Fine secolo - 7-8 dicembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 7 / DOMENICA 8 DICEMBRE 12, N el '48, credo nell'inverno, mi arrivò in quella casa editrice. da non molto e non una lettera di Elsa Morante. Mi diceva avevo certo l'autorità necessaria per decide– che aveva appena finito un romanzo e re, da sola, della pubblfèazione d'un libro; mi mi chiedeva se me lo poteva mandare. Io abi- · consigliai con Pavese; mi sembra che lui non tavo a Torino e lavoravo nella casa editrice . lo lesse allora, in dattiloscritto; ma trovò giu– Einaudi. Avevo conosciuto Elsa Morante a sto di pubblicarlo. Roma; ci eravamo incontrate non so-più Nella primavera, di Menzogna e sorJjlegio dove; non avevamo scambiato molte parole. erano pronte le bozze, e Elsa venne a Torino Mi sembra di averle detto che avevo molto per correggerle. Abitava in un albergo vicino amato un suo breve racconto, uscito su una alla stazione: un albergo 1 non lontano da rivista anni prima, durante la guerra. ·Co- quello dove, qualche anno dopo, sarebbe munque erano stati, i nostri incontri, a quan- morto Pavese. Io avevo una copia di bozze e to ricordo, rari e brevi: Ero però, in quella lei ne aveva un'altra; ric6rdo che per la fatica casa editrice,· la persona che conosceva di e per l'emozione, e per il timore che aveva ·più. Così ebbi il dattiloscritto di Menzogna e degli errori di stampa, le venn~ la febbrè. sortilegio: lo ricevetti per posta. C'e_ranocor- Quando guarì di quella febbre;usava uscire di Natalia GINZBURG 'ENZOGNA ESORTILEGIO rezioni a,&ano, in inchiostro rosso. Ricordo con quanto stupore lessi i titoli dei capitoli, perchè mi parve un romanzo d'un' altra epo– ca, e quanto m'incuriosirono alcune parole con l'iniziale maiuscola che trovavo sfoglian– do qua e là: il Butterato; il Cugino. Come mai Elsa avesse avuto ·tanta fiducia in me, che non conosceva bene, e tanta fiducia nelle poste italiane, da mandare un romanzo così per posta, lo ignoro, e non so spiegarmelo; ma di quella fiducia che ebbe allora in me, le fui grata nel profondo e per sempre. Lessi Menzogna e Sortilegio in un fiato e·lo amai immensamente: però non so dire se ne capii chiaramente, allora, l'importanza e la grandezza. Sapevo soltanto che lo amavo e che da lungo tempo non avevo letto nulla èhe mi desse tanta vita e felicità. Fu per me un'avventura straordinaria scoprire, fra quei titoli di capitolo che mi erano sembrati otto– centeschi, il tempo e le città che erano i nostri e che avevano, della nostra esistenza quoti– diana, l'intensità lacerata e dolorosa; fu per me una grande emozione scoprire che era ,, possibile, nella nostra epoca dove i libri era– no annodati e avari, dare al prossimo un'o– pera così luminosa e generosa. Forse ne ca– pii, in qualche modo, la grandezza. Lavoravo verso sera e ··sedersi in un caffé sui viali, e aspettare che venissimo via, dall'ufficio, Pa– vese, io, Balbo, Calvino; e ci siedevamo là con lei. Discutevano, lei. e Pavese, su ogni cosa, ma senza gran rabbia; non andavano d'accordo su nulla; però non c'era, in quelle discussioni, nessuna specie di animosità. Elsa disse più tardi che era stata per lei, quella sta– gione a Torino, passato il travaglio delle boz– ze, una stagione serena. Imparai ad amare, in quell'estate, le risate di Elsa alte e squillànti, i capelli sempre avvolti in un fazzoletto, la bocca grande e amara e le mani piccole e bianche; imparai a temere i suoi mutamenti d'umore, le sue collere, i suoi giudizi imperio– si. Ero con 1eitimida, allora come più tardi, e non seppi mai dirle per intero, né allora né più tardi, quanta vita e quanta gioia mi desse tutto quello che scriveva, e la sua presenza sulla terra. Non era mai facile dirle le cose per intiero. Questi sono i primi ricordi che ho di Elsa. Sono ricordi molto lontani; dopo, sono suc– cesse tante cose, a lei e a me, e _tantecose nel rpondo, da ricoprire quelle giornate lontane di unà fitta coltre, fatta di nebbia, di terriccio e di cenere, così che quando cerco di evocar– le, trovo difficile rimetterne insieme i fram– menti, le rivesto di fatti e di parole che ap– partengono a un'epoca più prossima, e trovo difficile ridestarne il vero e nudo suono. L'a– gonia di Elsa è durata molti anni ed è stata triste. Desideravo rileggere i suoi libri, in questi ann~,e non riuscivo a farlo; non riusci– vo a separare i suoi libri dalla sua infermità. Ora ho preso a rileggere Menzogna e sortile– gio. Vi ritrovo quella straordinaria felicità, quell'emozione sconvolgente che m'aveva dato quando l'avevo letto per la prima volta. SENZA MOLO di Carmelo SAMONÀ Nel carcere del-tempo non c'è una più infelice di te, cui più rincresca la trafittura della giovinezza finita, il morso della grigia e ottusa città__çosmopolita.Creatura folle sembri agli sciocchi; e sei più arguta e saggia di un filosofo, e più fresca di un mattino di pioggia. Non invecchia chi, da vecchia, ha la grazia: la parola sommessa, da cui il torbido clamore è sconfitto senza saperlo. Ignora · . il tuo dono la città assurda, adora idoli che la sferza del tuo umore dissacra. Tu vivrai sempre; lei muore. Roma, 1972

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