Fine secolo - 19-20 ottobre 1985
Sandro Antonlazzl Lo sbocco politico e la culturadellasinistra Anche se l'occasione prossima di questo con– vegno,l'apertura di una istruttoria, non è tra le più felici, l'incontro promosso da Democrazia Proletaria è di grande rilievo politico e cultura– le perchè apre un dibattito di cui questa gior– nata deve rappresentare l'inizio. Manchiamo infatti di una seria riflessione su queglj anni, e non è solo problema di amnesia, di pentitismo, ma credo anche di censura e di autocensura al– l'interno della sinistra. Potremmo fare un'ope– razione culturale rivolta a circoscrivere il più possibile il periodo e l'argomento. E' giusto ri– chiamare la situazione storica: negli anni attor– no al '75 i pericoli di golpe, le stragi e gli eccidi -ricordiamo tutti impuniti-, la presenza delle bande fasciste erano fatti reali. Facciamo bene ad affermarlo con forza come ha fatto la rela– zione di Mario Capanna: anche se penso che questi dati non esauriscano il problema, perchè tante altre domande dobbiamo porci, come mai allora poi l'Autonomia, come mai il terrorismo, come mai tanti compagni hanno abbandonato la politica. Io penso che se par– liamo poco tutti di quel periodo sia per due motivi. Il primo è che il '68 contiene enormi elementi positivi, anzi a mio parere rappresen– tauna data storica, uno spartiacque fondamen– tale nella storia dèl nostro paese; ma insieme contiene evidentemente anche dei limiti, degli elementi negativi. Mi sono fatto tanto volte la domanda come mai un'esperienza storica così importante non abbia avuto un pieno ricono– scimento nell_'ambito della sinistra, del movi– mento operaio, ho fatto a volte un confronto tra quella che è stata l'acquisizione dell'espe– rienza della Resistenza nella storia del movi– mento operaio, e invece il '68 -che è una cosa appunto minimizzata e scarsamente ricordata– io penso che sia dovuto anche a questo miscu– glio. E' prevalso un atteggiamento per cui un po' tutti tendiamo a lasciare agli storici -quelli che aprono gli archivi 50 anni dopo, quando non c'è più nessuno di mezzo- una questione di tale importanza. Ma questa preoccupazione di riaprire il passato, se lascia in ombra qualche elemento negativo, io credo anche non consen– ta di recuperare tutto il positivo di quellà pas– sata esperienza. Io credo che la risposta mi– gliore, sia il più ampio dibattito politico. Ri– mango convinto dunque che la mancanza di una discussione seria sul passato rappresenti anche un profondo limite oggi, anche nella po- litica attuale, anche nella carenza di prospetti– ve per quanto riguarda il nostro futuro. E-in secondo luogo credo che una riflessione sul '68 richieda -e per! questo è anche difficile- una franca 1 rigorosa discussione non liquidatoria, non modernista, non quella che pretendono i nostri avversari, ma una discussione profonda della cultura della sinistra. Qual è il problema vero a metà degli anni '70? Quello di dare una risposta alla destra e ai ten– tativi neofascisti certamente, ma io credo an– che quello che ci ponevamo di come andare avanti come sinistra, di quali erano gli obiettivi della sinistra. Sono gli anni in cui il movimen– to si trova di fronte a delle-scelte: c'è chi ritiene che bisogna alzare il tiro -e si arriverà poi a tutte le conseguenze che sappiamo-, c'è chi pensa che il movimento non può durare così in perpetuo, all'infinito all'interno degli stessi schemi, e che occorre decidere degli sbocchi politici. Qualcuno lo pensa nelle formazioni politiche tradizionali, qualcuno lo pensa elabo– rando, progettando, dando vita a nuove for– mazioni politiche; penso che anche il sindacato si sia trovato di fronte agli stessi problemi ... Tante critiche che sono poi arrivate al sindaca– to ... avevamo un movimento elevato ma all'in– terno delle fabbriche io credo che non ci fosse più spazio di quanto abbiamo raggiunto. Il problema per tutti era lo sbocco politico. Il momento in cui si pone seriamente anche per il sindacato la questione di agire come soggetto politico -non voglio fare qua tutta questa sto– ria che pure sarebbe importante dire un gior– no, ma dire che quell'esperienza di unità sinda– cale, quell'esperienza di sindacato-soggetto po– litico, è stata non solo un fatto necessario, ma anche un fatto che ha rafforzato tutta la sini– stra, certo soprattutto il parti_tocomunista che rappresentava la formazione più forte, ma tut– ta la sinistra, nelle avanzate elettorali e nella forza reale che aveva nel paese. Io non credo, a differenza di altri, che si possa parlare di una sconfitta di quella nostra esperienza. Io penso certo che ci siano stati dei limiti notevoli. E il limite fondamentale credo che sia stato questo: non siamo riusciti a trovare nuovi modi, nuove forme attraverso cui quella grande esperienza di movimento potesse- anche trovare una for– ma politica adeguata per potersi esprimere. Le forme politiche che poi sono state di fatto rea– lizzate sono state sostanzialmente delle politi– che più a destra, più a sinistra, più riformiste, più rivoluzionarie, ma sostanzialmente le for– me tradizionali. Ecco perchè io penso che sia assolutamente indispensabile oggi -e mi sem– bra che la situazione politica di oggi ne sia la dimostrazione- ripensare seriamente la cultura della sinistra. È una cosa che cerco di fare an– che personalmente all'interno del sindacato in questi ultimi anni, e una cosa.che ho tentato di UN'ASSEMBLEA. SUGLI ANNI Festa a Villa Borghese,1974 (foto T. D'Amico) * SABATO 19 / DOMENICA 20 OTTOBRE 21 fare negli ultimi anni anche entrando a S.Vit– tore a fare dei seminari con i detenuti politici, dove è in corso una seria riflessione sulla pas– sata esperienza anche con delle tendenze molto .interessanti. Alcuni di questi dicevano: ma non saremo responsabili solo noi; alcuni altri dice– vano: siamo stati un po' più stupidi perchè noi abbiam_o fatto quello che gli altri si acconten– tavano di dire, o di pensare. Io non credo che le cose stessero così, perchè se il terrorismo è stato un fenomeno aberrante che indubbia– mente ha contribuito a liquidare o a rendere - ardue le speranze della sinistra, allora è vero anche che c'è stata la responsabilità di tutta una cultura. Una riflessione che non è solo sui metodi di lotta, sulla violenza -su cui insistono tanti-sul rapporto tra mezzi e fini, ma, io cre– do, anche una riflessione sulla rivoluzione, sul cambifimento. Perchè è da quello che la sini– §tra si propone che derivano anche i mezzi, an– che la sua iniziativa, la sua cultura. Se la rivo– luzione è la conquista del potere si adottano certe forme di organizzazione, se la rivoluzione è un cambiamento del potere e un cambiamen– to della società, diverse sono le forme di orga– nizzazione che deve darsi la, sinistra. lo penso, e chiudo, che attrave(siamo in questo momen– to una fase di debolezza perchè la cultura della sinistra, che è stata egemone dal '68 per un lungo periodo di anni, non lo è più; in questo momento la cultura egemone è molto di più quella della destra, quellà imprenditoriale, neoliberista, delle nuove tecnologie, dell'effi– cientismo, della produttività, della concorren– za e così via. Io non credo che di fronte a que– sto la sinistra, una forza come DP, il sindaca– to, possano accontentarsi di una posizione pu– ramente difensiva, di dire: non siamo d'accor– do, il padrone sta prendendo tutte le sue iniziative per rendere debole, per piegare la classe operaia e noi ripetiamo solamente una cultura, delle proposte, degli orientamenti di ieri. Io credo che dobbiamo guardare avanti, che è cambiato il quadro delle cose, che sono cambiati i problemi. Sono cambiati i soggetti, cambiano perfino le contraddizioni principali - come l'altro giorno giustamente scriveva un compagno di sicura fede operaia e di sinistra come Vittorio Foa sull'Unità. Io credo che questo sia il problema che abb_iamodi fronte e rispondere a questo vuol dire non chiudere il passato.
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