Fine secolo - 29-30 giugno 1985

V/adimir Jankélévitch è morto, a 81 anni, il 6 giugno scorso. Era nato in Francia, figlio· del primo traduttore di Freud in francese.· Studi prima in provincia, a Bourges, poi a Parigi, dove frequenta l'Eco/e Normale Su– périeure, diventa professore in ji/osojìa, e va poi, dal 1927 al 19_32,a insegnare a Pra– ga. Tornato in Francia, insegna fino alla guerra. Nel 1940 èferito e congedato, come figlio di stranieri. Entra nella resistenza clandestina, e vi partecipa con capacità e coraggio. Dopo la guerra,fa della Sorbona, dove insegna filosofia morale, una sua se– conda casa, in pratica·fino alla morte, con un gran seguito fra gli studenti. Le occasio– ni di impegno nei fatti lo hanno sempre vi– sto presente, da/l'anticolonialismo al mag– gio 1968. Gli argomenti dei suoi libri (e dei suoi corsi) sono -numerosi, e sempre segnati da una forte passione personale: dagli studi su Bergson (di cui era stato allievo) a titoli come "La. cattiva coscienza", "L'ironia", "La morte", "Il trattato delle virtù", "Per– donare?", "Il paradosso della morale" ... Adorato dai suoi frequentatori, non molto letto fino a poco tempo fa, Jankélévitch co– nosce da qualche tempo una vera gloria. Questo aiuta a spiegare lo scompiglio susci– tato dall'intervista a Libération che qui tra– duciamo: intervista che Jankélévitch stesso volle postuma, dopo averla corretta, e aver– ne tolto ogni riferimento a persone viventi. Ne «L'lnachevé»(l'Incompiuto),lei ha detto che il razzismo è odio dell'altro e che l'antisemiti– smo è odio dell'impercettibilmentealtro. Proprio cos:, è esattamente quello che volevo dire. Avevo riletto Mosé e il monoteismo di Freud e scoperto un nesso tra i due problemi. E' Freud a parlare dell'impercettibile differen– _zacome condizione degli odi più passionali e feroci, differenza che caratterizza appùnto la situazione degli Ebrei rispetto ai non-Ebrei. , Indipendentemente dal punto di vista adotta– to, infatti, è evi.dente che l'antisemitismo non è un caso particolare del razzismo In genere, d'altronde, nulla è mai un caso par– ticolare di nulla. Ogni sentimento, l'atteggia- . mento dell'uomo nei confronti dell'uomo è di una specie estrema, non paragonabile con ·al– tre. Ed. è questa specificità di ogni atteggia– mento mentale dell'uomo, in particolare di questi sentimenti, a far sì che non li sì possano paragonare a nessun altro. D'altra parte, du– rante la guerra, io ero al fianco dei partigiani comunisti e li sentivo dire: «Ti crei delle idee straordinarie, il tuo punto di vista è passionale ed è la società borghese a favorire questi senti– menti. Quando non vi sarà più il capitalismo, . non vi sarà più antisemitismo». Infatti si dice ancora "sporco Ebreo" . come al tempo dello zar schemi, nòn abbia sradicato queste vecchie idee? Le strutture dell'inèonscio collettivo sa– rebbero davvero così permanenti ed indelebili? Ecco qualcosa che è, di per sè, una sfida al marxismo. (-...) Ho sentito dire "sporco Ebreo" · anche fra i partigiani. Ma non oserei scriverlo Quando afferma che nel 3000, in una.società senza classi, esisterà l'equivalente di qualche cosa che oggi chiamiamo antisemitismo, intende forse dire che siamo di fronte a qualche cosa di immutabile,come ad una specie di legge metafi– sica che va al di là di noi? Ecco il grande problema. Non dico che nel 3000 vi saranno ancora degli antisemiti, ma sa– rebbe più che lecito dirlo, dopo aver vissuto nell'epoca in cui abbiamo vi.ssuto, in cui io, in– teramente, ho vissuto. Ho persino sentito dire «sporco Ebreo» nel "maquis", nella Resisten– za. Ma non potrei scriverlo. Ne arrossisco io stesso. Dopo, quello che me lo diceva si.mette~ va a piangere, chiedendo perdono. Dal canto mio, avevo avuto il tempo di sentirlo ...E' un meccanismo, una macchina prefabbricata, lo si . dice come si dice «brutto porco». Sono parole precostituite. In questo senso, la tesi di Jung . sull'incons.cio collettivo è geniale. (...) . Perchè le cose stanno così? Un insieme di cir– costanze, la storia, il modo in cui l'uomo com– pare nella società, fanno sì che tocchi agli Ebrei. Non ai Camerunesi. Non possono esse– re i Neri, perchè sono dissimili dagli altri. Toc– ca a chi ha un aspetto ariano e non lo è. Vienna, che era la capitale dell'antisemitismo, e lo è rimasta. Qui ritroviamo la tesi freudiana. L'antisemiti– smo è stato più violento nelle società molto evolute, in cui gli Ebrei erano numèrosi, molto assimilati e convinti che a loro non potesse ca– pitare, come per esempio a Vienna. Vienna ca– pitale dell'antisemitismo e che lo è restata. Gli Ebrei avevano una eminente collocazione nelle arti, nelle scienze, e costituivano addirittura una componente importante dello spirito vien– nese, uno dei suoi caratteri strutturali -pensi alla stessa psicoanalisi, o alla musica atonale di Schoenberg. Quella società ha conosciuto un antisemitismo orrendo, il più orrendo di tutti, l'equivalente di una denuncia: si crede di non esserlo ma, per quanto si faccia, lo si è comun– que. E' la cosa invisibile che agisce un pò in tutti. E' estremamente frequente . In cosa tutto questo riguarda unicamente gli Ebrei? · Si tratta di un insieme di circostanze, non di una fatalità. Io non sono un teologo, non cre– do in un Dio che serba rancore nei confronti degli Ebrei perchè discendenti di coloro che crocifissero Gesù Cristo. Questo· è il mito, con lo, invece, non lo credo affatto. Nel 3000, il simbolo della croce, permanente per i cristia- quando vivremo in una·società senza classi, si ni, siano essi cattolici o protestanti. Permanen- sentirà ancora dire «sporco Ebreo». (...) tè, nonchè legato ad un insieme di circostanze L'URSS ha conosciuto la più profonda rivolu- storiche. Giapponesi è Cinesi ignorano total- zione di struttura economica e sociale ·nella mente l'antisemitismo -non che amino gli storia, sconvolgendo quindi, in linea di princi- Ebrei, non nutrono alcun sentimento partico- pio, le relazioni tra gli uomini, ma è pur sem- · - lare nei loro confronti; non sanno di cosa si pre possibile sentii- dire «sporco Ebreo» in un tratti, molto semplicemente. E sono la parte tram di Mosca. maggiore dell'umanità. ~ Com'è possibile un fatto del.genere? Me lo sa Noi siamo degli Occidentali, siamo a Parigi, di dire, lei? Guardi che si dice ancora «sporco · razza bianca -mi passi questa parola- e, tra Ebreo» come ai tempi dello zar. Come è possi- noi, vi è altra gente, sempre di razza bianca, bile che uno sconvolgimento che ha scavato ma non esattamente della medesima origine. così in profondità, non abbia fatto salt~re gli Questo si trova nell'inconscio di ~iascuno: si In una sinistra francese più tenace della nostra - perchè manca il PCI, ma c'è la Grande Rivoluzione - un'intervista postuma di, Vladimir Jankélévitéh ha portato un vero scompiglio. Èppure, in apparenza, si tratta di un morto che parla di altri morti - di un regolamento di conti in una generazione che si estingue. Tuttavia; i temi toccati da Jankélévitch in un colloquio deliberatamente p_ostumò - l'odio fratricida, l antisemitismo, la necessità . e l'impossibilità del perdono, la piccineria dei . granduomini- sono, evidentemente,ferite non ben rimarginate; o inferte . ogni giorno di nuovo. Pubblichiamo qui, con alcune abbreviazioni, il testo comparso giorni fa sul · quotidi,ano Lib~ration. UNM CHE TURBALA Dl crede di essere simili, ma non lo si è. E' nell'at– teggiamento dell'uomo di fronte al quasi-simi– le, all'appena-dissimile, che ritrovo i concetti su cui rifletto di più, la differenza infinitesima– le, la dissomiglianza infinitesimale. E' la più passionale. In genere, gli uomini quasi-simili si detestano. E l'Ebreo incarna il quasi-simile. I Belgi detestano gli Olandesi, i Polacchi dete– stano i Russi, è leggendario, ed i &ussi non ~ssono soffrire i Polacchi. Una situazione scabrosa, la frontiera Perçbè sono "quasi simili"? Ad essere scabroso è quel "quasi". Uso inten– zionaln'Ìente la parola "scabroso". E' una pa– rola · pittoresca, non sufficientemente invàlsa nella lingua francese: scabroso non vuol dire colpevole, ma critico, compromettente, al limi– tare di qualcosa. Ed è quel "quasi", il quasi-si– mile o il quasi-dissimile. Credo che porti molto lontano. Disgraziatamente, tra gli ebrei è-un dato esistenziale. Correlativamente alla filosofia del quasi, c'è l'esercizio dell'amqiguità, dell'equivoco. L'e– quivoco prospera come le rane in uno stagno, come le lumache dopo la pioggia. ~•atmosfera del quasi, quasi-simile o quasi-dissimile, favo-· risce l'ambiguità. E' il regno dei provocatori per eccellenza; i provocatori prosperano nel fango dell'ambiguità. Ma allo stesso tempo questo quasi-simile viene utilizzato perspiegare l'attrattiva: amo colui che mi somiglia. Lo troviamo già in Empédocle. Il quasi-similenon è soltanto un principio di odio e di esasperazione, ma anche un principio di ap– prossimazione c~ avvicina la gente. Come mai, nel caso dell'Ebreo, questo quasi-simile ricorre nella forma del rigetto? ,\ Me lo spiego con_una sola parola: passione. Si tratta di una situazione passionale. Ci si asso– .miglia e si è dissimili. Somigliandosi ed essen– do dissimili, non riuscendo più a sapére se si è diversi o ·se si è uguali, è pqssibile scivolare sia nell'odio -nell'odio implacabile, quello che si prova per qualcuno cui si vorrebbe somigliare ed al quale non si somiglia interamente- che nell'attrazione positiva. Come in tutte le situa– zioni passionali. Quando si è in preda alla passione, non si sa se si ama o_sidetesta, come quelle coppie che non possono vivere nè insieme nè separate. Non mi chieda di introdurre una logica che non può esistere; quella della passione non è una logica. La si può comprendere, se ne possono preve– dere le reazioni. Io rispondo con la parola pas– sione, che non è una spiegazione ... Quanto a me, io non posso perdonare Lei ha parlato di qualche cosa di imperdonabi– le. Vi è qualche cosa che non riusciamo a mette– re ~ tra quello che scrive sull'amore e sai perdono. L'amore non deve amare ciò che è amabile, è troppo facile, ne è capace chiunque così come il perdono che perdona il perdonabile, è altrettanto facile; per essere puro, dovrebbe perdonarel'imperdonabile. Sì, effettivamente vi è una contraddizione, ma io sono come Pascal, la professo. Non che ne sia fiero. Potrei dire che viviamo in un mondo sconnesso, lacero, in cui è impossibile realizza– re -lo si può tutt'al più sognare- una coerenza perfetta, ~istematica, all'interno della quale prevedere i casi in cui si deve perdonare e quel– li in cui non bisogna farlo.

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