Fine secolo - 23-24 novembre 1985
Le ferrovie sono il termine prediletto di questo confronto fra Dio coi suoi vestiboli di anime morte, e l'uomo viven– te. L'homo faber di Schreber è un uomo ferroviario. In · una dantesca «congiunzione nervosa con Daniel F"ur– chtegott Flechsig», un presunto antenato che può intrat– tenerlo circa il suo contemporaneo Federico il Grande, Schreber ricambia informandolo delle ferrovie, di cui l'al– tro non è al corrente: «Fu per ine non privo di interesse fare il tentativo di dare a un'anima defunta/ ..~/un'idea di che cosa fosse una ferrovia e quale rivolgimento sia stato · provocato nei rapporti fra gli uomini da questa invenzio– ne». Dio ha creato gli uomini, ma sono gli uomini ad aver fabbricato le ferrovie; con i treni, Dio si comporta come con gli esseri viventi, ne ha «soltanto l'impressione esteriore» - e in fondo non è neanche tanto interessato a scoprirne il meccanismo interno. "Ferrovie elettriche" «Nel corso del tempo Dio si è accresciuto dei nervi di in– tere generazioni di uomini, ai quali tutti è familiare il si– gnificato della ferrovia. In tal modo Dio stesso ha acqui– sito la conoscenza del sistema ferroviario». Gli stessi «uc- · celli miracolati», che ignorano il senso delle parole, ma vanno pazzi per le assonanze (Santiago o Carthago, per loro cambia poco), e cascano continuamente nella loro trappola, vengono indotti a mescolare arbitrariamente parti di concetti distinti, come «luce elettrica» e «ferro– vie», e a ripetere «con una frequenza addirittura stupefa– cente e che esclude qualsiasi idea di puro caso, 'ferròvi elettriche'». La sovrapposizione fra il linguaggio della mistica e quel– lo della tecnica è costante - «stabilire un contatto», «met– tersi in collegamento» ecc. In un passo, Schreber addebi– ta al cattivo gusto del suo persecutore il ricorso a ùna ri– dicola terminologia modernizzante: «Le espressioni favo– rite dell'anima di Flechsig, in cui si manifestava la sua in– clinazione a sostituire le espressioni della lingua fondamentale atte a definire cose sovrasensibili mediante denominazioni qualsiasi che suonavano moderne e perciò sfioravano il ridicolo. Così la medesima anima amava anche parlare di un 'principio della telegrafia luminosa per definire l'attrazione reciproca dei raggi e dei nervi». Il carattere principale della «lingua fondamentale» è un certo arcaismo, evidentemente più consono, secondo Schreber, alla solennità e all'eternità delle cose sovrasen– sibili: e tuttavia, con una vena fantascientifica assai ap– prezzabile, il presidente fa abbondante ,ricorso all'espe– dien~ inelegante che qui sopra imputava all'anima di Flechsig. «Credo di ave trovato adesso una spiegazione Jl soddisfacente del fatto che le grida di aiuto siano percepi– bili solo da me, ma non da altre persone. Probabilmente ci troviamo di fronte a un fenomeno analogo a quello del telefono, cioè i fili di raggi gettati verso la mia testa ope– rano in modo simile ai fili del telefono, di modo che l'ef– fetto sònoro, di per sè non troppo forte, delle grida di aiuto, emesse evidentemente a distanza molto notevole, può venire percepito soltanto da me, allo stesso modo che soltanto la persona in comunicazione telefonica, ma non una qualsiasi terza -persona, che si trovi tra il punto di partenza e quello di arrivo, può udire ciò che viene detto attraverso il telefono». evocano Kafka e perfino Groddeck, e Io salvano per un pelo dal malaugurato sussiego di un Sarastro, l'impianto del suo delirio è peculiarmente massonico. Canetti, impe– gnato com'è a indagare sul potere, fa qualche torto allo Schreber perseguitato in nome del persecutore che egli avrebbe potuto essere appena pochf decenni più tardi. La folgorante definizione di Canetti: «Questo senso della po– sizione del paranoico è di essenziale importanza: si tratta sempre di difendere e di render sicura una collocazione supremamente elevata», prende forse meglio le misure del nostro SenatsPrasident se alla Potenza suprema si so– stituisce una nozione più dimessa, gerarchica e burocrati– ca dell'Imp<3rtanza sociale. C'è dunque una cordiale dimestichezza col repertorio del– la modernità tecnica, e insieme un'influenza di quest'ulti– mo sulla forma della malattia. I «pensieri rubati» del per– seguitato non sono gli stessi in un villaggio animista o in una società che maneggia raggi invisibili cui tutto è tra– sparente; Dio non «ti vede» allo stesso modo attraverso la fessura sul soffitto di una cattedrale, o i microfoni di-. rezionali e le t~lecamere nascoste, o i satelliti spia. L'in– sonnia del presidente Schreber, la sua «coazione a pensa– re», sono le difese di un uomo braccato, osservato, spia– to. L'«Ebreo errante» con cui Schreber viene identificato dalle voci, si muove, come il suo contemporaneo dei Pro– tocolli di Sion, sulla strada ferrata. Lei non sa chi sono io Ma con l'Ebreo Errante siamo già al centro della «guari– gione» di Schreber. Prima, occorre accennare rapidamen., te all'antipatia del Presidente. Nonostante il «buonumore» intermittente e i miracoli in– versi di comicità e di ironia compiuti da Schreber, che Piuttosto che un precursore del nazismo, Schreber è l'an– nunciatore e la vittima di una lacerazione nell'Ordine del Mondo, che minaccia il posto di uomini e cose. Il suo «disordine e dolore precoce» ha nostalgia per l'irrimedia– bilmente perduto «Esercizio della mia professione passa– ta, cui ero dedito con tutta la mia anima», come il profes– sore di Heinrich Mann per la sua cattedra scolastica, e il FINE SECOLO* SABATO 23 / DOMENICA 24 NOVEMBRE 3 professore di Thomas Mann per i domestici che sapeva– no stare al posto loro. «Massonico» è il senso dell'ordine e della posizione che ispira Schreber, così oltraggiato dal– la sua «cura» («...l'impressione che si fosse completamen– te dimenticato il mio ceto e l'alta posizione ufficiale, che avevo ricoperto in vita»), ed è lui stesso - nè ·si può so– spettare che gli sfuggano le associazioni - a bsservare di essere stato malato di nervi due volte, «la prima volta/ .../ in occasione di una candidatura al Reichstag, la seconda volta in occasione dell'eccezionale peso di lavoro che mi trovai a dover affrontare quando assunsi la carica/ .../ di presidente di Corte d'Appello a Dresda». Così è lui a menzionare «una lotta sorta dalla gelosia di anime». E «massonica» è l'intera costruzione mitologica, che tanto ha affascinato Jung, e il suo corredo di congiure, com– plotti e assassinii d'anime. (Non importa tanto che il pre– sidente Schreber sia stato affiliato a una massoneria, quanto-una affinità che può forse dal canto suo illumina– re inversamente la natura della vocazione maschile alla massoneria). Del resto buona parte delle visioni di Schreber, dalla sua cosmologià zoroastriana, alla concezione di Ormuzd e Ariman, e-lo stuolo di Genii al loro servizio, le pertinenze astrologiche degli spiriti ecc., attingono al repertorio oc– cultistico, iniziatico e massonico che era-stato sistemato all;epoca di Federico il Grande, così fréquentemente cita– ta .. Un padre quasi eccellente ' Il celebre saggio di Freud del 1911 (che tuttavia avrebbe avuto una risonanza minore se fosse stata possibile una diffusa lettura diretta delle «Memorie») avanzava un'ipo– tesi che sarebbe stata poi confermata clamorosamente, secondo cui una miglior documentazione ·biografica sul rapporto fra Schreber e suo padi:e avrebbe dato più pre– ciso conto della sua malattia. Ma, in attesa della docu– mentazione, Freud rischiava la cantonata: «Si può sup– porre che ciò che ha permesso a Schreber di conciliarsi con la propria fantasia omosessuale, e con ciò alla malat– tia di sfociare in una sorta di guarigione, è la coloritura nell'insieme piuttosto positiva del suo complesso pater– no, e il fatto che i suoi rapporti con un padre eccellente non erano stati negli ultimi anni turbati da ombra alcu– na». Supposizione ispirata più al rispetto d'obbligo per un padre celebre educatore, e inventore dei 'giardini Sèhreber', che a dati di fatto. Il successo postumo dell'interpretazione di Freud sta vi– ceversa nella dettagliata dimostrazione che il dott. Schre– ber sr. non era stato un padre eccellente. Del resto era un po' paradossale l'idea di Freud che Schreber fosse guari– to di una paranoia provocata da un'omosessualità rimos- sa nei confronti di suo padre grazie al fatto che in fondo - - aveva avuto un buon rapporto col padre: una specie di sdrammatizzazione del problema. Ma il problema resta anche una volta che si sia accettata la tesi simpatizzante di studiosi recenti (basta pensafè al manifesto ideologico contenuto nel titolo del libro di M.Schatzman, La fami– glia che uccide) secondo cui alle origini di un delirio di persecuzione si troverà una persecuzione effettiva. ~nche così, che cosa consente di regredire dalla mania di perse– cuzione a un più equilibrato rapporto con il resto del mondo? Si può forse dare più credito alla risposta di Schreber stesso. Schreber presenta il proprio delirio di grandezza come il risarcimento cf:ieè ragionevole aspettarsi per chi, come lui, sia stato tanto tormentato e sacrificato. La for– ma particolare e, questa sì, irreversibile, della compensa– zione è la trasformazione in donna. La fine del mondo Sulla fantasia di Schreber pesa l'ipoteca dell'interpreta– zione di Canetti: è il fantasma del sopravvissuto, dell'uni– co uomo che si asside sulla distruzione di tutti gli altri. La tesi di Canetti è forte quanto arbitraria, sicchè è diffi– cile e controproducente confutarla. Sta di fatto che ridu– ce deliberatamente il caso Schreber a un episodio della generale casistica del rapporto fra massa e potere, con una lettura altrettanto unibterale che quella di Freud. ------------------------------------------------------------►
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy