Fine secolo - 9-10 novembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 9 / DOMENICA 10 NOVEMBRE 26 smo sovietico: e Leonid Breznev, per esempio, ci ha dato un fortunato erede, il figlio Jurij che veniva in Italia a trattare affari d'oro (e in cambio chiedeva omaggi di lin~ottini, pure d'oro), e anche Gromyko ha una fèliee discen– denza nella persona de.Ifiglio Anatolij, che do– veva essere a capo della delegazione mancata di Erièe '85. · Ma Vladimir Aleksandrov non ha un grande padre. Solo dei genitori adottivi, non meno po– tentì, che l'hanno spedito per il mondo a curio– sare. La scientificità invece, · per ora, anno _1977,è quasi solo un progetto: ne troviamo appena qualche traccia nel seminario del CNEN su "Problemi relativi a nuovi metodi di calcolo", a cui partecipa nell'aprile del '77, e pochi ricordi tra i suoi colleghi italiani, ai quali . vero che il plasma vive allo stato naturale solo pareva più un appassionato di musei e buona musica che un "maniacale" del mondo della nella ionosfera, ma lo studio delle sue applica– scienza. zioni si lega molto di più alla sua riproduzione in laboratorio che alla sua presenza in natura. A vederlo poi, a qualche anno di distanza, al tavolo della presidenza della conferenza di Eri- . C'è però quella formazione di base in dinamica ce con l'accademico sovietico Velikhov, sem- dei fluidi che sta a garantire ad Aleksandrov la brerà così ai vecchi amici di Frascati di vedere padronanza di alcuni strumenti di lavoro, la fianco a fianco "il gigante e il nano": dove il possibilità di parlare di queste cose, pur nuove. g igante però è Velikhov, g·rand'uomo di scien- Dopo l'Oregon è fa volta di Boulder, Colora– do. "He wasn't a scieritist: he was a technolo– za, e il nano è Vladimir, grande e grosso, ma modesto scienziato. gist",. ricorderà con sicurezza sette anni dopo Stephen Schneider, uno dei maggiori esperti di Uno strano Bernacca L'Oregon è uno degli stati meno popolosi degli U.S.A. La costa è quella del Pacifico: poche centinaia di chilometri più a nord, siamo già in Canada. Qualche centinaio di chilometri più a sud c'è San Franèisco. Che non è solo West Coast: è Berkeley,.è San Josè, è Silicon Valley. E' aria di computers. E' .infine, Lawrence Li– vermore National Laboratory, uno dei dieci centri di ricerca informatìca in cui si gioca con il futuro del mondo. Vladimir riuscirà ad ap– prodarvi al culmine della sua carriera. Ma per ora, la strada da percorrere è ben più lunga di quelle poche centinaia di chilometri. E' dunque a Corvallis, alla Nationaf University dell'Ore– gon che mette piede, dopo uno scalo tecnico a New York, agli inizi del 1978. Qui viene tenuto a battesimo un nuovo Aleksandrov, espertojn scienza del clima. Quarant'anni sono tanti per l'occidente, dove un ricercatore esperto sta fra i 30 e i 35 anni; sono pochi per l'URSS, dove il ·dottorato arriva tardissimo. E' questo uno dei motivi per cui ha deciso di passare dai plasmi alla climatologia: dovrà scontrarsi con la con– correnza di un Kiril Kondrat'ev, ma ha dalla sua l'ottima conoscenza dell'informatica. E più ancora la capacità di ràppresentare in occiden– te il mondo sovietico in modo radicalmente · nuovo. "E' il primo sovietico west style che ho incon– trato", ci racconterà anni dopo Lawrence, anzi Larry Gates, direttore dell'università dell'Ore– gon. Girando intorno alla California "Venne da noi la prima volta all'inizio del 1978, non ricordo con esattezza quando", pro– verà a ricostruire Gates. "In quella occasione si fermò solo per una quindicina di giorni. No'. no, il.suo nome non era stato proposto da noi: le delegazioni di scienziati sovietici erano scelte sempre da loro, e lo sono ancora. Non ci chie– dono nemmeno un parere. E poi non avrei nemmeno potuto proporre il suo. nome, asso– lutamente sconosciuto nel ristretto mondo dei climatologi. Eppure, avendolo incontrato in quegli anni a più riprese posso dire con tran– quillità che era un buon scienziato, specializza– to in modelli atmosferici di simulazione del cli– ma e metodi di calcolo numericq". Gates pro– babilmente si formerà questa convinzione nelle visite successive, più lunghe. Pcrchè Vladimir Valentinovic Aleksandrov, in quei primi mesi del 1978 è un climatologo alle prime armi. E' climatologia dell'Università di Boulder. Quat– tro mesi insieme non sono pochi: "Lo ricordo benissimo: nel '78 venne al National Center for Athmospheric Research, quando le relazioni fra scienziati sovietici e americani erano deci– samente migliori di adesso. Ricordo benissimo anch!! una lunga discussione, fino a notte inol– trata fra Aleksandrov e un russo emigrato. Li avevo invitati insieme a una cena davantì a un barbecue e non cessarono un attimo di discute– re, di scontrarsi. No, dal punto di vista scienti– fico non era certo un top, nè lo era quando lo incontrai diversi anni dopo, in occasione di un giro di conferenze negli States sull'inverno nu– cleare. Eravamo nel gennaio del 1985 e non era più il tecnico di sette anni prima, ma non era nemmeno un 'leading scientist'. Era una perso– na molto piacevole, molto simpatica. E' stato anche per questo che mi sono ricordato di lui per quella conferenza sull'inverno nucleare: i suoi calcoli non differivano di molto dai no– stri, ma alcune differepza c'erano. Mi era sem- · brato interessante fare un confronto". Ma il tecnico di computers, esperto, come . dirà Schneider, in "computer modeling", in simula– zioni al computer, era appena all'inizio del suo tirocinio come climatologo, in quell'estate del '78 sui monti del Colorado. E, se Boulder dista da San Francisco più dell'Oregon, il National Center for Athmçsperic Researçh non è così lontano dal Lawrence Livermore National La– boratory: dista solo cinque lunghi anni. Ancora coccole sulla Moscova Vladimir torna da Boulder con una gran carta: il modello di sistema climatico sviluppato a Los Angeles da un gruppo di ricercatori ameri– cani, di cui fa parte Schlesinger e in cui ha avu– to un ruolo determinante Gates. Non c'è nien– te di segreto - la RAND Corporation ha pub– blicato sva·riati documenti su questo modello - ma l'aver conquistato la possibi/ità di tornare nell'Oregon e soprattutto nel Colorado, dove ha sede il centro informatico che si occupa per tutti gli Stati Uniti della ricerca sull'atmosfera, è il fiore all'occhiello portato con le fotocopie delle edizioni RAND. . Buoni vqti e promozione sicura, a .Mosca. Il suo computer non è particolarmente potente. Anzi. Ma, come dirà lo stesso Schlesinger, "il motivo per cui lui aveva scelto il nostro model– lo era che un grande gruppo a J\1osca studiava un modello globale di ecologia terrestre e ave– va bisogno di un .sistema climatico: il nostro modello era quello che meno di tutti richiedeva l'uso del computer''. · Il '79 è anno di meditazione e di studio~ il sede– re di Vladimir resta sulla sedia. Quando, nel 1980, tornando prima all'Univer– sità dell'Oregon e poi al National Center of Athmospheric Research di Boulder, ha qual– che freccia in più al suo arco di uomo di scien– za: "Lui ha preso queste informazioni, quei d9cumenti della RANQ Corporation pieni zeppi di dati, quei modelli matematici, ha mes– so tutto nel computer ed è arrivato qui nell'80 con quettabulati", ci racconterà Schlesinger. Nel ricostruire, cinque anni dopo, quei sei mesi di permanenza negli stati del nord-ovest, lo scienziato dell'Oregon si contenderà il privile– gio di averlo ospitato a casa propria con John Wallace, professore all'Università di Seattle, Stato di Washington. L'uno e l'altro conferme– ranno che alla fine di quel soggiorno è rag– giunto dàlla moglie e dal figlio adottivo negli Stati Uniti: la famiglia così ricomposta·- ma la figlia era rimasta a Mosca: ostaggio burocrati– camente necessario anche per il più fidato di– pendente - desta lo stupore di ·Larry Gates: "Poteva muoversi come voleva, molto libera– mente. Sarebbe stato impossibile controllarlo: andava di qua e di là, girava, non stava mai fermo. Ma la cosa più strana è che la moglie era libera di raggiungerlo". Eppure Wallace, quasi confessando come propria la colpa di un amico in cui ha riposto la più totale fiducia, si lascerà sfuggire che "effettivamente la 'sicurez– za' si è occupata di lui, gli mettevano sempre qualcuno alle costole". Ma il suo compito principale non è - non è an– •~ora - quello di. rubare informazioni segrete: ,Jer ora deve solo .farsi un nome. La cautela, dall'una e dall'altra parte non è mai troppa. E quando, all'inizio dell'83, nel corso di un nuo– vo viaggio nel triangolo Oregon-Colorado-Sta– to di Washington, alcuni scienziati americani porranno il pr.oblema del suo libero accesso, il direttore della Athmosperic Division of the National Science Foundation, Bierly, ordinerà un'inchiesta sui suoi passaggi precedenti. Vla– dimir ne uscirà pulito. "Ho trovato - riferirà Bierly con precisione amministrativa - che in• effetti sia nel '78 che nell'80 non aveva -mai usato direttamente i computers: preparava solo i programmi ed era sempre con altra gente nella sala-computer". · Sclesinger la pensa diversamente: "Nel '78 e nell'80 aveva libero accesso ai computer, ma sapevamo benissimo a cosa stava lavorando". E c'è Richard Turco, uno dei massimi esperti di scienza dell'atmosfera, professore a Marina del_Rey, California, che nell'80 non ha ancora incontrato Vladimir, ma cita numerose fonti dirette: "solo più tardi, dall'83, è sorto il pro– blema di controllarne l'accesso ai computer. Prima di allora non c'era quasi nessun control– lo". Non ce n'è bisogno. Aleksandrov è un cli– matologo-spugna. Impara ciò che può e poi ha due anni per studiarsi bene la parte,_di nuovo a Mosca. Di nuovo in famiglia. In tutti i sensi. Sono gli anni duri e poco gratificanti in cui si costruisce l'uomo da copertina: niente viaggi all'estero, niente pubbliche rela~oni. Addirit– tura niente congressi internazionali nemmeno in patria. Lo Surdo lo cerca insistentemente quando, nell'82, si reca a Mosca per un con- .gresso. Vladimir è fra gli iscritti, ma non si vede. In quel settembre dell'82, è troppo preso dai suoi imminenti programmi: un volo a Wa– shington di qualche giorno, per un congresso insieme a Velikhov, e poi il tuffo nella gloria. Nasce l'operazione "inverno nucleare". Che succede dopo il "day after"? A voler prender'larga la genesi dell'inverno nu– cleare si può addirittura tornare indietro fino a 70 milioni di anni fa, periodo cui si fa risalire J'improvvisa estinzione dei dinosauri. Una ipo– tesi la attribuisce all'impatto della terra con un grosso asteroide: le conseguenze sul clima sa– rebbero state tal.mente traumatiche, da -far Erice, la presidem.a del quinto seminario sulle guerre nucleari. Da sumtn a destra: E. Wigner, Q. Jiadoog,J. Ecdes, G. Andreotti, A. Zidùcbi fm piedi"), E. Teller, J. Rojo AJamnos, M. Genes. Aleksandn,y nonc'en più. scomparire la razza animale che dominava da 130 milioni di anni il pianeta. Lo studio di que– sto modello di catastrofe ben si prestava a can– didarsi come modello per un'altra catastrofe planetaria, queIJa della guerra nucleare. Negli anni '70 si aggiunse il modeIJo di un altro even-" to catastrofico, molto più vicino a noi: quello dell'eruzione vulcanica. Furono i risultati di questi studi che fecero nascere l'idea che fosse possibile studiare gli effetti sull'ecosistema ter– restre di un conflitto nucleare globale. Ma di qui alla nascita dell'inverno nuctéare come teo– ria da dare in pasto ai media, il passo è ancora lungo. Per studiare gli effetti di un "global nu– clear exchange", come dicono gli addetti ai la– vori, bisogna fondere insieme due tipi di studi. Da una parte è necessario costruire uno scena– rio, valutare qual è l'energia messa in campo da piccole e grandi potenze, determinare il tipo di fenomeni che essa causa - esplosioni, ince-ndi di città e foreste - cercare di localizzarli, defini– re i prodotti chimici e fisici di questi fenomeni. Dall'altra si tratta di utilizzare tutte queste in– formazioni come dati iniziali da inserire in un modello matematico che studi l'evoluzione at– mosferica nel tempo, basandosi sia su modelli di modificazioni climatiche planetarie realizza– ti per gli studi meteorologici in condizioni nor– mali, sia sulle modificazioni che anche su que– sti modelli climatici verrebbero indotte da un conflitto nucleare globale. Chiamiamo brevemente scenario il primo e modeJio il secondo. Il primo scenario proposto all'attenzione mon– diale fu il risultato di uno studio promosso dall'Accademia delle Scienze americana e pub– blicato nel 1975. Ma i modelli in circolazione non erano ancora nè completi nè particolar– mente affidabili. Quando, a cavallo fra anni '70 e '80, cominciano ad essere utilizzati mo– delli in grado di descrivere i fenomeni atmosfe– rici per tutta la biosfera e contemporaneamen– te gli studi sulle eruzioni vulcaniche e sugli im– patti con un asteroide hanno fatto notevoli passi avanti, lo scenario reale - potenza reale accumulata, sue forme di utilizzazione - è radi– calmente mutato. Ci furono, ..comunque, in quegli anni alcune prime ipotesi: esse si limita– vano essenzialmente a mettere in guardia da due gravi fenomeni del dopo-scontro, e cioè il perdurare di un inquinamento radioattivo e una grave modificazione di quello strato del– l'atmosfera che viene chiamato ozonosfera, che avrebbe portato fino a terra quelle radia– zioni a frequenze più alte della luce visibile che oggi sono bloccate prima di raggiùngere il suo– lo e noi, come la radiazione ultra-violetta. Ne11'82 la rivista scientifica svedese AMBIO pubblicava un numero monografico su questi temi. Esso conteneva fra l'altro una puntale ri– costruzione del nuovo scenario che, dall'analisi delle forze in campo, arrivava fino a descrivere particolareggiatamente gli effetti immediati del conflitto. Tutti i modeJli proposti fino ad oggi si basano proprio sullo scenario AMBIO. Che freddo, dopo la bomba! Nascono sulla base di questo scenario i primi studi americani e tedeschi. Ma né agli uni né agli altri viene in mente di andare a curiosare nel centro di elaborazione dati di Bouldér, Co– lorado, dove Larry Gates ha messo a punto un interessante modello di simulazione fluidodi– namica della biosfe~a, e dove invece va a ficca– re il naso il nostro Aleksandrov. I primi grossi lavori sull'argomento si servono quindi di mo– delli basati sullo studio dei vulcani, in genere modelli a una dimensione, che cioè::analizzano i vari fenomeni solo rispetto all'altitudine. E' il caso del famoso 1T APS, una simulazione· del dopo-guerra nucleare che prende il ncme dalle iniziali dei cinque studiosi americani che l'han– no realizzata: Turco, Toon, Ackerman, Poi– Jack e Sagan. Se escludiamo il primo e l'ulti– mo, gli altre tre, la maggioranza, sono ricerca-

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