Fine secolo - 23-24 novembre 1985
FINE SECOLO* SABATO 23 / DOMENICA 24 NOVEMBRE 1 Così vecchio, così· antipatico Loris Lombardini, insegnante ·di ragioneria, se– zione serale I. T.C. «Tambosi», Trento Immaginare che dietro quei volti annoiati e di– sattenti, dietro quei comportamenti così stan– dardizzati e a volte contraddittori, dietro quel «vuoto culturale» che esprimevano nell'affron– tare tematiche politiche, sociali, economiche e ideologiche, si celasse una potenzialità così ric– ca da fare parlare il paese intero di «nuovo movimento studentesco», mi sarebbe sembra– to, alcune settimane fa, semplice idiozia. Lo smarrimento sale ancora se considero di essere stato militante del movimento sessantottino, di avere vissuto çon sufficiente attenzione la me– teora del movimento del '76, di essere padre di uno studente di prima superiore, e di giudicar– mi, tutto sommato un insegnante «sveglio». Se poi devo formulare un giudizio su questi-stu– denti, su quanto hanno detto e manifestato, sui contenuti che hanno espresso, sui consensi quasi unanimi che hanno raccolto, devo am– mettere che la mia confusione diventa totale. Ebbene, ho seri•dubbi che questo movimento · esprima bisogni reali, che manifesti necessità non comprese dagli adulti (insegnanti, genito– ri, politici), che sappia inventare nuovi com– portamenti politici e altrettanti dubbi mi ven– gono rispetto al coro di app.rezzamenti che hanno suscitato le loro manifestazioni locali e nazionali. E' il movimento «più trasversale» che abbia mai visto; il «meno politico», e «ideologico» degli ultimi anni. Ed è il movi– mento di cui si è parlato, in così breve tempo, con la maggiore intensità sui vari mezzi di co– municazione di massa. Lo confesso, norÌ sono tra quelli più inclini a parlare con entusiasmo di questi studenti e di quello che hanno finora proposto, ma mi duo·le non potermi presentare che in questo solo modo, così vecchio, così an– tipatico ... Con tuttamestessa (macchina compresa) Corinna Bottiglieri, insegnante ITC «De Marti– no», Salerno Il mio parere di insegnante sulle manifestazio– ni degli s_tudentipotrei forse esprimerlo in una battuta: ai miei alunni, delusi e «disarmati» per non essere riusciti a far partire l'auto, che ave– vano allestito per partecipare alla manifesta– zione provinciale di Salerno, ho prestato la mia utilitaria! Dunque: intesa piena? Certa– mente convinzione di dover condividere mo– menti come questi, espressione sicura di un modo _nuovodi partecipare, ma anche esigenza d . . "b. J.l.' 1 contn mre con responsau11ta a correggere o chiarire valutazioni non fobdate su esatte in– formazioni o errate attribuzioni di competenze istituzionali. J Nella comunità dell'i~tituto nel quale insegno da molti anni e in cui da qualche anno ho mag– giori responsabilità comportanti un esonero dall'insegnamento e quindi la possdibilità di incontrare e conoscere quasi tutti i nostri 1500 alunni, il nuovo modo di parlecipare è consue- ' tudine pluriennale. E mi spiego: il nostro isti- tuto è, dalla istituzione, allocato in edificio di _ civili abitazioni adattato in modo abbastanza pre~ario a sede scolastica. cdntestualmente al– l'istituzione dell'istituto è iniziata la costruzio– ne dell'edificio proprio. Sono trascorsi quindi– ci anni e soltanto da tre è stato possibile trasfe– rire nella nuova sede alcuni dei nostri corsi. E' così che l'a,ttività didattica si,svolge da sempre in condizioni precarie: per alcuni corsi in un edificio non proprio, fatiscedte senza attrezza– ture tecniche e scientifiche e per altri corsi in un edificio ampio e moderno ma ancora privo di sussidi, anche i più elementari ed essenziali. Perché questa descrizione sia pure sommaria? Perché da questa situazione è nato e vive nel nostro istituto il nuovo modo di partecipare. Infatti la comunità del «De Martino» è stata coinvolta ormai da alcuni anni in tutta la pro– blematica dell'istituto. Tutte insieme le sue componenti hanno attuato momenti di rifles– sione e di sensibilizzazione -non vorrei parlare di lotta- dell'opinione pubblica e delle istitu– zioni. Risultati? Forse non quelli che avremmo meritato a livello esecutivo e\concreto ma cer– tamente positivi per la crescita della nostra co– munità a livello di autentica partecipazione. E' per questo che per i nostri giovani le manife– stazioni dei giorni scorsi sono state un portare all'esterno ed un associarsi agli altri per una esperienza vissuta e verificata. E' per questo · che una persona come me, con lunghissima esperienza di insegnamento ha giudicato posi– tivamente la nuova partecipazione auspicando, però, un coinvolgimento di tutte le componen– ti insieme con la chiarezza delle posizioni e dei compiti. E'tutto sbagliato, è tuttodarifare I Maria Vittoria lacone, insegnante di matemati- ca. Istituto tecnico «Acerbo»,1Pescara · Sono da venti anni insegnante di matematica nella scuola media superiore ~ scrivo per espri– mere la fatica e le èlifficoltà che insieme a molti I altri colleghi incontro ogni giorno nel mio la- voro. I programmi sono antiquati, le strutture inadeguate, i sussidi didattici ins_ufficienti o non utilizzabili perchè manca personale ade– guatamente preparato, abbiamo urgente biso– gni di corsi di formazione, la didattica è una cosa-seria che non si'può improvvisare, ina di corsi se ne fanno pochissimi e in città lontane. Ci avevano promesso una riforma, l'abbiamo aspettata tanto con la speranza che molte cose . . I cambiassero, ma ora, dopo tante tensioni, non ci crediamo più. Questa situazione di disagio crea in me un malessere profondo, una sensa– zione di impotenza e qualche volta il desiderio di mollare tutto e di tirare avanti senza pormi troppi problemi, ma poi scopro che non posso lasciarmi andare, non so perchè, ma non lo posso fare ed allora continuo a lavorare con caparbietà giorno dopo giorno. con la convin– zione che quaJcosa dovrà cambiare. E' per questa attesa che guardo, con curiosità e spe– ranza, al movimento degli studenti, che, però, non riesce ancora per me a costituire la condi– zione che mi faccia vivere diversamente il mio rapp~orto con la sc_uoJa. -Prima pagare, poi funzionare Michele Russo, insegnante di italiano e storia, Istituto tecnico commercia/e «Cecilia Deganut– ti», Udine Hanno ragione, non c'è che dire. E, del resto, non lo hanno ammesso tutti che gli studenti, scesi in piazza per ottenere una scuola dove si studii e ci si qualifichi, hanno pienamente ra– gione? Tutti, perfino la Falcucci. Hanno ragio– ne, dunque. A-ragazzi che chiedono di studiare seriamente e di ottenere dalla scuola una for– mazione ed una preparazione che li allineino alle esigenze della cosiddetta nostra società post-industriale non si può rispondere con la riforma Gentile del 1923. E' una pura follia, che i ragazzi colgono e bollano come provoca– toria, perché questa follia, essi per primi, la scontano sulla loro pelle. fer primi, ma non da soli. Ovviamente. Quello della scuola è un problema grosso e na– zionale. Per risolverlo (per tentare, almeno), ci vogliono risorse politiche, intellettuali, finan– ziarie non facilmente quantificabili. E' dispo– sto il paese a «spendere» molto, e in tutti i sen– si, per la scuola? Questo, il punto. E' disposto il paese a capire che una scuola come quella_ studiare, senza- mettere avanti troppi .«cioè>>, «infatti», «nella misura in cui»..lmparino a co– noscere come è fatto il mondo d'oggi e ad esprimersi in almeno due lingue, oltre a quella materna. E a patto, ovviamente, che gli inse– gnanti sappiamo e vogliano insegnare davvero, i presidi sappiano dirigere, i provveditori co– noscano il loro mestiere, i ministri abbiano in– telligefll:aed insieme coraggio. Però, attenti: se si vuole un pt!rsonale della scuola altamente qualificato, lo si può avere, ma allora bisogna pagarlo. La qualità di un prodotto che si vuole avere è in rapporto al prezzo che si è disposti a pagare. E' così anche al mercatino rionale. la speranza, e il dubbio Laura Bignotti, insegnate di lettere, liceo scien– tifico «Galvani», Bologna Sono molto incerta nella valutazione del movi– mento studentesco 1985 etale incertezza è do– vuta al fatto che non comprendo con chiarezza né la portata attuale del fenomeno né le sue prospettive di sviluppo sul piano pratico o del semplice dibattito civile e politico. La greve propaganda dei mass media, specie televisiva, ha già voluto irreggimentarlo in parole d'ordi– ne ben precise: richieste di strutture più moder– ne, aule migliori, migliore qualità dell'insegna– mento, tasse meno costose e via di seguito: ri– chieste assai logiche in rapporto alla realtà del– la scuola italiana, del tutto utopistiche se con– sideriamo invece la realtà economica del nostro paese. Inoltre se considero la strisciante e crescente inquietudìne dei giovani, tali parole d'ordine mi sembrano una semplice razionaliz- . .zazione a loro suggerita, e un'espressione sem– plificante di un più ampio stato di disagio che ha nel rapporto con la scuola, e, attraverso essa, con la società, un momento importante, ma non certamente l'unico. Questo disagio, ca– muffato spesso da forme di vita consumistica ed edonistica, può essere dovuto non solo a cause evidenti come l'incertezza degli sbocchi professionali ed economici, ma a cause più profonde (paura del nucleare? droga?); in con– clusione questi giovani danno l'impressione a chi li osserva di vedere di fronte a sé più morte che vita. Da questo stato di disagio emerge oggi la protesta, come domani potrebbe emer– gere e non è improbabile che ciò accada, anche la rivolta. Ma per ora rapportato all'oggi, il mio discorso non può che essere soggettivo e impressionistico: non le paroie d'prdine della protesta mi sembrano importanti, perchè poco esaudibili, ma la scoperta della dimensione col– lettiva e l'abbandono dell'individualismo steri– le ed egoistico su cui le fone più retrive del co– siddetto riflusso post-sessantottesco avevano pesantemente contato, versando sul mondo giovanile fiumi di kitch, sentimentale, patetico, pseudo religioso, con la riscoperta di un priva– to da canzonetta. Taie dimensione collettiva se sarà organizzata e ben gestita potra avere ca– pacità contrattuale valida e vincente propo– nendo nuovi valori umani, morali e civili e im– ponendoli con la forza delle idee, e cioè politi– camente, alla controparte, la sempre sclerotica (anche se si presenta tollerante) società degli adulti, di cui anch'io sono parte. A tale movi– mento politicamente maturo servirà certamen– te l'esame critico di un'epoca appena trascor– sa, il '68, con i suoi errori e le· sue conquiste, conquiste che la mia generazione ha dovuto di– fenclere in questi anni giorno per giorno. La -che abbiamo costituisce, per tutti, poco meno che una sciagura? E' quello che vedremo. Una cosa, intanto, io so: che il gap fra la nostra scuola, dove l'obiettivo primario sembra essere il «pezzo di carta» (a proposito cosa aspettia– mo ad eliminarlo?), e il sistema della produzio– ne, dei commerci e dei servizi è ormai colossa– le; e che se quella giapponese non costruisce premi Nobel, sforna tuttavia manager e tecnici tanti quanti ne servo90, e quella americana premi Nobel, manager e tecnici quanti ne sono necessari· all'economia e alla società degli Sta– tes. E che, infine, tecnologie sofisticatissime, del valore di molti miliardi, oggi in certi settori · dell'economia nascono e muoiono nel giro an– che di 'sei mesi. speranza è quindi d'obbligo. Resta però sem– pre un margine di dubbio, ed è la cultura o me– moria storica del novecento a rende~ cauta. Mosse e Canetti e con loro altri pensatori ci hanno spiegato tutto o quasi sull'indole e la natura delle masse e questo tutto non sempre, direi meglio, quasi mai, è confortante. Ma di questo sono consapevoli, e non tutti, gli anta– gonisti, il mondo adulto; non i protagonisti di questo movimento, i giovani: per loro la storia comincia adesso. Auguri. ' Si confrontino con tutto questo, la nostra scuola e intero il nostro paese, e le vie della ri– forma saranno seriamente, e concretamente tracciate. Una riforma seria è 'possjbile. Ma a patto che non si voglia· tutto, e formare uno studente che sappia tutto. A patto che gli stu– denti (e così mi pare che sia) vogliano davvero
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