Fine secolo - 19-20 ottobre 1985

FINE SECOLO* SABATO 19 / DOMENICA 20 OTTOBRE Mario Dalmavlva Non mi sentocattivo, non più di voi Nonostante le risultanze giudiziarie, io sarei quello che il compagno Pecchioli, scusate, Pe– truccioli, poco fa definiva una spina avvelena– ta. Forse nel mio caso e nel caso di altri com– pagni il controllo democratico non ha funzio– nato molto' nel processo giudiziario. Ma non sono qui per far polemiche inutili. Credo inve– ce che noi ci troviamo ancora una volta a fron– te di 11 arresti giudiziari, a fronte dell'avvio di un processo che rappresenta anche una sca– denza politica e di conseguenza ci troviamo a dover rispondere a una domanda. Come la uti– lizziamo? E in questo senso andrà il mi.o inter– vento. Io credo che questa scadenza, per essere utile ai compagni incarcerati e non solo agli ul– timi incarcerati ma ai tanti, ai molti, ai tantis– ssimi compagni che sono in galera o in libertà condizionale, o in libertà vigilata o ancora sot– to processo; occorre impegnarsi per strappare alle aule giudiziarie il dibattito. politico sugli anni '70. Dobbiamo ricostruire delle sedi poli– tiche per discutere quegli anni. Se non riuscire– mo in questo compito continueremo anche nei dibattiti politici a fare delle difese giudiziarie. Io non c'ero, io non lo conoscevo, in una presa di distanza a catena che, consentitemi di dirlo, è stata politicamente all'origine dei molti pro– cessi speciali che si sono tenuti negli ultimi anni. Debbo dire anche le cose da cui dissento rispetto al documento <iella direzione' di Dp che convocava questa scadenza. Ecco, io non credo che questo sia un processo più speciale degli altri: è uno dei tanti processi speciali, an– che quelli fatti a terroristi dichiarati, perchè le pene sono state speciali. E' stato speciale in quei processi l'applicazione dell'uso del con– corso. E' stata speciale la negazione dei diritti alla difesa che in quei processi si è verificata. E io credo che una responsabilità di questo l'ab– biamo tutti. E' il risultato di una sconfitta poli– tica, certamente, ina c'è stato un progressivo prendere le distanze da ognuno di quelli che erano incriminati. C'è stata una rimozione col– lettiva che ha investito una generazione di compagni. E ·iocredo che sia ora· di cominciare ad invertire la tendenza. La sconfitta politica rimane ma anche Ja necessità nostra di dibatte– re per capire e, consentitemi di ribadirlo, non è solo la violenza il tema principale di quegli anni: c'è un uso strumentale del termine vio– lenza usato anche a sinistra da chi ha ricoperto col terrorismo dieci anni di lotte. Allora il pr.o– blema della violenza c'è stato, è stato serio, ed è diventato drammatico, ma se è vero che al di là delle posizioni individuali di organizzazione il terrorismo è il risultato di una sconfitta poli– tica, e le responsabilità sul terrorismo vanno anche a chi l'ha combattuto. Non basta una presa di distanza. Io credo che serva invece ca– pire le cause del perchè in Italia si è verificato questo tipo di fenomeno e le cause secondo me vengorio prima: e non si tratta di appiattire tutte le posizioni, si tratta di rilevarle, ma non rilevarle con un occhio alla platea e un altro al magistrato che ci sta ascoltando. Si tratta di ri– levarle dentro ad un dibattito politico fra com– pagni che guardano al passato. non solo per ri– costruire una verità storico politica neutrale che non esiste, ma per capire quello che sta succedendo oggi. Questo dibattito, ha ragione Rodotà, che dal carcere è stato iniziato e solle– citato, non ha trovato rispondenze esterne perchè al di là del silenzio di chi si sentiva an– che lui minacciato dalla magistratura perchè del movimento aveva fatto partt, non abbia– mo sentito le forze istituzionali, i grandi parti– ti: perchè ci sarà una responsabilità, un rap– porto fra quello che succede e la forza politica che questi partiti mettevano in campo.Ci sarà un collegamento tra il non cambiamento e il terrorismo: O il terrorismo è l'opziolTè di pochi i~olati•emalati di mente? Allorlf·io credo 'che in UN'ASSEMBLEA SUGLI ANNI primo luogo non serva soprattutto ai compa– gni che sono in galera nè a noi nè più comples– sivamente a chi quel movimento l'ha vissuto continuare a fare dei distinguo solo, per conti- ' nuare a dire io non c'ero, di là c'erano i buoni, di qua o cattivi. Consentitemi di dirlo, mi sono un po' seccato quando ho visto sul documento della direzione di Dp che Dp, Ao e Le hanno quasi fatto la rivoluzione, un sacco di belle . _ cose. E io dov'ero? Stavo in Potere operaio, ma ero da un'altra parte? Non lottavo per que– ste stesse cose? Mi sembra che l'esclusione in qualche modo mi confini tra i cattivi, e non mi ·sento cattivo, ovvero, verso certe persone sì, però non mi sento più cattivo di altri. Quindi secondo me tutti j distinguo del caso politici, non distinguo giudiziari e la ricostruzione di quegli anni fatta sì secondo parametri che ser– vano a noi, non ad un difensore o a un pubbli– co ministero. Questa cosa non c'è stata, finora le ricostruzioni le abbiamo sentite viziate dal fatto di essere fatte in un'aula giudiziaria o dal fatto che chi le facèva stava tentando di evitare un ergastolo o vent'anni di galera: e credetemi, non si può chiedere obbiettività a chi parla in queste condizioni. Ma noi qui lo dobbiamo fare e credo sia altrettanto importante da que– sta sede e da altrè aprire un confronto coi compagni che stanno in galera ribadendo ognuno le proprie posizioni ma aprendo un dialogo. Ma quelli sono dei nemici, o stanno dall'altra parte? Perchè di questo si tratta. Il si– lenzio di qua corrisponde ad un giudizio politi– co su chi sta in galera. E allora la galera non è un universo in cui stanno tutti buoni, c'è scon– tro politico, c'è battaglia, c'è ripensamento di quegli anni in termini politici e individuali. Guai se questo tipo di riflessione trova il silen– zio all'esterno . Quindi io credo che questa oc– casione sia· un inizio e non un fatto autocele– brativo di questa o quella organizzazione e per questo o quell'avvenimento giudiziario. Credo che questo dibattito vada ripreso in altre sedi, vada approfondito con la collaborazione di tutti, con una fortissima carica di rivendicazio– ne della propria identità di allora, con una for– tissima rivendicazione della propria identità singola di allora ma con la consapevolezza che tutti, a vario titolo, siamo stati dentro quel movimento e che è sulla nostra sconfitta politi– ca che dobbiamo riflettere e che questa man– canza di riflessione sul passato rende lento e faticoso l'andare avanti ai gruppi della sinistra, gruppetti o partiti che siano, ma anche ad un intero paese perchè ritengo che nessun paese possa guardare in avanti, avendo cancellato con un colpo di spugna un decennio come è stato l'ultimo in Italia. Foto T.J)'Amico Rino Formica Il ri/òrmismo bloccato e la democrazia fragile Ringrazio chi fischia. Le vere ragioni proprie sono quelle che partono dalle ragioni altrui. Ed è questo forse il vero nocciolo della discus– sione di oggi. Non è in discussione un giudizio di ordine morale, umano su un evento luttuoso e grave, condannato da tutti, che è forse alla base della sollecitazione di questo convegno. Ma noi dobbiamo fare una riflessione per capi– re cosa è stato il periodo dal '68 al '76 nella vi– cenda politica italiana, perchè se comprendia– mo cosa ha rappresentato di positivo e cosa è vissuto di negativo nell'interno di questo movi– mento, possiamo capire come la vicenda politi– ca italiana che nasce all'indomani della secon– da guerra mondiale con la guerra di liberazio– ne, con un grande successo delle forze di pro– gresso, di rinnovamento e di cambiamento, su– bisce una pausa d'interruzione forte. All'indomani della seconda guerra mondiale noi abbiamo un paese pieno della presenza mai distrutta di forze vive della reazione capace di violenza, e la presenza viva e mai distrutta e rafforzata dalla vicenda bellica di reazioni forti nella sinistra italiana, con forti punte di massi– malismo e di combattività. Tutta la politica italiana si snoda intorno a questa vicenda: creare le condizioni perchè siano fissate sul ter– reno della democrazia le spinte reazionarie vive nella società italiana, siano fissate sul ter– reno dello sviluppo e dell'avanzamento demo– cratico della sinistra italiana le spinte ribellisti– che di un grande settore della sinistra italiana. Questa linea si sviluppa ed ha sostenitori. ed avversari in ogni forza politica. Nella Dc forte il contrasto tra coloro i quali ritengono che l'allargamento della base democratica dello stato e quindi il coinvolgimento di grandi forze nello sviluppo della democrazia italiana è un elemento essenziale, coloro invece che ritengo– no che la democrazia in Italia deve essere tenu– ta fragile,-perchè vi sono condizioni in cui bi– sogna far valere ragioni di forza. Ecco allora che negli anni '60 si sviluppa in Italia un ten-

RkJQdWJsaXNoZXIy