Fine secolo - 21-22 settembre 1985
FINE SECOLO * SABATO 21 / DOMENICA 22 SETTEMBRE 2 o J&V!}}i{OL¾ Zi~=3c\vt- 1; )~ K .·❖-_-<\;/~~. -~·+< (/ \;" }.-~··2.~~: ::·· ::.· t· ~-::.·_~·;:~·::····-·>~-L·_:_::.:'.:r<J:-::~:-;:··~;-··~:«;~:;::··~ ·~;~·,_:~:;#·/. _~¾~~>·· ... ::· < =· ~ <linieri.«Abbiamo avuto una ragazza per un anno. Concedevamo a suo marito di dormire qui con lei, di usufruire del nostro cibo, della nostra elettricità, tutto. Poi sono partiti per le vacanze di un mese -perchè noi diamo le va– canze al personale- nel loro bantustan di pro– venienza e lei non.è più tornata. Non una lette– ra, una telefonata, niente. Evidentemente lo avevano già programmato perchè si sono por– tati via tutto. Ho chiesto alle donne di servizio dt;lleville vicine, che la conoscevano, ma quel~ le niente: bocche tappate. Sono sicura che san– no benissimo dov'è andata. Allora abbiamo assunto la girl-friend del giardiniere, un bel tipo che ha già due mogli al paese. Lo abbia– mo fatto anche per evitare che andasse tutte le notti a dormire da lei, presso una famiglia afri– kaner che in quattro anni non_le aveva mai concesso una vacanza e non aveva messo in re– gola il suo pass-book, di modo che lei era ille– gale qui. Alla fine, proprio oggi, ho dovuto li– cenziarla, quella grassona, perchè era pigra e poco gentile. Si giustificava sempre, non am– metteva mai di aver torto, non chiedeva mai scusa. Ne ho approfittato perchè il giardiniere è assente, è andato al paese a salutare la fami– glia. La cena, stasera, l'ho cucinata io». Mi spiegano che non rimarranno molto a lun– go senza aiuto domestico. Con il 25-30 per cento della forza lavoro nera disoccupata, ogni giorno nei quartieri residenziali è un pellegri– naggio di uomini e donne neri. «Hallo, baas. ('Giorno, capo). Le serve qualcosa? Lavare la macchina, lavoretti in giardino?». · I Trevor-Jones simpatizzano per il Partito Fe– derale Progressista, la forza di opposizione che ha lanciato una campagna di tesseramento aperta a bianchi, neri, meticci e indiani. Allo stesso tempo ammettono di non avere amici neri. Più la sera va avanti e aumenta la quan– tità di alcool che hanno in corpo, più aperta– mente parlano. «La società sudafricana è estre– mamente divisa, inscatolata nei vari gruppi. Gli afrikaners frequentano solo afrikaners, gli eng/ish-speaking solo altri come loro, e così i portoghesi, gli italiani, i coloured, gli indiani, i neri. All'interno dei neri, poi, vi sono rivalità tribali anche peggiori. La verità è che i neri noi li vediamo solo in quanto servitori. Non abbia– mo occasione di incontrarli o fraternizzare. Li vediamo solo come massa. Diciamo la verità: non si lavano molto. Noi sudafricani abbiamo l'ossessione della pulizia, facciamo la doccia due volte al giorno, anche perchè facciamo tut– ti molto sport. Loro no: oddio, poveretti, non è mica colpa loro, è che non hanno l'acqua corrente nelle baracche. Il risultato è che fanno il bagno forse una volta al mese e hanno un forte body odor. Per questo a nessuno di noi, siamo onesti, farebbe piacere trovarsi in un au– tobus, un vagone ferroviario o una sala cine– matografica affollata di neri». Tenete pulita ecc. Cosa succederà quando anche questi settori verranno desegregati? Può essere un indizio quel che accadde con i parchi cittadini, qua– dratini d'erba incastonati tra i grattacieli, aper– ti a tutti già anni fa. Vedo solo neri seduti o sdraiati sui parchi giallastri, al punto che dò per scontato che siano riservati a loro e in una pausa per il lunch consumo il mio panino e la mia coca seduto su un muretto, guardato con riprovazione. In realtà i parchi sono aperti a tutti. «Ma i bianchi smisero immediatamente di andarci», mi racconta un giovane imprendi– tore italiano. «Prima erano.dei giardini. Vanne a vedere uno, ora, dopo il lunch: un immon– dezzaio». Non dargli il primo rand Decido di cambiare albergo. Quello dove mi trovo ora sembra un sarcofago di lusso, e è davvero troppo caro. Samantha Trevor-Jones me ne Mnsiglia uno che costa la metà, molto più cqzy (intimo) in un suburbio. Il signor Pe– rez, il tassista di origine spagnola che mi ci porta, dopo quasi venti minuti di viaggio, quando viene a sapere che sono un giornalista, disapprova molto la mia scelta. Sarò lontanis– simo dal centro, dovrò spendere quotidiana– mente una fortuna in tassì, molto maggiore della somma che risparmierò con l'albergo, e senza neanche la garanzia di trovarne uno in fretta. Le sedi di partiti, sindacati, associazioni di tutti i tipi, sono sempre in centro. Mi con– vince. Ferma il tassì e telefona in vari alberghi centrali, un po' più economici di quello dove stavo prima. È gentilissimo. Gli chiedo cosa ne pensa dei neri e cambia faccia. «Sono come cani. Anzi, peggio, perchè almeno i cani sono riconoscenti. Loro si rivoltano proprio contro chi li aiuta. Se tu un giorno gli dai un rand, ·il giorno dopo gli dai un altro rand, pensano di averne diritto tutti i giorni». La messa della domenica Domenica a Soweto, per una grande cresima collettiva. Nella grande chiesa anglicana, col– ma di neri vestiti con gli abiti della festa, io e il collega Pietro Veronese di Repubblica ci sedia– mo in fondo, un po' timidi. Brusìo, occhiate. I bambini ci fissano, soprattutto Pietro che, massiccio, biondo, con gli occhi di un celeste smaltato, potrebbe essere un afrikaner. Il ve– scovo Tutu parla, vestito di viola. Tutti canta– no. Anche noi, timidamente; ci uniamo al coro, leggendo le parole degli inni sul messale di una ragazza che ci siede vicino. La musica, mi spiega Pietro, è Haydn. Ma vi sono anche dei cori africani, più ritmati, pieni di swing. Tutti ondeggiano, le mani levate in aria. Noi sembriamo orsi goffi, e rinunciamo. Alla fine il sacerdote locale fa un discorsetto, spiega che ci sono degli ospiti italiani. Ci alziamo, imbaraz– zati, e tutti ci applaudono. Alla fine, quando la funzione si conclude con il <<gestodi pace» (come le messe cattoliche, ora) tutti si affolla– no attorno a noi e vogliono stringerci la inano. C'è chi ci tocca e poi ride, chi abbassa gli oc– chi. I bambini che sembravano così impauriti fanno grappolo attorno a noi. Le.ragazze che hanno fatto la cresima, tutte vestite di bianco, vogliono farsi fotografare con Pietro e con Tutu. Piccolo e nero come sono, io suscito meno interesse. Un vecchio signore distinto, con la barba bianca, la catena d'oro sul pan– ciotto, ci scuote a lungo la mano, solennemen– te, ci dice il suo nome e chiede il nostro. Pietro• gli dà il biglietto da visita. Io sono imbarazza– to perchè non ce l'ho. Il vecchio ride. «Vedi, anch'io, arrivato alla mia età, non ho il bigliet– to da visita. Siamo tutti e due come bambini». Come Rosalyn~ Agosto. Dopo l'intervista al capo zulu a Ulun– di, sulle montagne del KwaZulu, ci apprestia– mo a tornare a Durban con la macchina che abbiamo noleggiato. A Ulundi ci sono solo neri e io mi sento più a mio agio, non provo le continue tensioni degli ultimi giorni a Johan– nesburg, dove per i! colore della pelle fai parte del gruppo dominante, che tu Io voglia o no. Un gruppo di neri che ci hanno visti prima al ministero dell'Educazione ci chiede se possia– mo dare il passaggio a una «coloured womart» (dicono proprio così, una «donna meticcia», e non «una signora») che deve tornare giù a Durban. Si chiama Rosalynn, è un po' grossa, con i capelli biondi e la pelle piacevolmente caffelatte. È molto nervosa e parla in conti– nuazione, stringendo la sua borsetta. «Vengo sempre scambiata per bianca. A me non im– porta nulla, naturalmente. Sono di educazione europea, i miei nonni erano uno inglese e l'al– tro tedesco, così è naturale che mi trovi meglio con i bianchi. Nella mia famiglia l'educazione conta, uno dei miei fratelli è dottore, un altro insegnante come me. Certo che l'apartheid ci ha condizionato tutti. Qualche tempo fa sono andata in una specie di crociera, un viaggio di cattolici -io sono cattolica, il mio sogno è di venire un giorno a Roma a vedere il Papa- e ero molto·innervosita a stare a tavola con le al– tre razze, sapendo che qui è reato. Però i neri mi piacciono. Per questo ho voluto andare a insegnare in una township. Così ora dipendo dal ministero dell'Educazione del KwaZulu, e sono venuta quassù per discutere di certe·cose relative alla mia paga. Ho già cominciato a la– vorare. I ragazzi neri sono allievi molto miglio– ri. Più rispettosi dell'autorità dell'insegnante, più desiderosi di istruzione. Una delle cose peggiori dell'apartheid è proprio il livello del– l'educazione dei non bianchi. Però le cose stan– no cambiando, e anche a enorme velocità. No, non ho votato alle ultime elezioni alla Camera riservata per i coloured. Nessuno che conosco ha votato. Neanche mia madre, ·che è molto conservatrice». Forse in realtà era la mia guida a innervosire Rosalynn, perchè quando al vo– lante passa Veronese si rilassa visibilmente, e dopo un po' s'addormenta. Cala la sera. Alla periferia di Durban, in una zona di svincoli e garages, non illuminata, scopriamo di esserci persi. Io sono a disagio. Ci sono dei ragazzi neri in tuta da meccanico. Rosalynn parla loro con grande autorità in khosa e si fa dare indi– cazioni precise. Poi ci fermiamo in un bar, dove a tutti i costi lei vuole offrirci un tortino. Suo· cognato la aspettava almeno due ore fa, sarlpreoccupato. Perchè nori viene all'albergo dove noi abbiamo appuntamento con il conso– le italiano a Durban? Rosalynn si turba molto, e solo all'entrata scintillante del grande alber– go capiamo perchè: teme che non la facciano entrare. Si rivolge al doorman asiatico, torcen– dosi le mani, spiega che deve solo fare una tele– fonata, ma lui, un po' gelidamente, le rispon– de: «In questo albergo non c'è questo proble– ma, sigr,ora». All'atto di entrare, mi spiega che si vergogna del suo sacchetto di plastica, e mi offro di portarglielo io (sono andato in giro una vita con i sacchetti della Standa). Chiama il cognato, parlandogli in afrikaans (per darsi un tono, ipotizzo io), ma lui non può muoversi da casa. Allora telefona a un amico, e si decide che questi verrà a prenderla all'albergo. Ci se– diamo tutti nella hall a bere qualcosa. C'è un valletto indiano, un ragazzo bellissimo tutto vestito di bianco con lo zuccotto, in piedi con– tro il muro. Una coppia mista (uomo bianco - ragazza nera) si sussurra tenerezze tenendosi per mano. Un gruppo di giovani multirazziali (un nero, un'indiana, due bianchi) vestiti un po' troppo alla moda, ridono un po' troppo forte. Con il gin Rosalynn si è rinfrancata e ri– prende a parlarci di sè. Ci dice che l'amico che verrà a prenderla è nero. «A me non importa nulla del colore della pelle. L'unica cosa che voglio dai miei amici è che siano intellettuali. Come me». Fare il soldato David Goldblait è uno dei più bravi e noti fo– tografi sudafricani. Lavora spesso per il New York Times Magazine e guadagna quello che vuole. Sembra la caricatura del bianco pro-
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