Fine secolo - 7-8 settembre 1985

FINE SECOLO* SABATO 7 / DOMENICA 8 SETTEMBRE Nell'altra_paginaEmilia Fellonie GinoAzzurrini,due dei narratoridelle apparizionidel fantasm~. 7 tutta, in giù e in su, in giù e in su, su questa tela. Quella disgraziata a piangere perché era '/ su' guadagno. E lui di– ceva quanto importava ,e pagava». (Emilia Felloni). Guai poi se si sentiva colto in fallo. « Una ragazza çhe era a guardà le pecore gli disse: ce l'avète un fiammifero? Dice: un ce n 'ho punti. Come! Un omone grande come lei un c'ha nemmeno un fiammifero! Grande, lei gli voleva di' ricco. Come! un omone gran___de come me, nemmeno un fiamm!fero! Va a Brolio efa empire tutte le tasche difiam– miferi. A tutti i vestiti ci fa mettere i fiammiferi». (Emilia Felloni). ' Voi siete bello grosso e io sono secco Per ciò che riguarda i i:apporti con i mezzadri e con i sa– lariati il ricordo é di estremo rigore. Gino Azzurrini, ot- . tantacìnquenne, un'esistenza trascorsa a fare il carbonaio e l'operaio agricolo, attualmente ospite volontario, come ci tiene a precisare, della casa di riposo di Gaio,le in Chianti dove coltiva un bellissimo orto, anima e fa vivere il racconto con gli occhi, con il gesto, con l'intonazione della voce. Insomma un buon narr,atore. · «Arriva lui da/l'operai a cavallo. E l'operai che fanno? ... Quando vedi ì padrone si saluta! Quando mi vedete voi un mi dovete saluta', sennò perdete tempo!». - E Gino Peruzzi, anch'egli salariato, morto circa un anno fa: «A' contaliini gli disse un giorno a uno, mangiava una ci– polla: come! mangi la cipolla al posto del pane! Va via su– bito! Poi era consigliere comunale di Gaio/e e uno stradino gli chiese il rincaro dell'apra. Lui passeggiava in qua e in là. Voi guardate me e io guarderò voi! Voi siete bello gras– so, disse poi da ultimo, e io so' secco. Segno che state me" glio di me!». Non mancano sul tema neppure episodi di sapore· tragi– comico. «Un giorno giray_aa cavallo fra gli operai e i' cavallo lo scaricò. Quando si rialzò gli diceva: me la paghi, tanto me la paghi! Poi si voltò a un operaio lì vicino che era vecchio e un po' sordo. Gli disse: avete goduto, eh? E lui capì: avete veduto eh? Sì, disse. Ah sì eh?! E lo mandò subito via»: (Giuseppe Baldi). · Durezza non disgiunta da quel senso di giustizia e della protezione a cui si é già fatto cenno. «Era severo, ma qualche volta era anche giusto. C'era un sotto/attore, minacciò il mi' babbo. L'aveva minacciato tanto che gli sfilò dietro co' lafalce. E codesto fattore andò via, andò alla fattoria. Il barone chiamò i' mi' babbo e gli chiese perché l'avevafatto. Gli disse che il fatiore faceva delle angherie. ,Ascoltò un poco e disse al fattore: il conta– dino ha ragione, è più giusto di te! E lo mandò via». (Giu– seppe Baldi). Inoltre durezza verso tutti, familiari compresi. La morte di ben tre figli di un •signore così ricco, non poteva non colpire la fantasia popolare. Nacque così la diceria ché li avesse esposti alle intemperie per rafforzare il fisico. « Peggio era il tempo e più li esponeva. Andò a finì che gli morirono tutti». (Elt).iliaFelloni). Quando diventò governo Ma la questione ché cont'ribuì in maniera determinante a dannare la sua anima fu quella della terra. Troppa ne volle possedere. «Quando diventò governo, perché diventò governo..,metteva grandi tasse. Poi passava co' i' cavallo e diceva a questi piccoli possidenti: di chi c'é -qui?Bisogna pagare le tasse! Mah, mio non c'é. E allora ci sarà mio - e c'infilava un ba– stone. Sicché diventò tutto suo» (Gino Azzurrini). Più gra·veancora fu l'aver sottratto possedimenti al patri- monio ecclesiastico. · «S.Cristina, S.Lucia, l'Argenina, S.Marcellino erfno tutti· della Chiesa e restò con un podere solo» (Donato Manga– nelli). Conseguenza inevitabile, seconda una diffusa con– vinzione popolare, disgrazie per lui e per i suoi discen·– denti. Dopo la morte dunque non gli venne concesso di riposa– re in pace. «Io so che lo rivedevano, che lo risentivano passà con la ca-

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