Fine secolo - 28-29 settembre 1985
In alto:il cardinaleCorradoD'Ursi mostra ai consigliericomunalie al sindacoCarloD'Amato(nellafoto quiaccanto)la teca contenente il sangue di San GeMarodopoil miracolodella liquefazione.Al centroundeputatodel Tesorodel Santo. In basso,a sinistra:fedelinel Duomo in attesadel miracolo. Nelle altrefoto:la chiesadi Santa Patrizia,a San GregorioArmeno,e l'esposizione ai fedelidellatecacon il sanguedellaSanta. FINE SECOLO* SABATO 28 / DOMENICA 29 SETTEMBRE martedì, durante le funzioni del mattino. E' un miracolo passeggero, giocato sui toni bassi, senza ritualità e senza spettacolo. Sembra che si siano involontariamente seguiti i suggeri– menti del vescovo: meno fasto e più significa– to. Semplicemente la teca viene offerta al bacio dei fedeli e il «miracolo» si rinnova! Misteriosi chimismi intaccano la sostanza dura, la rigi– dità si scioglie, la superficie comincia a ribolli– re col colore che acquista nuovo vigore. Il fe– nomeno non suscita nessuna emozione avverti– bile; i fedeli si limitano a osservare la teca nella mani del sacerdote, il quale a un certo punto l'affida, con noncuranza quasi, a una monaca inserviente perchè la riponga nel reliquiario dietro l'altare: Quando le luci si spengono e le porte vengono sprangate, resta aperta soltanto la botteguccia con i souvenir e le immagini san– te in forma di cuoricino ... Eppure Santa Patrizia non è una santa qualsia– . si, un'oscura comprimaria dell'olimpo napole– tano; ma la patrona della città (il suo busto d'argento è nella·cappella di San Gennaro), la vergine bizantina che elegantemente sovrinten– de da alcuni secoli alle mal regolate sorti della città. Nipote dell'imperatore Costantino, ri– nuncia alla ricchezza e al fasto imperiali per imboccare la strada della povertà. Smette gli ·,< ori orientali _ediventa un'asceta a piedi scalzi. Almeno così dice la tradizione. Vi è qualcosa di stravagante e di dandystico perfino in que– sta vocazione al martirio. Colta a Napoli da una misteriosa malattia, viene trasportata alla chiesa di San Gregorio Armeno su un carro trasportato da «indomiti tori». La sua santità si edifica poco alla volta. Un bel giorno un adoratore, in un impeto di necrofilia, pensa di ~trappare un dente-al corpo miracolosamente conservato. Ed ecco uno zampillo di sangue, vivissimo, che qualcuno si affretta a sigillare in un'ampolla a futura memoria. Simboli perduti Col tempo sono le monache di clausura del– l'annesso monastero benedettino a prendersi cura del culto della santa. Ma non c'è da bada– re soltanto a lei, perchè la chiesa è divenuta de– positaria ·di una quantità incredibile di reli– quie. Le teste di San Gregorio, Santo Stefano, San Biagio; un frammento della croce; le stri– sce di cuoio che erano servite a fustigare San Gregorio; il sangue di Santo Stefano e San Pantaleone. E' un gabinetto anatomico fin troppo affollato, che le gentildonne del mona– stero governano con grande scrupolo, anche se ogni tanto si abbandonano ai piaceri della ta– vola (leggo nei Miste~i del chiostro napoletano di Enrichetta Caracciolo dei principi di Fori– no: «Nel monastero la preparazione dei dolci era come la confezione della focaccia nell'ha– rem») o a piccoli rituali erotici che venivano a infrangere la noia della vita claustrale. In questo nido nobiliare si ritrovano nomi fa– miliari: Caracciolo, Carafa, del Sangro, Sersa– le. Gli uomini sono devoti a San Gennaro, nel– la forma della deputazione del tesoro, e le don– ne alla martire venuta dall'oriente. Per accre– scere la devozione dei fedeli, le ossa della vergi– ne vengono composte a un certo punto in un fantoccio di cera. E' la statua che si vede alla destra dell'altare maggiore di San Gregorio, di fronte alla magnificenza dell'organo barocco. :::ic:mbra una mostruosità ipperealistica, liève– mente allucinatoria, ma è capace di calamitare la passione di un intero quartiere. Quando il monastero benedettino si scioglie, la suore cro– cifisse adoratrici del sacramento ne raccolgono l'eredità. Ma in toni certamente meno enfatici. Diventano le tutrici di un miracolo quasi quo– tidiano (quel sangue bruno che ogni tanto ha un sussulto) in attesa che anche qui cadano i fulmini del prelato. «Ridiamo vigore ai simboli perduti!». 25
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