Fine secolo - 21-22 settembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 21 / DOMENICA 22 24 e veloce. Un saluto sbrigativo, rivolto a nessu– no, e ritornava in città. Poi era tutto tranquil– lo, il guerriero riposava, perché lotta c'era sta– ta. Rapide sciabolate in città, luoghi nuovi, la macchina più veloce, la città piccola e indifesa. E il rito, il mito delle notti maschili a raccon– tarsi le avventure e di donne inseguite e rifiuta– te, era annunciato. Che poi, a officiarlo, fosse un'estranea, sembrava scritto. Non so di lei e non ne saprò molto. Ma che tutto cominciò su un'isola di questo pigro fiume e che arrivam– mo a essere felici abbracciati e affamati su una pietra a un braccio da un profondo salto. Era– vamo in alto e la città, tutta la città era ada– giata. nel suo dormiveglia, davanti ; noi. L'~ltalenl!,_l!)odellino in terracottada Hagia Tnada (boo-1400 a.C.) L'uomodella spazmtura di Luca TEGLIA A ndando per le isole greche si passa molto tempo sui ponti delle navi, in . mezzo a giovani e giovanili attempati, m costume, calzoncini, magliette, con zaini, stuoie e sacchi a pelo, in un vociare di molte lingue. In una sera di queste, da una piccola isola, sono salite due,anziane persone coi ca– pelli bianchi, le mani e il Vl'lltodi cuoio per il sole e per l'aria; non molto alti, come si usava una volta, e asciutti, un po' curvi, puliti. Dove– vano essere marito e moglie; vestiti di nero, lui con la giacca e lei una pezzola sulla testa; si aiutavano in silenzio a salire le scale per i fa– gotti che portavano con sè. Arrivati sul ponte subito, tagliando corto, si sono diretti verso un po' di spazio libero; e dopo aver tirato fuori due coperte, ne hanno stesa una, e aggiustati i sacchetti alla parete, si sono seduti con le gam– be allungate, e sempre nella quiete di una lun– ga pratica, si sono sistemati addosso l'altra co– perta; poi, distesi di fianco l'uno verso l'altra hanno tirato più su la coperta e parsimoniosi nei movimenti si sono 'addormentati; lui con un braccio sulla spalla di lei. I punk sono· un costume invernale; al sole si squagliano e si scorano. Viaggiando con un'allegra ragazza di città e dormendo sul ponte, in fila alla parete per sta• re più riparati, capita di essere svegliati all'al– ba, tirati per i piedi, perché, senza orologio, vuol sapere contenta che ore siano. Seduti ad aspettare che il tep,po passi e il pros– simo porto arrivi, si vede molto della gente at– torno; e come ormai ognuno getti bottiglie, 5caçç,beUi, bicchieri, contenitori vari, tutti di plastica, in grandi sacchi dispo_ti in giro per la spazzatur~. Fa quasi meraviglia vedere come ness~o butti _nientefuori bordo, se non qual– che mnocua cicca, o torsolo di mela. Poi verso l' una di notte, l'uomo del bar, mentre riasset– t~vano e chiudevano, è uscito e, facendo il giro, ha raccolto questi gran sacchi di spazza– tura e tranquillamente li ha sbattuti i"nmare. Lungo la strada che da Atene va a nord pas– sando per Delfi, un po' dopo Tebe, in mezzo ai monti, si legge un buffo cartello con su scritto: «IL PARNASO STAZIONE ~::IISTICA». n cane e poi la mamma di Berceto di Marina TERRAGNI A vrei preso l'aereo e sarei andata a sprofondar~ i piedi n~l~'e~ba irlandese,, o a rampicare laggiu m Tanzania ~mc miei amici, o ad abitare una piccola cas~ d1 Formentara. O a dimenticare l'estate a Ber– lino, o a trovare quel mio amico ad Atlanta. Avrei preso l'aereo, ma Indio sarebbe stato chiuso in un gabbiqne, tra i bagagli. Pesa 30 chili e in braccio non ci sta. È nevropatico e gli ~rebbe venuta la diarrea e avrebbe pianto in quel modo straziante e io sarei venuta meno per il dol?re·. Non ci avevo pensato, a gennaio, q~ando 1 h~ 1!1contratoa Gallarate, in quel ca– tuie che poi e crollato per le grandi nevicate. Mi son presa quei trenta chili di cane paraliz– zati dalla paura e li ho portati di peso sulla moquette di casa. Lui non ha mostrato di ap– prezzare molto né la moquette né le scale di casa né tutte quelle auto puzzolenti e rumoro– se. Un resto di wurstel gli ha fatto intravedere qualche possibilità di rapporto. Da quel mo– mento non mi ha mollato più. Non ho neppure pensato a proporgli una pensione estiva: gli al– tri cani lo terrorizzano. Ha solo due amiche Nina e Piris. Ho anzi pensato che sarebbe sta~ to giusto fargli fare un pezzo di vacanze insie– me a loro. Prima, io e lui, siamo andati in Sar– degna. Lui ha trattenuto la pipì e la cacca tutta la notte, sul traghetto. Si è accucciato accanto a me, sul ponte, evidentemente indignato da tante scomodità. Ha terrorizzato con i suoi bianchissimi denti di Jupacchiotto alcuni insi– diosissimi bambini tedeschi. Si è rassegnato ad arrancare sulla scaletta di ferro e ha leccato un po' schifato una pozza d'acqua salata. Ma il mare gli è piaciuto molto: ha recuperato dai flutti una gran quantità di legnetti, alghe e sac– chetti di cellophane. Non ha appreso il concet– to di asciugamano da spiaggia: lo riempiva or– gogliosamente di sabbia e di trofei. Controlla– va il volo dei gabbiani. E la sera, strisciando ventre a terra come un marine, accettava l'u– miliazione di una doccia di acqua dolce anti– prurito. Al lago è andata meglio: l'acqua è già dolce. E la compagnia delle sue due amiche era squisita, tant'è che, a un anno appena, le cor– teggiava gentilmente, una zampa sul collo e gli occhi spalancati nella deliziosa scoperta del loro odore. C'era anche una mamma, al lago, una mamma di Berceto, sulla Cisa, dove i D_10nti dell'Emilia incontrano quelli della Ligu– na e della Toscana. Una mamma che cucina– va, rubando alla Liguria gli odori, all'Emilia le licenze, alla Toscana le dolcezz.e.Una mamma che raccontava, come ormai poche mamme fanno: di una vecchia di Berceto, immobile nel letto, eppure molto attenta alla conduzione della casa. Ogni mattina, di buon' ora, coman– dava: «Baslot niimer viin, va là!» (catino nu– mero uno, vai là) «Baslot niimer dii, ven chi» (catino numero due, vieni qui!). E si sentivano i catini sferragliare sul pavimento. E così face– va con la scopa e gli appendiabiti. A Berceto c'è qualcosa di strano. La mamma della mam– ma di Berceto era bellissima e florida: al punto che i giovani del paese morivano di desiderio. E uno, uno di loro, più degli altri non sapeva darsi pace. Finché un giorno la bella si am– malò di un male tenace e sottile. E nessun me– dico la seppe guarire. Si decise di chiamare il prete. E il prete volle vedere la sua cameretta di malata. «Ora uscite!» disse «Lasciatemi qui olo!». Così fu fatto. Il prete si mise a cercare, a frugare in ogni angolo. Nulla. Prese il cusci– no di piume e lo palpò con cura. Ecco, doveva essere lì. Squarciò la tela ed afferrò una man- ciata di piume: tirò. Ed estrasse un corpo com– patto: qualcosa che somigliava alle cosce di un pollo e, via via, ecco il sedere del pollo, il tron– c? con le_ali e il collo lungo lungo. Tutto di piume. Niente testa: «Se si formava la testa» disse poi «era finita!». E proprio in quel men– tre, all'altro capo del paese, una donnetta usci– va urlando dalla casa, e cadeva a terra e si di– batteva in preda agli spasimi. Era la ~amma dell'amante disperato della mamma della mamma di Berceto. on poteva sopportare di vedere il suo figliolo sofTrire invano d'amore. Ed era intervenuta, a modo suo. Cipro, il cimitero spigionato di Enrico DEAGLIO F aceva un caldo opprimente' che non ces– sava neanche in acqua. La sera un pul– lman portava i turisti a Kyrenia. Shop– ping, aperitivo, militari con il mitra un angolo su due. Prezzi molto, molto contenuti: a meno che non siano contraffatte con grande destrez– za, la Repubblica di Cipro Nord è l'ideale per comprare gli ultimi modelli di racchette da ten– nis a prezzi stracciati. Ad un chilometro dalla fortezza veneziana, il cartello indica: «cimitero inglese». L'erba sale dappertutto insieme ai rovi, dei vialetti restano solo le tracce. Vicino alla capanna degli attrez– zi, due giovani becchini se ne stanno con le mani in mano. Tutte le tombe sono scoper– chiate, i lastroni spezzati, le fotografie dei de– funti strappate, le croci infrante. Era il cimite– ro dei greci ortodossi, con una piccola appen– dice_ .di maggiori e mogli di maggiori inglesi, «beloved, courageous women». Questa è rima– sta intatta. Il vandalismo risale al 1974, anno in cui l'eser– ~ito turco si riversò sulla costa nord di Cipro e m qu_a~antottoore spazzò via i greci. Seguì la spartmone dell'isola. A Nicosia c'è il muro e la terra di nessuno. L'esercito di occupazione tur– co staziona da undici anni, con 30.000 uomini che si addestrano ore e ore ogni giorno. A sud, nella parte greca; Larnaka si è trasformata in una città araba. Vengono i ricchi da Beirut quando là si spara troppo. Hanno uffici spie, arruolatori, palestinesi, sauditi. Proliferano i bar, i bordelli, gli import-export, gli avventu– rieri. Cipro greca si gode la guerra del Medio Oriente sperando che non finisca subito. Averlo saputo, andavam·o a sud. Qui al nord invece_non c'è niente. Soldati, soldati, soldati, guardiole, cavalli di frisia. La spiaggia del no– stro villaggio turistico è bella, limitata da due piccoli promontori. A sinistra ce n'è un'altra dove fanno il bagno gli ufficiali turchi. Se iÌ nuotatore con una bracciata oltrepassa la linea immaginaria nel mare che separa questa da . ::'~:f-"A'··~~ ;;~~·: :•?.: -:--~"' ~ :: .. , ... '~l{I; #l;;~ti:~i~:):_~---

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