Fine secolo - 14-15 dicembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 14 / DOMENICA.15 DICEMBRE 18 L a relazione di Prosperi segue il filo della parabola evangelica del seminatore e del– l'erba cattiva (Matteo, 13,24-30), che fornisce la base alla rappresentazione dei buoni e dei cattivi, della propria identità e dell'altrui diversità, e soprattutto del popolo di Dio e dei suoi nemici, nella cultura ufficiale cristiana alla .fìne del medioevo. Prosperi si propone "di ritro– vare il punto in cui, dalla cultura cristiana del- 1' Eu,:opa occidentale, nacquero insieme la prati– CG e la giustificazione dell'intolleranza estrema e più sanguinosa e la prima, incerta.formulazione delle regole di reciproca sopportazione o tolle- · ranza ". Egli ricorda come la stessa storia della parola sia ancora inadeguatamente conosciuta, e conduca "in un contesto basso e oscuro, di va– lori mediani e transitori, se non decisamente di non-valori". La parabola della semente è senza· dubbio un testo chiave: _ Grano e zizzania, buona semente ed erba vele– nosa fornivano un esemplare modello binario per distinguere e contrapporre il popolo eletto e gli altri, i diversi, i rifiutati. Ma il testò stesso toglieva agli eletti del regno di Dio la possibi– lità di "sradicare" gli altri, rinviandola al mo– mento finale del raccolto, cioè alla "fine di questo mondo": allora, non gli uomini, ma gli · "angeli" dovevano sradìcare e "gettare nel grande forno di fuoco" la zizzania. Fino ad al– lora, -il comando era chiaro: "sinite utraque crescere"; grano e zizzania dovevano restare insieme. Diventava così segno di identificazio– ne del buon cristiano il fatto del tollerare. Per sant'Agostino il buon cristiano non cerca di sfuggire alla zizzania, ma accetta di convivere con essa; tuttavia è lo stesso Agostino, in un al– tro contesto, afornire l'argomento causidico per aggirare l'appello evangelico: quando si è ben certi sull'identità del mal seme, egli sostiene, si deve procedere con ogni severità senza attendere l'arrivo del "dominus". L'argomento è -r,ipreso da san Tommaso a' proposito della tolleranza degli ereiici. Ecco dunque aperta la strada all'esercizio del potere di coercizione: gli appelli alla patientia come virtù cristiana che il testo evangelico ave– va prodotto nella sua lunga storia (si pensi al– l'appassionata perorazione di un Crisostomo contro l'implacabile guerra a· cui si sarebbe dato inizio condannimdo a morte gli eretici) trovavano un limite insuperabile nell'assunzio– ne dell'ortodossia dottrinale come segno di identità del 'buon seme'. Nel '500, e in un breve ·volgeredi anni, mentre la più violenta esplosione di intolleranza religiosa investiva l'Europa, affiorò, per reazione, la co– scienza della necessità di cambiare strada: Bisogna analizzare il momento di più profon– da intolleranza per capire come e perchè si co– minciò a risalire verso forme diverse di convi– venza. Ma come e quando fu raggiunto il fondo? /... /A partire dalla fine del '400, la società eu– ropea occidentale fu percorsa a più riprese da manifestazioni di violenta aggressività: la cac– cia alle streghe, te ondate di antisemitismo, la persecuzione degli eretici... Ma un vero e pro– prio salto di qualità si ebbe solo quando l'inte– ra società cristiana si trovò divisa e incerta da– vanti alla frattura dell'unità religiosa prodotta dalla Riforma. Fino ad allora, la presenza di gruppi minoritari e marginali caratterizzati dalla diversità di religione -gli Ebrei- o indizia– ti di culti demoniaci -le streghe- aveva avuto l'effetto di consolidare il senso di identità e il pregiudizio di superiorità dei cristiani europei. ·...Tuttavia, proprio perchè cementavano la compattezza del gruppo dominante dei cristia– ni, queste presenze minoritarie non avevano la forza di mettere in crisi gli schemi elaborati dal · cristianesimo medievale in materia di rapporti coi 'diversi'.. E' noto del resto che solo verso la metà del '500, con la bolla Cum nimis di Paolo IV (1555) fu abbando~ato del tutto il principio tradizionale del "tolerare Hebreos": al suo po– sto fu inserita invece la volontà di ottenere la conversione al più presto e la conseguente scomparsa -per deportazione, espulsione o chiusura nei ghetti- della diversità ebraica. E' IL GRANO ELA • • IL VOLTO INTQ _____ .._ DEL CRISTIANESIMO / un altro segno che ci avverte che in quegli anni le cose cambiarono profondamente: il rappor– to con gli ebrei è sempre stato un indice sensi– bilissimo del mutare del clima di convivenza nell'Europa cristiana. Quali le cause di questo brusco. cambiamento delle regole? Soprattutto, la crisi delle certezze tradizionali nelle coscienze cristiane. Come si poteva pretendere di riconoscere il buono e il cattivo seme se i segni abituali di– ventavano oscuri? Davanti alla contrapposi– zione di più criteri di verità, occorreva ben al– tro che il segno di riconoscimento cucito sull'a– bito degli ebrei: erano i cristiani che diventava– no irriconoscibili. La novità sostanziale era la contemporanea presenza di più cristianesimi nell'Europa occi– dentale ... e di più Chiese. L'erba cattiva era frammista al buon seme all'interno del campo cristiano in dimensioni tali da rendere contem– poraneamente gigantesco e inefficace il rogo, anzi i molteplici e contrapposti roghi. Deve passare la nottata Forse nessuna testimonianza seppe esprimere. questo clima di incertezza e ricavarne una le– zione di comportamento come quella che l'u– manista francese Sébastien Castellion premise alla sua edizione della Bibbia in francese (1555). Il Castellione non volle fare come i molti che nel fornire un'edizione della Bibbia offrivano anche una specie di sucèo anticipato delle loro certezze teologiche~ pretendendo che fossero le sole legittime: piuttosto che piegare la Bibbia alle esigenze di questa o quella chie– sa, il Castellione vi premise delle considerazio– ni sulla durezza dei tempi e sull'impossibilità di' distinguere ormai i buoni dai cattivi. E' ca– lata sul mondo la "nuit d'ignorance:' e non si riesce a distinguere i diversi colori delle cose, --- di Adriano PROSPERI ,. .r non si riesce insomma a selezionare il grano dalla zizzania. «Si on veut défaire tous ceux qui ne s'accordent à la vérité, il y a du danger que, avec les mauvaises herbes, on n'arrache le blé, ce qui -conclude Castellione- serait un dommage irréparable». L'unica regola a cui at– tenersi era quella che vigeva sui campi di bat– taglia: «quand en bataille la nuit survient, on cesse de combattre jusqu'au jour, de peur que d'aventure, en frappànt à l'aventure, au lieu des ennemis on ne tue ses amis». Meglio corre– re il rischio di lasciare in piedi l'erba cattiva piuttosto che quello di colpire per errore i buo– ni_,gli amici. Queste osservazioni videro la luce in un mo– mento particolarmente cupo: da un lato, l'In– quisizione romana, rinnovata a partire dal 1542,·aveva cominciato a mietere vittime in .Italia, dall'altro l'esecuzione capitale di Miche– le Serveto, sul rogo acceso per volontà di Cal– vino a Ginevra; aveva mostrato quanto poco spazio rimanesse alla possibilità di dubitare e dissentire, cosi cara agli umanisti come Castel– lione. Il caso del rogo di Serveto (1553), per la cui cattura c'era stata addirittura una collabo– razione fra le polizie delle due chiese nemiche, era stato quello che più aveva colpito i con– temporanei. Anche per la discussione che esso sollevò, l'os– servatorio europeo degli anni cinquanta del. se– colo XVI si offre come il più adatto per un'in– chiesta sull'intolleranza cristiana. Per gli uomini di chiesa, cattolici o protestanti che fossero, il cattivo seme è l'eretico, e il ricorso allaforza nei confronti'de/l'eretico appare generalmente lecito se non doveroso e meritorio. Anche le procedure inquisitoriali e punitive si fanno simili. L'argo– mentazione parte dalla necessità, per ogni buona repubblica, "honesta politia", di colpire con la pena di morte i suoi nemici peggiorii se l'omici– da va punito con la morte,· l'eretico, uccisore d'anime, e reo di lesa maestà divina, merita pena ben maggiore. La parabola della zizzania conti– nuava a offrire il modello, ma poichè il cattivo seme aveva creato 'campi molteplici e diversi, ac– canto alla pena di morte per gli eretici occorreva ora aggiungere l'obbligo della guerra di religio– ne come guerra giusta e santa. Si trasferiva così 111/'area europea un principio che fino ad allora era servito a giustificare la guerra. COTJtro i non cristiani. li modello era quello medievale de/Ì'e/i– minazione del diverso con la violenza: ma si ap– plicava ora a un'Europa lacerata sul piano reli– gioso, in cui le differenze prevalevano sulle iden– tità. "Ne derivava un potenziale distruttivo e un'esplosione di intolleranza che non avevano precedenti". ' La fanatica certezza di combattere contro la semente del demonio portò non solo alle atro- .cità ben note, ma contribuì ad alterare stabil– mente le rappresentazioni mentali che ciascun gruppo o confessione si fece degli altri. Ciò vale soprattutto per la grande linea di divisio– ne che separava i cattolici (o «papisti») dai se– guaci delle -confessioni nate dalla Riforma (o «luterani» o semplicemente «eretici»): e ancor più vale per la contrapposizione fra tutti questi e gli anabattisti. Ma infinite altre linee di con– fine si stabilirono allora tra gruppo e gruppo e all'interno di quel complicato mondo di sette religiose che suscitava l'odio e la paura delle chiese costituite. Qualcuno si provava talvolta a operare confronti e a sottolineare somiglian– ze; così, nella polemica sull'esecuzione del Ser- • veto; fu fatto notare a Calvino che ben poca ragione si aveva ormai di condannare l'Inqui– sizione papistica, visto che i metodi erano identici. Ma la risposta fu quanto mai signifi– cativa: nessµn confronto era possibile, sosten– ·ne Calvino, perchè da un lato stava la verità e dall'altro l'errore. Inoltre i «papisti» erano (se– condo lui) più crudeli nelle procedure. Tuttavia, è pur vero che la guerra di tutti con– tro tutti, se era la risultante ideale di questi at– teggiamenti. mentali, trovò nella pratica osta– coli importanti. In un'Europa divisa, anzi frammentata, dai conflitti religiosi si scopri ben presto che un conto era desiderare la di– struzione totale dell'avversario, un conto ben diverso era il poterlo ottenere. Gli stessi uomi– ni di chiesa di cui si è evocata l'intolleranza convinta e ragionata furono anche quelli che scoprirono la possibilità di costruire una pre– caria sopravvivenza comune rassegnandosi a tollerare -nel senso più riduttivo e provvisorio del termine - ciò che non potevano eliminare. Nel dibattito di quegli anni, i grandi avversari della durezza inquisitoriale e dello spirito di crociata furono per lo più uomini di educazio– ne umanistica ed erasmiana. Nel trattatello anonimo (ma opera di Sebastiano Castellione e di Celio Secondo Curione) che poneva fin dal titolo la questione se gli eretici dovessero esse– re perseguitati (De haereticis an sint perse– quendi) si rispondeva che bisognava non per– seguitare ma tollerare, così come nella parabo– la evangelica Cristo aveva chiesto che si la– .sciasse crescere la ziz7.ania. Nel trattatello si legge questo appello ai principi: «Accontenta– tevi della spada che Dio vi affidò: punite i la– droni, punite i traditori, i falsi testimoni e gli altri della stessa risma. Per ciò che si riferisce alla religione, difendete i pii contro le ingiurie degli altri. Questo è il vostro ufficio. La dottri– na teologica non va trattata con la vostra spa– da. Altrimenti, se i teologi otterranno da voi che la loro dottrina sia trattata con le vostre armi, it· medico potrà con ragione chiedervi ~ sua volta che lo difendiate con le armi contro· le opinioni degli altri medici; e lo stesso po– tranno fare il dialettico, l'oratore, 1e altri arti ...» Di fronte alla ·possibilità di un intervento sta– tale in questioni dottrinali, per tutelare l'orto– dossia ufficiale con la forza, Castellione e i suoi amici resero più esplicito l'obbiettivo maggiore. della polemica umanistica ed era– smiana èontro i teologi: il rifiuto della violenza come radicalmente estranea al cristianesimo. «Non possiamo conservare il nome di Cristiani

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