Fine secolo - 19-20 ottobre 1985
FINE SECOLO* SABATO 19 / DOMENICA 20 OTTOBRE 22 MiriamMalal Io tengo allademocrazia formale Non avendo avuto la fortuna - o la sfortuna a seconda dei punti di vista - di vivere a Milano nel corso degli anni cui questo convegno è inti– tolato, non avevo mai avuto l'occasione di ascoltare Mario Capanna. Oggi ho avuto que– sta possibilità e debbo riconoscere che egli è uno straordinario affabulatore, un degno ere– de di quella cultura della III• Internazionale che ha insegnato a piegare la storia (e la crona– ca) sul letto di Procuste delle proprie scelte po~ litiche. Così ha fatto oggi Capanna, tagliando e togliendo -nella ricostruzione di quegli avve– nimenti- ciò che poteva in qualche modo tur– bare la sua visione della vicenda politica di quegli anni che viene ridotta così a un piatto, seppur drammatico scontro, tra complotto e nuova sinistra. No, la storia di quegli anni è stata qualcosa di assai più ricco, complesso, articolato e difficile da capire e se vogliamo ca– pirlo, come tutti dichiariamo di volere, occorre fare in primo luogo un atto di umiltà intellet– tuale e riconoscere che nessuno ha in tasca o in testa "la formula che mondi possa aprirti", ma tutti abbiamo forse un pezzo di verità da con– frontare con altri, lealmente e coraggiosamen– te. Ciò significa riconoscere da parte nostra e da parte vostra glj errori che ci sono stati e che certamente hanno interagito, poichè nessuno sbaglia nel vuoto e gli· errori degli uni non I 1 UN'ASSEMBLEA SUGLI ANNI Napoli: la casa nuova (fotj T. D'Amico) sono senza conseguenze sulle scelte e le deci– sioni degli altri. Ho trovato ad esempio stimo– lante .l'analisi fatta da Formica, sulla insuffi– cienza della risposta riformatrice al movimen– to del 68-69, come uno degli elementi che avrebbero provocato il successivo avvitamento del movimento su se stesso e, probabilmente, la sua militarizzazione. Sono convinta infatti che questo esito non era inevitabile, non era inscritta nel codice geneti– co del 1968 la sua degenerazione in illegalità e terrorismo; sono convinta che "il movimento del I 968 con la sua carica libertaria e generosa è scivolato nella paranoia del colpo di stato e nell'infantilismo, nello scontro su chi dovesse prendere la testa del corteo. Di qui il suo falli– mento". Non c'è motivo di protestare: sono af– fermazioni che io condivido, ma che non sono mie. Sono contenute in un documento che vie– ne da S. Vittore. I condannati per reati connes– si a quella fase ci scrivono queste cose dal car– cere, chiedendoci di ascoltarli. E mi sembra .nostro dovere ascoltarli con attenzione. Né criminalizzazione quindi né esaltazione acritica di tutto ciò che nasce dal 1968e che da lì prosegue, in forme diverse per anni. Possia– mo andare ad una periodizzazione? Secondo me è indispensabile, e non è solo compito degli storici ma anche dei cronisti - come sono io - o dei protagonisti. Io ho proposto di distinguere tra tre fasi diverse: quella delle lotte operaie e studentesche che trovano un approdo nell'ap– provazione dello Statuto dei Lavoratori e della amnistia (1970); quella della illegalità diffusa che va fino al 1976; quella del terrorismo di– spiegato. Si possono individuare altri punti di cesura, ma questo lavorò di analisi va fatto. E va individuato qual'è il momento di precipi- tazione, di errore. Alcuni lo hanno individuato nella scelta dell'illegalità e della violenza. Con– divido quanto in questo senso è stato detto da Petruccioli o da Melega, ma personalmente ri– tengo che l'errore essenziale è un errore politi– co, risale cioè al momento in cui viene messo all'ordine del giorno il problema della rivolu– zione, con tutto ciò che ne deriva. Gli errori politici si pagano duramente: il rischio è di es– sere giudicati dai vincitori. Personalmente sono tra coloro che in modo puerile ed idiota (per accettare le provocazioni di Fortini_ o Geymonat) credono non solo al valore della vita umana, ma anche al valore della democrazia, di quella democrazia forma– lè alla quale mofti di voi irridono, salvo ad en– tusiasmarsi quando altri, in altre e drammati– che condizioni, la chiedono (in qualche paese "socialista" o in qualche paese del Terzo Mon– do). Ahimè, anche qui nulla di nuov:o; questa_ assemblea rischia di essere condannata alla ri– petizione. I reduci, sia quelli della Resistenza che quelli del 1968- e qui ne ho sentiti tanti - si autolegittimano rivendicando e giustificando tutto ciò che hanno fatto. Ma siamo sicuri che abbiamo qualcosa da insegnare a coloro che hanno oggi venti anni? Non si giustifica, né si rende meno lieve l'as– sassinio di Ramelli parlando di un errore an– ziché di un assassinio, che tale è e tale rimane. Per i responsabili chiediamo un processo giu– sto - come sempre dovrebbe essere un processo - tale da collocare cioè i fatti nel clima di quei giorni, da valutare la personalità di ognuno non solo per ciò che hanno fatto allora ma an– che e soprattutto per ciò che hanno fatto dopo; se crediamo come crediamo che gli uo– mini non sono dati una volta per tutte, -ma cre– scono e si trasformano.
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