Fine secolo - 17-18 agosto 1985

, ha visitato la California per raccogliere o per i prigionieri politici e incoraggiare · ·ative contro il regime di segregazione · e legalizzato dallo stato dei biànchi in Africa. Tutu ~ un uomo piccolo dal naso cciato e dotato di un molto piacevole e ri– te senso dell'humor. Ha esordito davanti · ila studenti dell'Università di Califor- ■ a Berkeley dicendo: "Sono venuto in que- • paese insieme con mia moglie per presen– m alla laurea di mia figlia..." E qui si è in– imtto, ha sollevato le braccia in alto, si è to intorno e poi sollevato nel constatare nessuno gli muoveva contro si è messo a ri– ec: "Ah ah ah, ah ah ah ...". Dopo la lunga ha aggiunto: "Mi ero dimenticato che fare una figlia occorrono due persone ..." seconda parte dell'intervento è dedicata storia dell'uomo bianco e dell'uomo nero nascono (o finiscono, non ricordo bene) o un pozzo e si rendono conto che o ne no in qualche modo insieme o non ne no; e qui Tutu si è impegnato in un ampio . orio di suoni intesi ad esprimere gli sfor– dei due disgraziati che.tentano di scalare le. ti della fossa. E infine ha concluso ripeten- diecine di volte la frase: "Thank you for · g so compa~ionate. Thank you for ca– ". Thank you, thank you, thank you. Gra– ' per dimostrarvi interessati, per non voltare I spalle,per non dire "me ne frego". Cfr. l'ispettore Callaghan Alla fine di febbraio il presidente Ronald Rea– gan .alle prese con la questione dell'aumento delle tasse sollevata da una parte del Congres- . so alla ricerca di rimedi contro il terribile defi– cit del bilancio federale ha sfidato i fautori di tale misura con una frase che, a maggior ragio– ne dopo !'.uso presidenziale, è diventata negli USA un classico della provocazione allo scon– tro: "Go ahead and make my day" (Avanti, dai un significato alla mia giornata). In una dotta nota linguistica ("The New York Times Magazine", Aprii 7, 1985) il commentatore William Sàfire traccia diligentemente iLcorso · dell'espressione usata da Reagan, dimostran– dosi peraltro singolarmente disattento o disin– teressato a vederne la sostanza e il posto che occupa nelle relazioni umane. "Uno dei molti significati del verbo "make" - ha inizio la sto– ria - è "assicurare il successo di..." (:..) Shake~ speare l'ha usato in questo senso. In "Otello" lago dice: "This is the night that either makes me or fordoes me" (E' questa la notte che o mi realizza o mi porta alla rovina)". Dopo Shake– speare sono in molti a contribuire alla defini- · zione di quel particolare significato di "make", Florence Barklay, P.G. Wodehouse, la c~ntan– te Carole King, William Styron, Hugh McLea– ves, ma è solo con l'uso fattone da Clint Ea– stwood nel film del 1983 "Sudden Impact" che ha luogo la cristaJlizazione. Eastwood, nei CbarlesBronsonin uno dei film della serie "Il giustiziere della notte" e, sotto, Hugo Goetz, il "giustizieredella subway": Il vescovoTutu nel corso di una conferenzastampa panni dell'ispettore Dirty Harry Callaghan, fa irruzione in un ristorante dove si sta consu~ m·ando una rapina a mano armata, in luogo del programmato pranzo, e puntando la sua Smith & Wesson sul ladro gli dice: "Go ahead, make my dau". Cioè a dire, invita il rapinatore a resistere all'arresto o a fare una mossa mi– nacciosa fornendo così all'ufficiale di polizia la scusa per ucciderlo; uccisione che ragalerebbe al poliziotto medesimo i caldi sentimenti di . buona volontà, buon umore e· diffuso ·ottimi– smo associati con una giornata così "made", così venuta a compimento". · In un parallelo sviluppo delle sue intenzioni il presidente Reagan rispondendo ai giornalisti· che gli chiedevano se la sua amminisfrazione stesse cercando il rovesciamento del governo del Nicaragua diceva: "No, no se i Sandinisti dicono «Uncle»". L'espressione «to say "Un– cle"» o «to cry "Uncle"» equivale a riconosce– re la propria sconfitta, a piangere e implorare grazia. D'altra parte "Uncle" è una forma ab– breviata per "Uncle Sam" cioè per gli Stati Uniti d'America; e quindi la risposta di Rea– gan suona: "Se i Sandinisti si inginocchiano e chiedono grazia, a me che sono gli Stati Uniti d'America, io non procederò a cercarne il ro– vesciamento e la sconfitta ~ili tare". Dunque: «Say ''.Uncle"» oppure «Make my day»: non è forse questa l'onorevole alternati"'._a che si offre all'avversario nel momento che precede l'e– splosione? Prima di sistemarlo riducendolo a . immondizia - cosa che mi farebbe immensa– mente piacere e mi farebbe star bene almeno fino alla prossima volta - gli lascio la possibi– lità di autocancellarsi riconoscendo il mio po– tere di vita e di morte. Tutto ciò non implica necessariamente che ogni minaccia e in particolare ogni minaccia di Reagan più di altre minacce debba inevitabil– mente tradursi iri condanna. Nel sistema di confronto politico planetario tra le due super– potenze la minaccia verbale e l'azione armata sidiramano da un unico linguaggio e s'intrec– ciano in quel_lasgraziatissima e infelice sintassi della deterrenza che i politologi globali chia– mano gioco. In questo cosiddetto gioco, per esempio, l'invasione dell'isola caraibica di Gre– nada da parte dell'esercito americano (ottobre 1983) può forse evitare l'invasione del Nicara– gua; e il macho-pensiero di. Reagan è insieme una reazione e, in qualche senso, un rimedio al wimpy-pensiero di Ca.rter (wimpy = fisicamen– te ·debole, remissivo, Ùno che le prende), che ha probabilmente incoraggiato il machismo del– l'URSS in Afghanistan e altrove. Ma il gioco ha il suo linguaggio e questo linguaggio della sfida e della violenza ad alta produttività crea la sua propria e stabile realtà che si riproduce, imprigiona, e tutti tiene in ostaggio o costringe· all'asfissia. E anche la storia recente del terro– rismo in Italia illustra come la strada tra sen– tenza ed esecuzionç: sia spesso contorta e irta . di gerundi ed errori di grammatica ma anche che il solo coraggio non sta nelle correzioni e nelle risciacquature ma nel rompere la lettera, infrangere le tavole della scrittura sado-maso– chista e il.dominio délla parola eretta a dispen– sare congiuntamente piacere a se stessi e morte agli altri. La rotta del sud Wash:::'.!ltlll, D.C., scalinata del Lincoln Me– moria!, ~28 agosto 1963, M~rtin Luther King pronuncia il discorso "Io ho un sogno". "( ...) Tornate nel Mississippi, tornate in Alabama, !ornate in South Carolina, tornate in Georgia, tornate in Louisiana, tornate ai ghetti e agli slums delle nostre città del Nord sapendo che · questa situazione può cambiare e cambierà". Pochi anni prima Giovimni XXIII aveva detto: "Tornate alle vostre case e fate una carezza ai FINE SECOLO* SABATO 17 / DOMENICA 18 AGOSTO ····-··:::::: ,,r 1§::;:::::1::fa:;::;:;;;;@:::rn:m::::;;;:· 1 7 bambini da parte del Papa". Gli anni '60 sono proprio questo: la ricerca del Sud, del Sud del Mississippi e di Avola, dei ghetti· neri e dei quartieri proletari _degli immigrati, e del Sud nascosto dentro le case: con un elenco che ri– mane aperto per oltre un decennio ad aggior– namenti e riedizioni per raccogliere tutti i Sud possibili da liberare e unificare, dalle carceri al Vietnam. Alla fine questa ricerca è diventata una battuta di caccia condotta in maniera os– sessiva .e monomaniaca, forse anche perchè la cultura del movimento della fine degli anni '60 è legata con doppio vincolo allo scelbismo del– l'inizio (Scelba era il ministro degli Interni de– mocristiano dal manganèllo facile contro gli operai, il manganello in resta di Scelba e dei .suòi celerini era il manganello mai morto di Mussolini e degli squadristi). E il linguaggio settario dei figli è legato con doppio vincolo al– l'immagine dei padri custodi del_manganello domestico, ben pasciuti, sordi e con l'unghia lunga al dito mignolo. Cose da non dire Forse ho preso un po' troppo alla lettera l'invi– to di Adriano Sofri a "rinnegare il vocabola– rio" (Fine secolo, sabato 4 maggio 1985, Le li– ste verdi prima del calcio di rigore). Mà forse è proprio necessario buttarlo a mare quel voca– bolario così come ~ necessario parlare di meno, quelle strade percorrerle in silenzio se si vogliono sentire le altre voci. Una specie_di prolungamento a tempo indeterminato di quel minuto di silenzio che si rispetta negli stàdi per ricordare un anziano giocatore_ scomparso: quante persone ha ucciso quel vocabolario? E quante non ne ha· fatte neppure nascere? Ecco in un'altra scena la stessa persona che in– tima «Say "Uncle"» oppure «Mals:emy day»: "Oggi tutti quelli che amano la libertà nel mondo devono dire: io. sono un berlinese, io sono un _ebreo nel mondo ancora minacciato dall'antisemitismo, io sono un afgano, io sono un detenuto nel gulag, io sono un rifugiato nei battelli che fuggono dal Vietnam, io sono un laotiano, un cambogiano, un cubano, un mi– skito in Nicaragua" (Ronald Reagan, discorso alla base americana di Bitburg, 4 maggio 1985). Appunto - come si chiedevano. i giorna– listi presenti - piangerà q non piangerà? Ora la cosa più idiota e parassitaria che si possa fare è quella di redigere una lista alternativa cancel– lando un miskito con un sudafricano, sosti– tuendo uri cileno a un afgano, con una opera– zione linguistica che non. a caso ricalca lo scambio delle insegne tra le superpotenze nella .persona di alcuni dei perseguitati di ciascuna delle opposte parti (ad esempio il segretario del Partito Comunista Cileno Corvalan con lo scrittore Bukovskij) e prefigura lo scambio dei cadaveri a venire dappresso. E poi non si può, e forse non si deve ·neppure tentare di essere nello stesso tempo tante identità anche se rag– gruppate in una sola parte, altrimenti si finisce per essere solo dei Bouvard e Pecuchet dall'a– nima dilatabile a soggetto. E infine molte cose non devono proprio essere dette. Ridurre la quantità èlelleparole e distin– guere accuratamente tra pericolose e meno ·pe– ricolose. Rinnegare il.vocabolario della provo– cazione e della violenza. Molto spesso e tera– peuticamente tacere. "La tua parola sia : sì sì, no no". Usare espressioni straniere e ·gesti. La parola esca da tutto il corpo come la freccia dell'arciere zen, e non solo dal pene. "Grazie", anche se ripetuto molte volte va sempre molto bene. Aiutarsi con i suoni, come Desmond Tutu, perchè i suoni fanno sentire agli altri ciò che sentiamo senza impegnarli o costringerli a se~tire in sintonia con noi anche tra qualche anno quando forse non sentiremo niente e non avremo niente di interessante da dire.

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