuberi. Poi dopo qualche tempo ho riconquistato la facoltà di eiacu– lare. Di questa esperienza non ho mai parlato con nessun dottore. Invece dovremmo parlarne, con i medici e tra di noi. All'estero dev'essere diverso: ti ricordi il film 'Tor– nando a casa', dove il reduce poteva chiedere una donna pratica di questi problemi? Non che parlarne risolva tut– to: un bruciore è diverso da un altro, le nostre lesioni e le nostre reazioni sono tutte diverse. Però devi insegnare che una sessualità si può avere, come imparare a provare piacere, con quali mezzi puoi aiutarti, e che se ti poni questi problemi non· sei nè ridicolo nè vizioso. In generale, fra la paura di dare fastidio, e la nece~sità di dare fastidio, non bisogna esitare. I diritti della vita. C'è stato un periodo in cui m'era presa la smania di andare in giro, a fumare, a fare l'autostop, ad abitare in una stessa ' casa in dieci, ad andare in galera per niente. E ci sono pe_rfinoriuscito. Stavo in una casa con un sacco di gente, sai com'era, un .andirivieni, si installarono anche due, mai visti, con della droga e andavano per Pisa a spacciar– la e per accreditarsi dicevano che stavano a casa del Cec– canti. Poi se ne sono andati e un giorno è arrivata la poli'– zia armi in pugno, e gridando: diteéi dov'è l'eroina. Noi veramente non avevamo niente. Arrestarono tutti, me mi tennero agli arresti domiciliari per una settimana, poi mi dissero che costavo troppo, uno.alla porta per contrnllar– mi, la pantera sottocasa. Mi presero di peso e con tutta la carrozza mi portarono alla prigione, al Don Bosco, in in- fermeria. · · Che cosa succede al detenuto su carrozzella? Uguale a fuori: dovettero chiamare un falegname per al– largarmi il bugliolo. Avevo un detenuto accompagnato– re, che ti porta l'acqua, ti va a fare la spesa, ecc. I detenu– ti fanno a gara per avere questo- compito, pagato e con un po' di libertà di movimento. Sono uscito dopo due settimane. Finita lì. Sei stato in mezzo mondo, hai tanti amici, una bambina de– liziosa per cui stravedi e che stravede per te, qualche trofeo sportivo negli scaffali: come sei tu, Soriano? Guarda, qualche tempo fa ho sentito che uno aveva detto di me: Soriano si porta dietro .tutti i suoi problemi, ma anche la forza, per affrontarli. Mi è sembrato che andasse abbastanza bene. Gli amici ce,li ho, ma ·anche loro con misura, senza avvicinare troppo le distanze. Per loro e· per me. Una volta c'erano i compagni, la politica, l'orga– nizzazione, si stava insieme, non cj si sceglieva. Poi è sta– to più difficile, e più sensato. Ci penso molto. Penso ai periodi in cui hai voglia di litigare con tutti, di andare sempre altrove, e ai periodi in cui ti piace fermarti, e stai bene con la gent,e. E penso alle cose da fare. Nella mia posizione, per così dire, si sta attenti. Ai modi di dire, per esempio: se perdo' la pazienza, mi scappa di dire "ti dò una pedata nel didietro", ma a mezza frase sento già l'av– vertimento interno: "Tu non puoi dare nessuna pedata". Si sta attenti alla naturalezza altrui, alle vignette infinite sul tema Klinghoffer e carrozzella. Senza ira. Si sta atten– ti.
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