Fine secolo - 24-25 agosto 1985

FINE SECOLO* SABATO 24 / DOMENICA 25 AGOSTO 24 LA BESTIA, PARSIFAL E SUPERMAN in giro ci invidiano - tuttavia rischiamo di ignorare di che lacrime grondi. Resta l'impressio1w che in Italia si stia mediamente un po' meglio che altrs)Ve. D'estate poi, ta– volini dappertutto, si vive nella strada, tutto diventa un campiello. Certo, c'è sempre una vocina seccante che chiede che cosa significa questo stesso caldo non dirò a Poggioreale; che ormai è tornato il luogo çomune di Gla– dstone, ma anche soltanto nella maggioranza degli uffici pubblici. Passiamo dal bel vivere al vivere secondo i.n ideale, ripro– posto dal Meeting cattolico di Rimini. Solo Comunione e Liberazione tiene la scena dell~ parte– cipazione giovanile ormai, e anche lì probabilmente i ra- - gazzi non sonq tanti. Opera del papa e di don Giussani, forse, e un po' anche di questo benefico venir meno della concorrenza. Il vivere secondo un ideale risponde a una struttura più tenace della voga delle ideologie. Anche la cultura dell'antifascismo, che è stata la nostra, aveva i suoi eroi, dagli esistenzialisti a Humphrey Bogart, e i suoi cavalieri della Tavola Rotonda - non so se contassero di più lè avventure vissute in banda per strada o lette nei Ragazzi della via Paal. · Non vorrai passare per il Nemecsek di un ·Boka-Craxi. n Psi non é il Partito dello Stucco ...C'era Salgari, Verne, Tex Willer, Topolino. Ogni generazione ha la sua aura mitica. Possono capitare generazioni di adulti meno ca– paci di accorgersene. A suo tempo, il '68 ha segnato il massimo di concrezione di quell'aura mitica, e poi l'ha immiserita tramutandola in ideologia. Esistenze troppo vitali si tumefanno, se non .riescono a trovare una disci– plina - un ordine teorico, avrebbe detto Gadda - diventa– no ebbre. Gli eccessi di gioventù danno la gotta: e se fu– ro~o eccessi politici, sarà una gotta politica. Una certa incertezza Gotta continua? In questo panorama un po' gottoso, CL ri– vendica la necessità delle certezze, e, a stare ai risultati, .nondel tutto intempestivamente. C'è forse una generalizza– zione frettolosa nel far coincider~·la crisi delle ideologie con la crisi della domanda di certezze? Non so se la questione vera sia quella delle certezze, o se sia uno stereotipo. Quanto a me, so che mi piace l'uomo di fronte all'incertezza, ma anche al dovere, al piacere, ~ alla libertà, alla responsabilità, alla vita, insomma. Que– sto so, che nessuna certezza mi ha mai appagato. Penso che sia upa condizione più felice, più dinamica, più giusta · in fondo, di quella di chi ritiene di possedere un gruzzolo consolidato di certezze. La mia professione di fede è che non si può vietare all'uomo di andare sulla luna perchè non era previsto che lo facesse. L'infinità dell'esperienza umana, limiti e contraddizioni compresi, questo mi inte– ressa, e lo credo costitutivo di valori. So che ogni azione politica sincera e degna è in qualche modo ispirata ai di– ritti umani, e al primo fra essi, il diritto alla vita, ma neanche il diritto alla vita può diventare un principio da cui dedurre tutto il resto. Trovo nell'espressione «diritti umani» un'eco dello spirito con cui i vecchi socialisti pre– ferivano parlare dei «lavoratori» piuttosto che della «classe operaia» - una ip.oltiplicazione dei riferimenti, se vuoi. Ma oltre le formule, c'è qui un ordine del giorno che può impegnare e accomunare fronti ideali e culturali lontani e lontanissimi, il cattolicesimo di CL, il radicali– smo, il socialismo. - Ma dove era fa via Gluck? A proposito di moltiplicazione dei riferimenti, io sono mo[– to attratto dalla dicitura «diritti dell'uomo e degli altri ani– mali». E' una formula suggestiva, paradosso compreso. Ti dico subito che io sono un eterno studente in questa materia e anzi che comincio appena·a imparare. Non è una sensibi-. . Iità nella quale sia stato educato. Ho imparato da gran– de, e grazie ad altri grandi, a guardare gli alberi e chia– marli per nome. e i fiµmi. i laghi. il mare. Perchè sono stato un indiano qietropolitano di fatto, un indigeno del cemento di Milano - ed era quello che mi piaceva, sopra– passaggi e sottopassaggi, garage, bar, tram, grattacieli, centro e periferia, lusso e povertà, la metropoli, appunto. Non ho mai incontrato u~ bue, non ho mai visto un par– co naturale nei miei primi. l 5 anni - tranne rare vacanze in montagna. Ero un buon pedone, potevo camminare per chilometri, ma era sempre città. I cani, certo, qualche gatto, i pesciolini rossi,,li avrò visti, ma in un radicale di– sinteresse: la cultura cui àppartenevo amava l'esistenziali– smo nei suoi momenti nobili, e in quelli ordinari bere molto, fumare molto,' essere pallidi e di città. Per esser chiari: sto imparàndo, ma senza riscoprire la cultura contadina. Resto un cittadino, non più aggressi– vo, un po' imbarazzato, che si guarda attorno con circo– spezione, si fa con circospezione l'occhio, e non dimenti– ca di apprezzare la capacità di fare un po' di conti. Di sa– pere perchè con un debito che ammonta nell'insieme a 500.000 miliardi ogni famiglia statistica italiana debba rassegnarsi a lasciare in eredità ai propri figli un debito di 12 milioni, e l'ambiente distrutto. Di sapere quante volte, e per quanto, i mancati contributi previdenziali, o la con– flittualità fra industriali e sindacati, si scaricano sull'am- b~ri~. . Le questioni sollevate dall'aborto, al cli là degli schiera– menti referendari o legislativi, sono tutt'altro che reg(!late, o anche solo definite in modo soddisfacente, mi pare. E' giusto trattare dell'aborto, al di là della circostanza. immediata, legislativa, referendaria: ma la mia metafisica è fragile, e si aggrappa volentieri alla minuscola legalità. La legge è sbagliata su_un punto importante, che non dà alle donne una delle condizioni effettuali per scegliere li– beramente di fare o non fare il figlio. La scelta dell'abor– to è la più facile: lo stato dovrebbe garantire ùn reddito e un'organizzazione del tempo appropriate alle madri che decidono di avere un figlio, e ce l'hanno. Non sarà sem– pre l'aspetto determinante della decisione, ma può esser– lo, ed è comunque influente. Qualcuno ha calcolato che avremmo avuto in questi anni 2-300.000 bambini in più; con quale beneficio morale (e anche demografico, che è secondario, ma non immorale) si può facilmente immagi– nare. Alla fine sceglierei La terminologia abortisti-antiabortisti è insopportabile. Una differenza di fondo c'è? C'è, anche·se non è detto che sia destinata a restar immu– tata. Il contesto è il problema della-vita umana, della sua ricreazione. (Non diciamo riproduzione, troppo indu– striale. Ricreazione è sacro e allegro insieme, rinvia alla divinità e al quarto d'ora di intervallo - in fondo è in quel quarto d'ora che si nasce). Il contesto di principio stabili– sce la tutela della vita uma~a, dovunque sia minacciata, senza possibilità di distinzioni di fatto. L'assolutezza del principio può indurre alla tentazione di rinfacciare agli avversari di tenere più ad alcune vite che ad altre - ma la logica-comparativa· è retorica. Io sresso so-che se il princi-. pio riguarda qualunque minaccia alla vita umana, nell'a– borto il grado di deliberazione, di intervento, di coinvol– gimento, è molto più ravvicinato e grave. Dell'aborto ra– gioniamo non come membri del genere umano, ma sul fondamento della nostra esperienza personale, fatniglia– re. Ciò non toglie che la ragionevolezza (e il rispetto per la libertà personale della donna) abbiano un loro doloro– ~o grado di validità. Il referendum non verteva sull'accet- .Jiazione o meno dell'aborto, ma sulla sua doppia dande-

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