Fine secolo - 23-24 novembre 1985
Mi sembra che i suoi libri inaugurino una nuova lettura del famoso detto di Nietzsche «Dio è morto». Infatti essi permettono di uscire dal ni– chilismo e dal «pensiero negativo» che è germo– gliato su tale sentenza. E' a partire dal fatto che Dio è morto, dunque,,che l'uomo può comincia– re a vivere? Sicuro. A partire dalla morte di Dio non sol– tanto si comincia a vivere, ma - soprattutto - si comincia a leggere. Infatti Dio non esiste, ma la sua parola esiste, e la sua parola - come ho scritto ne Le Parcours - è la nostra. Questa parola è tanto forte, in quanto è la pa– rola del vero silenzio, della vera comunicazio– ne, che è fuori del tempo. E' questo che ci per– mette di avere un rapporto con l'impensato. Il pensiero può avanzare proprio perchè c'è sem– pre davanti a lui un impensato, che vuole esse– re capito nel per sé. Perciò l'impensato è qual– cosa che obbliga a pensare più forte, ogni vol– ta. Ad esempio: per pensare quésto tavolo·che abbiamo difronte, Io circosrivi, ma ciò non ti basta; vuoi pensare ciò che ci sta dietro. E il dietro è una forma dell'impensato, dell'invisi– bile. E' grazie a questo dietro, a questo invisi– bile, a questo impensato, che il tuo pensiero può ogni volta andare più lontano, essere più forte. L'impensato senzafine, E' forse qui che·si situa l'esperienza del deserto? Certo, perchè, per parlare, è sempre necessario uno .spazio vitale. Se ci mettiamo nel mezzo dell'universo, non possiamo più parlare. Se possiamo parlare è perchè siamo in uno spazio adatto alla nostra parola, al nostro soffio. Questo del testo, lo aveva detto anche Platone: si può parlare al vicino, ma non si può parlare all'umanità. Però - e qui sta l'esperienza del de– serto - se tu ti trovi in mezzo al niente, se ti tro– vi di fronte al cielo, alla sabbia, e all'infinito, che ne è della tua parola? Ti trovi in uno spa– zio così immenso, così vasto, che non hai più possibilità: la tua parola, allora, diventa una parola intima: e questo è il mormorio. Quando sai che nessuno vuol sentirti tu parli molto basso, e non è come quando vuoi parlare a qualcuno che se ne sta a venti mètri di distan- Edmond Jabès è nato al Cairo nel 1912. Nel 1957, in quanto ebreo, viene costrètto .a lasciare l'Egitto, e nel viaggiQ verso Pa- rigi perde tutta la sua biblioteca. I temi della sua opera si .ritrovano per intero in una biografia esemplare: l'ebraismo, l'e– silio, il libro. Da qualche anno i suoi testi IÌanno incontrato anche in Italia un vasto successo;: ricordiamo fra gli altri Il libro delle interrogazioni (Eliotropia, 1982), Dal deserto al libro: conversazione con M.Co– hen (Elitropia, 1983), li libro della sovver– sione non sospetta (Feltrinelli, 1984); oltre alla raccolta di interventi critici Edmond Jabès: la voce della scrittura (Sansoni, 1984), e Ca suit son cours (annunciato dalla Sansoni per il 1986). Il suo ultimo scritto, Le Parcours, è uscito nell'aprile di quest'anno presso Gallimard. Ne pubbli– chiamo in questo numero le ultime tre se– zioni, nella traduzione di Valerio Magrel– li. Jabès è in questi giorni in Ita lia. A Pado ~ va ha partecipato a una tavola rotonda.in– detta dalla rivista internazionale M edia · Messaggi, dall'Istituto Gramsci, e dalla ri– vista In forma di parole (Liviana editrice). Con Massimo Cacciari e Gianni Scalia, ha partecipato alla .discussione Alberto Folin che ha poi trascritto per noi una lun- ga conversazione con Jabès. · za: allora tu urli. Ma se, al contrario, tu sai che non c'è nessuno attorno a te, in quel momento non parli neanche. La tua parola è così bassa che ha la forza della parola più forte. Se perciò Dio è la parola del silenzio, Egli non poteva parlare che nel deserto, in questa nudità perfet– ta che è il di;serto. Egli non poteva gridare; e Mosé si trovava in ~n tale stato di ascolto, che è giunto a sentire ciò che forse non è stato nep– pure pronunciato. E' come se il silenzio avesse parlato al silenzio. • Nei suoi libri ricorre spesso la figura della sov– versione. In che cosa consiste, per lei, la sovver– sione? Prima di tutto la sovversione non deve essere sospetta.· Dove c'è sospetto non c'è più sovver– sione. In un mondo come l'attuale in cui la pa– rola è pronunciata in modo sempre più altiso– nante, declamatorio, più si parla basso, più si è di disturbo. Sta lì la vera sovversione. Allo stesso modo è sovversiva la domanda. Infatti chi interroga non urla mai, perchè è insicuro. La domanda che intende veramente sapere, è pronunciata timidamente e a voce bassa. Que– sta è una sovversione terribile. La domanda è sempre al di sotto dell'urlo. Il mormorio por– tato dalla domanda è timido lui stesso: è qual– che cosa che inquieta, come il silenzio. Ponia– mo che in un salone ci siano dieci persone che discutono, e una che se ne sta in silenzio: .bene, quest'ultima è di disturbo a tutti. Per questo la parola del libro è sovversiva: perchè è una pa– rola del silenzio. 11111111mJ1m~m11m11111mmmmmm11m11mmm11m11 ,1· 1 m m 1~ 1 Si è scritto di lei, che è un poeta mono-tono, nel senso che userebbe sempre la stessa sonorità. Si · riconosce in questo giudizio? Non sono per nulla d'accordo, perchè tutti i miei libri presentano un tono molto differente. Nei primi volumi del Libro delle interrogazioni domina il lirismo: in essi la scrittura è ampia, lirica. Piano piano essa si restringe, e nell'ulti- · nio libro, il settimo, la parola è talmente chiu– sa:da identificarsi con un punto. Tu sai che questi libri costituiscono un grande ciclo. Dopo i primi tre ( Le livre des questions, Le livre de Yukel, Le Retour au livre), che rac– contano la storia d'a1J1ore di Sarah e Yukel, con Yael e Elya la parola è interrogata unica– mente come parola dello scrittore. Anche lì c'è un racconto, che però non è mai raccontato. Un punto per titolo _Poi c'è un altro libro, che si intitola Aely: è il libro dello sguardo. Uno sguardo rivolto alla morte, che è, però, fuori della morte e della vita: che guarda la morte e la vita. Uno sguar– do terribile che è, forse, anche, lo sguardo del– la Legge. Infine c'è l'ultimo libro, che si intitola .( El, ou le dernier livre). Esso ha per titolo un punto. Qui il riferimento all'ebraismo, rispetto ai pri– mi tre è - à un tempo - presente e non presente. Poichè questi libri funzionano come dei cerchi aperti, in cui il centro è sempre più decentrato, ; - ~ con l'ultimo libro avrei dovuto tornare al pri– mo. Ma come fare, dal momento che ero arri– vato ad un punto, dove non c'era più la parola ampia, lirica, delle grandi frasi? Dovevo ritrovare la parola ampia: allora l'ho fatto ricorrendo alla parola tagliata. Non si tratta di un gioco di parole. Non ho niente contro i giochi di parole, ma - semplicemente - non l'ho mai fatto. Perchè la parola tagliata? Essa si è resa necessaria nel momento in cui dovevo dire, con una parola, ciò che doveva esser detto in diverse pagine. Uno dei primi ta– gli che ho operato è quello sulla parola com– mentaire (commentario), che ho scritto in due parole commen-taire: come tacere. Infatti tutto il problema del commentario è quello di sapere come si può tacere di fronte al testo, lasciando– lo parlare da solo: come si può parlare di un · testo senza violarlo; dunque, come parlare sen– za parlare. Ora per ritrovare la parola ampia dei primi libri, mi è venuta in aiuto la parola solitude, solitudine. Non si è trattato di una premeditazione. Que– sta parola mi è venuta incontro da sola, in un momento difficile. Improvvisamente, mi sono trovato di fronte a solitude, ed ho scritto queste due frasi: «Tout à coup le mot sol se détache du mot solitude, mais sol, plus tendre que l'acier, appelle confi– dentiellement le verbe solacier. Peuple de la so– litude, est-ce parce qu'on t'a privé du sol, que tu aspires a etre consolé?» {«D'un colpo la parola suolo si stacca dalla pa– rola solitudine, -ma suolo, più tenero che l'ac– ciaio, chiama confidenzialmente il verbo con– solare. Popolo della solitudine, è forse perchè ti hanno privato del suolo, che tu aspiri ad es- ' sere consolato?») .E' dunque, il ~uo, un messaggio di speranza, pur nell'accettazione della sofferenza? Nella domanda c'è sempre una speranza. Se noi viviamo è perchè sempre attendiamo qual– cosa: e questo qualcosa si può conoscerlo solo attraverso la domanda. Un giornale americano ha parlato di me come di uno scrittore nichili– sta. Non lo sono, perchè se fossi nichilista, non farei più domande. Nell'interrogazione c'è sempre l'attesa, ma si tratta di un'attesa senza riposo: una ricerca nel dolore. I· collaboratori di queston11mero di Fine secolo A questo e al numero precedente hanno variamente e decisi– vamente contribuito: Bnina Dal Ponte, Bruno Angelico, Anna Hilbe, Gianni Sofri, Claudia Della Corte, Paolo Costa– gliola, Raffaele Venturini, Luisa Palermo, Enzo Belforte, Ma– rina Terragni, Filippo Azimonti, Angelo Pepe, Tano D'Ami– co, Mimmo Pinto, Vito Barresi, Daniela Limoncelli, 'Edvige Ricci, Igi Capuozzo, Ornella Favero, Danilo Montanari, Elio Felice, Fiorenza Camuffo, Luisa e Luca Lombardini, Giusep– pe Di Piazza, Mao Valpiana, Carlo Bertorelle, Francesco Ca– taluccio, Carla Melazzini, Olga Panella, Alberto Berlanda, Teodoro §ala, Marina Rossi, Gianluca Loni, Michele Boato, Mariella Genovese, Romano Gattoni, Sandra Rizza, Michele Scamacca, Guglielmina Mattioli, Lucia Panfili, Gianni Cop– pola, Antonio De Marco, Francesco Costa, Piero Spila, Stefa– no Montesi, Paola Densi, Paolo Brogi,Dino Fracchia, La Ca– mera blue, Ida Aragona, Viola Papetti, Valerio Magrelli. Per un'ossessiva mancanza di spazio, in questo numero, sia– mo stati .costretti a non pubblicare contributi di Mariangela Sassu, Francesco Bòrtolotto, Bepi Baroncelli, Vasco Pigoffi, Silvano Tricoli, Roberto Rava.sio, Guido Marino, Franco Basso, Gianni Cianchi, Mario Mercogliani, Remo Brancac– cio, Franco Tozza, Anacleto Postiglione, Pasquale Longo, Al– fredo Mazzoni, Oaudio La Cara, Nicola Mantorani, Marina Bolletti. Non ce ne vogliano, per favore. Anche la tavola di 01 '79 -che proprio questa settimana ha vinto un importante pre– mio- è saltata infaustamente in extremis. Albèrto FOLIN vive e insegna a Padova, collabora ad Alfa– beta, ha organizzato mostre e scritto libri sulla cultura italia– na degli anni Trenta e Quaranta. Presso l'editore Bertani sta per uscire "Della poesia e del potere. Da Leopardi all'eresia". Margherita BELARDETII disegna e scrive spesso per noi. Così Calligaro e Vincino. Un bel volume di disegni di Calliga- ro è appena Ùscito, nei "Quaderni" del Centro studi e archivio della comunicazione, dell'Università di Parma. Il quaderno è introdotto da Vanja Strukeli e comprende· alcuni testi dello stesso Calligaro; e, naturalmente, i disegni, quasi un centi– naio, compresa una serie invidiàbile - per noi che viviamo di· bianco e nero.- di tavole a colori. Carolyn CHRISTOV BAKARGIEV redige la pagina degli appuntamenti d'arte. Curano Fine secolo: Nora Barbieri, Paolo Bernacca, che si occupa della veste grafica, Marino Sinibaldi, Adriano Sofri, Franco Travaglini. Abbiamo ricevuto fra l'altra posta la seguente lettera: Cari colleghi di Reporter, , non sono un esperto di letteratura canadese. Pure, ho tro– vato nella pagina dedicata ai poeti del Canada ("Fine seco– lo", Reporter, 16/17 novembre 1985) delle inesattezze piut- tosto gravi. Un po' troppo da principianti. · Innanzitutto, non si capisce perché si annoveri fra i poeti canadesi Malcolm Lowry, nato nel 1909 a Merseyside in In– ghilterra e scomparso nel '58 a Ripe, Sussex, sempre terri– torio inglese. Certo, Lowry visse anche per alcuni anni in Canada, ma questo non significa che fosse canadese. Non prese neanche la cittadinanza. Dunque, sarebbe come se scrivessimo che Umberto Eco, che passa molto del suo tempo negli Usa, è un semiologo statunitense. Né più né meno. Ora, universalmente conosciuto come scrittore "inglese", Lowry è autore fra l'altro del libro Buio come la tomba dove giace il mio amico e non Buio come la tomba dove giace il "tuo" amico, come scritto su "Fine secolo". ·Un'altra imprecisione: il poeta lrving Layton (nato in Roma– nia nel 1912, vive in Canada dal 1913, e quindi lui si, cana– dese) viene indicato come autore di un romanzo comparso in italiano col titolo Il freddo verde elemento. Non è cosi. . Quel titolo si riferisce infatti ad una scelta di poesie, curata e tradotta da Amleto Lorenzini nel 1974 per Einaudi, dal vo– lume The Col/ected Poem~ of lrving· Layton. Non solo. Non risulta che Layton sia autore di romanzi. Ringraziandovi per l'ospitalità, un consiglio, parafrasando Wittgenstein: su ciò di cui non si sa gran che, si deve tace– re. Cordialmente, Mario Fortunato. Risponde Viola Papetti: !I proto, che ci tiene ai lìUOiamici, ha sostituito tuo a mio. Malcom Lowry nacque in effetti in Inghilterra (Merseyside) ·e studiò a Cambridge, ma nell'ultima parte della sua vita si senti canadese e non disdegnò di comparire in. The Pen– guin Book of Canadian Verse, a cura di R. Gu~tafson, 1942, 1948 quarta ediz., ben nota nel mondo di lingua inglese. Se avesse voluto, lui stesso o i suoi erèdi avrebbero potuto sconfessare il curatore. Il freddo verde elemento è in effetti una raccolta di poesie, e mi scuso. (Chi voglia sentire l'altra voce del Canada, quella francese, può leggere la trad.uzione che ha fatto Amleto Lorenzini di 37 poeti assai interessanti, La poesia del Quebec, Salerno, Ripostes 1985). Viola Papetti Aggiungiamo noi: Fortunato tu? Fortunat i noi, con i!etori così atenti, come dice Witgenstein. FF.SS.
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