Fine secolo - 9-10 novembre 1985

/ ' brachilogia come forma filosofica, quella bre- «E' uscito nel 1977 da Einaudi col titolo Stan- vità che Benjamin raccomanda per antifrasi ze, la parola e ilfantasma nella' cultura occuien– nei suoi "principi per scriveremattoni". E an- tale. Era il frutto di un immenso !l!,vorodi ri– che Platone, nella Settima lettera, un testo su cerca nelle biblioteche di Parigi, di Londra, di Cl;ll avoro da tempo, dice che nella filosofia è Roma, su testi di ogni specie, dai padri della in questione qualcosa di misura così breve, ché chiesa al catalogo dell'Esposizione universale non puoi in nessun caso dimenticarlo». di Londra. Gran fatica, ma anche gran diverti- Per questo nel libro ti sei proposto di rinunciare alle note? mento. E' in quegli anni che sono andato più vicino a una pratica filologica in senso stretto; ma è anche in quel periodo che cominciai a mi– surarne i limiti. C'è, in ogni lavoro filologico originale, un elemento materialistico (il contat– to immediato coi testi e coi documenti) e un elemento magico (Benjamin ne parla in un car– teggio con Adorno). Come ogni autentico filo– logo sa, la loro compenetrazione è tale che di– stinguerli diventa a un certo punto impossibile. E questa compenetrazione è il fascino della ri– cerca, ma anche il rischio che essa contiene. «Proprio perchè la poesia, come la filosofia, è essenzialmente un'esperienza di linguaggio, anzi un'esperienza del linguaggiocome tale, di ciò-che è in questiohe nell'uomo per il fatto stesso di parlare, il luogo in cui si situa il sog– getto che parla dev'essere estremamente chia~ ro. Le note, le virgolette, il rinvio bibliografi– co, il "si veda", rimandano a un soggetto del sapere arroccato come un ventriloquo dietro il soggetto parlante, come se fosse possibile par– lare da due luoghi nello stesso tempo. Per que– sto la prosa accademica corrente è così spesso infelice, divisa com'è fra un'autentica esperien– za della parola, che non può avere nulla da · Per questo il filologo che sia andato veramente al fondo della sua pratica ha bisogno della filo– sofia, deve a un certo punto (l'esperienza di Nietzsche lo insegna) diventare filosofo». dire prima di misurarsi con la parola, e l'arroc- Riprendiamo ia storia della ·tua carriera. Hai la– camento in una posizione di sapere. E per que- vorato da Einaudi. sto la poesia non ha note (anche se da.Montale «Sì, per qualche tempo, come consulente. Con in poi essa è arrivata a un uso particolare delle- Calvino e Claudio Rugafiori mettemmo insie– note a fine volume, in un senso del tutto diver- me anche il progetto per una rivista, che ho so)>}.. pubblicato in appendice al mio terzo libro, In– Qual è stato il tuo primo libro? «L'uomo senza contenuto, uscito nel '70 da Riz– zoli. L'esigenza di una diversa esperienza del– l'arte, al di fuori della sfera tradizionale dell'e~ stetica, era un po' il filo d'Arianna del libro, che ricostruiva la scissione fra artisti e spetta- . tori e le vicende dell'opera d'arte nel mondo moderno dalla sua secolarizzazione fino al suo autoannientamento. Ma al centro del libro sta– va una lettura incrociata di Heidegger, di Marx e della Arendt alla ricerca di un nuovo statuto del "fare" e della produzione umana, il cui senso, dopo là sua determinazione moder- · na come "lavoro", si è completamente trasfor– mato, anche se manchiamo di categorie ade-· guate per pensarlo. In questo senso ·il fibro conteneva già tutti i motivi del libro successi– vo. In un certo senso i miei libri sono in verità un unico libro, che, a sua volta, è solo una spe– cie di prologo a un libro mai scritto e inscrivi– bile. Proprio in questi giorni le ultime copie dell'Uomo senza contenuto stanno andando.al macero. Comunque è anche grazie a questo li– bro che feci a Parigi la conoscenza di Italo Cal– vino, che l'aveva letto». Il secondo libro? fanzia e storia. Era un tentativo di individuare alcune categorie portanti della cultura italiana, per esempio 'Architettura-vaghezza', oppure 'tragedia-commedia', o 'filologia-diritto'. Il li– bro successivo, Il linguaggiq e la morte, uscito da Einaudi nel 1982, era la rielaborazione di un seminario sul lu~go della negatività, tenuto con l!,lcunigiovani napoletani làureati in filo– sofia, tra il 1979e il 1980. Si partiva dalla defi– nizione dell'uomo come dotato della facoltà di parlare, e di morire. Ci incontravamo a Roma, a Siena, a Capri. Senza lo schermo dell'univer- · sità, il rapporto di studio comune è meno am– biguamente accademico, più apertamente di amicizia». Torniamo a Benjamin. Tu ne curi le opere.per Einaudi. «Ne sono usciti 3 volumi, nella collana 'Lette– ratura', in ordine cronologico; ora sta uscendo il quarto, che cronologicamente è l'undicesi– mo, che comprende l'opera postuma, un im– menso corpo di frammenti. Poichè si sa che i 'Passagen' erano composti come un 'montag– gio', si è equivocato, prendendo Wmateriale accumulato della Forschungsweise, la ricerca, come quello della Darstellungsweise, la stesu- · FINE SECOLO* SABATO 9 / DOMENICA 10 / ra, l'esposizione. E' molto probabile che il ma– rtoscritto,maggiòre sia andato perduto durante la fuga attraverso i Pirenei, Neil'edizione tede-· sca, che rioi abbiamo almeno in parte dovuto seguire, non si sono distinti i frammenti riguar– dan.ti l'opera su Baudelaire». Tu hai trovato manoscritti importanti di Benja– min a Parigi. Com 'è andata? · «Cercavo tracce di Benjamin nella corrispon– denza con Bataille, e mi imbattei in una lettera di Bataille a un amico, conservatore alla Bi– blioteca Nazionale, che lo pregava di recupera– re una busta con manoscritti di Benjamin la– sciata in deposito durante la guerra. Mano– scritti depositati da Bataille erano stati ritirati e consegnati ad Adorno già molto prima della data di questa lettera, che dunque doveva ri– guardarne altri. Chiesi, ma nessuno, neanche il· destinatario, ormai pensionato, seppe dirmi niente; solo C,opoun ·mese di ricerche vennero fuori due grosse buste rimaste in deposito pri– vato della moglié di Bataille, dopo la sua mor– te. Puoi immaginare con che emozione aprii quegli involucri. C'erano alcuni sonetti scritti dopo la morte dell'amico di gioventù e poeta Heinle; e poi una gran mole di testi degli anni Trenta. Ne·feci una catalogazione provvisoria: tuttavia la prima pubblicazione spettava, e spetta ancora, per ragio_nidi diritti, alla Su- · hrkamp. Nòn· è mancata, nella vicenda d,ella pubblicazione di Benjamin, qualche sùperflua gelosia nazionale e professorale. Sempre a Pa– rigi, ma in diversa circostanza, ho trovato an– che il dattiloscritto originale delle Testsulla fi- losofia della storia».. · Qual è stata la tua formazione classica di filolo– go? «Nessuna, accademicamente. Per il latino e il greco, c'è stato un ottimo liceo, e una ripresa più_tarda da autodidatta. Ho seguito più orga– nicamente studi di linguistica:generale, Benve– niste, Meillet>i- Abbiamo abbozzato una biografia decisamente cartacea. 'Qualchefatto nella tua vita ci dev'es– ser stato. Per resiare discretamente a quelli pub– blici, hai nel tuo carnet una partecipazione al. 'Vange/o'.di Pasolini. «Sì, ero l'apostolo Filippo. Avevo conosciuto Pasolini attraverso Elsa Mòrante. Lavorare nel film non mi piacque molto. 'Non ero del tutto convinto di quel Vangelo, della figura del. Cristo. E-poi quei tempi morti, le attese di ore che sono proprie del cinema, e di quello in par– ticolare, abbastanza disorganizzato». E' la seconda volta che parli di un 'insofferenza alla lentezza. Eppure non hai l 'aria.di una perso– na dai ritmi fulminei ... «Già, del resto il mio motto prediletto é il 'Fe– stina lente', pazienza e impazienza insieme. Di qui l'immagine nel controfròntespizio delmio ultimo libro. Anche nel film, poi, il Cristo ri– sultava velocissimo». Tu sei persuaso dell'eccezionalità dell'uomo come. animale parlante. ' «Sì, però solo· in un certo senso. Il linguaggio umano, rispetto a quello degli altri animali, non è interamente iscritto nel codice gei:ietico ed è invece legato a una tradizione esoso_mati– ca. Il linguaggio avviene all'infante dall'ester– no, storicamente, e se egli non è esposto al lin– guaggio entro una certa età perde per sempre la possibilità di parlare. Ma per questo il lin– guaggio anticipa anche sempre il parlante, lo priva per così dire della sua voce (il linguaggio umano non è mai voce, come quello animale) e pÙò diventare la sua prigione in una misura sconosciuta alle specie animali. Ma è anche la sua unica possibilità di libertà. Per riprendere l'immagine di Wittgenstein, l'uomo sta nel lin– guaggio come una mosca intrappolata nella bottiglia: quel che egli non può vedere è pro– prio ciò attraverso cui vede il mondo. Tuttavia la filosofia consiste appunto nel tentativo di aiutare la mosca a uscire dalla bottiglia, o, al– meno, a prenderne coscienza». C'é un rappor.tofra questa ricerca sul linguag– gio e la politica? «Un rapporto fortissimo: il linguaggio_ è il co– mune che lega gli uomini. Se questo comune è concepito come un presupposto, diventa qual– cosa di irreale e di inattingibile, di cui il singo– lo non può mai venire a capo, che lo si .conce– pisca come nazione, come lingua o come razza. Qualcosa, cioè, che è già· stato e,· come tale, può solo esistere nella forma di uno Stato. L'u– nica esperienza politica autentica sarebbe inve– ce quella di una comunità senza presupposti, che non può mai decadere in uno stato. Non è facile pensarla, ma si può pensare, per certi aspetti, alla comunità cristiana primitiva, che solo dop,o circa due secoli, quando si rese con– to ae1 ritardo ormai irremediabile della parou– sia, creò :il canone neotestamentario come un "depositò" da trasmettere. Le tradizioni fun– zionano sempre come presupposizione di ciò che vieneitramandato. Veramente umano e fe– condo sarebbe invece venire a capo di questo presupposto>>. I collaboratori d qu~ nwnerodi Finesecolo La copertina di questo numero sarà una copertina dei miei stivali, ma è pa- triottica. · Questo inserto ha contato pressochè per intero sulle forze di Reporter. Toni CAPUOZZO ha 37 anni: era dunque ora che scrivesse su Fine secolo. Luca FONTANA, corrispondente.da Londra e Giovanni FORTI, caposervi– zio degli esteri, sono invece recidivi in questa sede. Ornella FAVERO e Roberto MORINI vivono a Padova. Lei insegna, e sì oc– cupa di cose russe. Lui è fisico, e si occupa di cose d'arte. OL'79 e Vincino collaborano regolarmente con Fine secolo. Carolyn CHRISTOV BAKARGIEV cura settimanalmente la rubrica degli appunt:nnenti d'arte. HannQ variamente contribuito Alberto Berlanda, Igi Capuozzo, Paolo Cesari, Carlo Federici, Guglielmina Mattio,i, Minas Minassian, Stefano Montesi, Carlo Panella. · Curano Fine secolo: Nora B~rbieri, Paolo Bernacéa, che si occupa della veste grafica, Marino Sinibaldi, Adriano Sofri, Fra.neo travaglini. .· · Per dissesti dell'ultima ora nell'organizzazione dello spazio, mancano in que-– sto numero la pagina di Calligaro e quella di poesie. - Questo inserto è curato da pochissime persone. Per quanto esse desiderino es– sere gentili, non ce la fanno a smaltire la sempre più voluminosa corrisponden– za, di cui peraltro si rallegrano. Autori e lettori vogliano trattarli con indul– genza, e pon attribuiscano in alcun caso il ml!ncato riscontro della pubblica– zione o della risposta a pigrizia o sussiego o indifferenza. In particolare ci scu– siamo coi poeti, singolarmente e confortantemente: numerosi.

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