Fine secolo - 21-22 settembre 1985

GiovaniNavajoa Chinle, in Ariz.ona. Cipro: n cimitero di Kyreaia. quella, il soldato sullo scoglio si agita e grida. Il padrone del mio villaggio dice che è tanto bello di qui, che non si vede perchè uno debba andare di là. Altri ricordano che se uno pro– prio insiste, il soldatino spara. Il padrone dice: «sciocchezze».Penso che sia molto ammanica– to con·i militari. Tutto il personale lo fa venire da Smirne o Istanbul, perchè i èiprioti sono «pigri». Ogni giorno da Smirne partono con il traghet– to anche famiglie poverissime dell'Anatolia. Al porto si accasciano donne enormi con lenzuola .che annodano i loro averi. Ripopoleranno l'i– sola con la razza turca. A Larnaka e Limassol, nella parte greca, inve– ce sbarcano ragazze tailandesi, coreane. C'è grande domanda di carne per i riposi dei guer– rieri. La repubblica di Cipro nord non è riconosciu– ta da nessuno, tranne che dalla Turchia. II suo presidente si chiama Denktash e la sua faccia è appesa su tutti i negozi. Assomiglia molto al nostro ministro Gaspari. Si dice che gli ameri– cani, visto che Papandreu è sempre più infido, potrebbero trasformare Cipro Nord in una fantastica base militare di fronte al Libano e alla Siria. Il mare è chiarissimo, ma se le correnti girano, portano tutte le schifezze delle petroliere. La ragazza tedesca che dà lezioni di windsurf allo– ra passa ore e ore a pulire le tavole. Il «colonia!» inglese viene qui ogni anno con la moglie. Ricordi di gioventù, prezzo basso. Ha dei commerci nello Yorkshire, la moglie.un ne– gozio: lo sciopero dei minatori li ha messi alle corde. Conferma, «lei non ha idea di quanto i ciprioti siano pigri». Ma dev'essere un'indolen– za solo apparente. Per spezzare quei lastroni delle tombe, per tirare fuori i cadaveri, sputar– gli addosso, ci deve essere voluta una notevole forza fisica. Il cocomero dei• Navajo di Anna PAINl S . ~sso l'i~magine dei. nativi americani nevoca tnstezza: pensiamo con ramma– rico al loro modo di vita così radical– mente trasformato e li crediamo individui tri– sti, taciturni. Invece, perlomeno i Navajo, han– no uno spiccato senso dell'umorismo. Scherzi e battute sono all'ordine del giorno, soprattutto fra appartenenti allo stesso clan. Ogni occasio– ne può offrire lo spunto per una battuta, spes– so piccante, ma mai denigratoria. Basta entra– re in un certo clima di familiarità per venirne subito coinvolti. Dopo circa due settimane dal nostro arrivo, una sera cenavamo tutti insieme -una decina di persone- all'aperto nel cuore del deserto del New Mexico, ai piedi di una grande mesa. Sarah, la nostra ospite, finito l'agnello alla brace porta in tavola l'anguria. I bambini ini– ziano a reclamare la loro porzione, ma Leona - ·la figlia- controllandomi con la coda dell'oc- chio, invita tutti ad aspettare il canto rituale che precede il' taglio del cocomero. Sollecita a più riprese il padre a intonare il canto. Questi, imperterrito, continua a guardare nel suo piat– to e tranquillamente finisce di mangiare. Leo– na mi guarda, fa notare al padre il mio vivo in- teresse e, compiaciuta, lo invita a cominciare. Tutti sembrano ansiosi: i bambini per poter avere la loro fetta di anguria, io per poter assi– stere ad un nuovo rituale e aggiungere nuove informazioni nel mio carnet. All'improvviso, a lungo .trattenuta, scoppia una fragorosa risata: ...si trattava solo di uno scherzo. La morted'estate di Marco BOATO S trana estate: serena, ma attraversata da fantasmi di morte. Si, forse l'incontro più singolare è stato quello con l'ombra della morte e con ricordi di morte, lungo itine– rari carichi di sole e di vita. Venerdì 19 luglio è la strage di Stava. Immagini aj?ghiaccianti di luoghi conosciuti, ma non più riconoscibili. Non trovo il coraggio di salire lassù, perché temo il turismo della catastrofe, ma provo quasi un senso di colpa per questo pudore. Il giorno dopo sono a Pellestrina, quella lunga e stretta striscia di terra che separa la laguna di Venezia dal mare. Guardo il sole che cala sulla laguna. Anche la gente, intorno, sembra essere più silenziosa. Il 2 agosto, a Rovereto, una riu– nione per discutere le iniziative giudiziarie. Non è una data qualsiasi: cinque anni prima la strage alla stazione di Bologna. Parliamo di Stava, e mi tornano alla mente le immagini di Bologna. Forse è perché, dico a me stesso, il -giorno prima c'è stata l'ultima sentenza per piazza Fontana, che ha assolto tutti. Forse è solo la mia ipersensibilità a tutto questo, forse ormai morbosa. Due giorni dopo è domenica 4 agosto: respin– go come un'ossessione maniacale il ricordo della strage sul treno Italicus. La giornata è bellissima: è la pìl.rtenza ideale per la Val di Fassa. Percorro la strada per la Val di Cem– pra. Una breve deviazione verso Piazzo, in fondo alla valle. Ci sono i resti di un castello, e, lì vicino, una casa stranamente vuota ed aperta. Sulla porta, il cantico delle creature di Francesco d'Assisi e un invito ad entrare e a dare ospitalità agli eventuali sopraggiunti. Una semplice casa di montagna, in cui eviden– temente vive un frate, punto di incontro per molti giovani. Lo si capisce dalle foto alle pa– reti, dai segni di raduni conviviali. Si respira aria di serenità, di gioia, di letture, di preghie– ra. C'è anche da bere e da mangiare, e un invi– to a godere dell'ospitalità. Non tocco nulla, la– scio un breve messaggio di ringraziamento. Poi, dopo le piramidi di Segonzano, ecco Mo– lina di Fiemme. Sui muri di qualche casa, at– traversando il paese, modesti affreschi ricorda– no scene terribili di guerra, quando il paese fu seminato di fuoco e di morte dalle truppe nazi– ste in ritirata. Mi sto avvicinando a Tesero: questa vacanza in montagna verso la Valle di Fassa, mi porta quasi incosciamente proprio lì, dove a~cora non avevo avuto il coraggio di andare. Cominciano lunghe colonne di mac– chine, si procede a passo d'uomo. Tesero, soli– tamente piccolo paese per un rapido passag– gio, è diventato luogo di uno strano pellegri– naggio. Nessuno, in quella fila lunga chilome– tri, tenta incauti sorpassi, nessuno usa il cla– ckson. Guardo davanti e dietro a me, e immagino i dialoghi che si svolgono in quelle auto cariche di gente: intere-famiglieche vanno o tornano dalle vacanze, e non hanno cambia– to strada. Turismo della catastrofe, macabra e morbosa curiosità: può darsi. Ma, quando con fatica riesco a sostare a Tesero, mentre si sente giù in basso il rumore delle scavatrici che cercano an– cora, guardando quelle facce di gente comune, che lentamente va o torna dal ponte sul fiume Stavi;ie si volge in alto verso quella via dei Mo- . lini, che ormai non esiste più, non mi pare di scorgere non solo curiosità. Specialmente ·nei più anziani, c'è negli occhi il ricordo di antiche disgrazie, c'è -quella mestizia e quel pesante si– lenzio, che richiama una memoria antica. For– se c'è anche questa sensazione: in quegli alber– ghi, che ormai non ci sono più, potevamo es– serci anche noi, o qualcuno dei nostri cari. Due giorni in montagna. Salire il ghiacc_gtio della Marmolada, abbagliante sotto il sole che brucia, dà come un grande senso di liberazione interiore. Il giorno dopo il tempo è brutto. Solo una breve passeggiata nella conca del Gardeccia, da cui, più su, si alzano anche le Torri del Vajolet. Qualche settimana fa, lassù FINE SECOLO* SABATO 21 / DOMENICA 22 SETTEMBRE 25 ha lasciato la vita Siegfried Messner. Un fulmi– ne ha spezzato la corda doppia della discesa: chi poteva immaginare quel fulmine proprio lì? Qualche giorno prima era morta, in Norvegia, in vacanza, Andreina Emeri. L'avevo incon– trata innumerevoli volte a Bolzano e Trento .. L'avevo vista l'ultima volta il 31 maggio a Roma, a un convegno sui problemi del Sudti– rolo. Era un po' stanca, ma forte, attiva e viva– ce come sempre. Il 7 agosto c'è a Bolzano l'e– stremo saluto. La giornata è nuovamente stu– penda: un cielo terso e di un azzurro così in– tenso da far male agli occhi, un'aria calda, di vacanza. Non ho un vestito adatto, ma poi nel cimitero di Bolzano mi accorgo che siamo in tanti così: rientrati in fretta dalle vacanze per dare l'estremo saluto a .Andreina. Rivedo tante facce conosciute, e tante che non conoscevo. C'è una strana atmosfera, quasi di incredulità, nei viali di quel cimitero, attorno a quella bara. Ma è davvero possibile éhe la morte ab– bia portato via Andreina? Ma è davvero possi– bile che si debba calarla dentro la terra in una giornata così, quando esplode la bellezza di quella natura, che lei aveva tanto amàto? Sono domande stupide, banali, com'è banale a volte la morte. Sì, è possibile. E noi siamo lì non tanto per salutare Andreina, che non c'è più, ma per confortare noi stessi. Alla fine si parla sommessamente di Andreina, e si parla anche dei morti di Stava. Strana estate, questa. Bellissima,calda, serena, attraversata da fantasmi di morte. Comunione? Liberazione di Alberto BERLANDA E hi signorina, guardi che c'è scritto in ca– rattere cubitale: Reporter quotidiano del mattino, questo è un rivenditore a fiducia, servitevi da soli lire seicento. Rimini, 23 settembre, si apre così alle ore sedi– ci la mia settimana al meeting di Comunione e Liberazione, nelle vesti di «inviato collabora– tore» per la diffusione del quotidiano tra gli stand di questa Gerusalemme Liberata. Niente sigari, niente bulli, niente pupe, nessu– na traccia di possibile spy story, no alcool, no drugs, molto poco sex, niente rock'n roll. Mi bastano cinque secondi per rendermi conto di non ripercorrere le gesta del «nostro inviato al– l'Havana», ma di ritrovarmi confinato: io e il diavolo travestito da acqua santa. Controllori di fiducia delle anime cattoliche popolari, da– vanti ad un'azione in verità non molto quoti– diana: «prendere un giornale e depositare sei– cento lire in un contenitore» ma nello stesso tempo efficace sondaggio sulle onestà di fronte _ad una situazione «di fiducia». Non parlerò qui di cifre, ma posso senz'altro dire che se tale media fra paganti e non fosse possibile riscontrarla a livello nazionale ed in situazioni anche diverse, si potrebbe tranquil– lamente andare incontro ad un tipo di «riven– ditori americani». Ma si vede che la signorina appena redarguita, fa ancora parte di quella fetta di persone che in fede «per non aver capito il meccanismo di vendita» o in malafede, bisogna richiamare spiegando le modalità . Dai venti ai venticinque anni, carnagione ab– bronzata, capelli rossi, fisico asciutto, che in alcune sue parti però affiora orgoglioso dal suo vestitino di tipo beach, sacco a rete giallo sulle spalle, mi guarda e sorride ed esclama «I don't understand» sfotte? No, ma no, mi trovo davanti ad una ciellina straniera?! Potrei lasciar perdere la cosa, facendole maga– ri dono della copia, e con un sorriso proforma allontanarmi nel mio anonimato. Mi ritrovo invece a rispolverare il mio oramai arrugginito idioma anglosassone e tra un balbettio e un ge– sticolare scoordinato mi involo in una spiega– zione a dir poco imbarazzante, per non dire

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