Fine secolo - 29-30 giugno 1985

ALBU UN MONDO DA GUADAGNARE. O DA FAR SALTARE Questa fotografia è stata diffusa dalla AP il 22 giu– gno, da Beirut. "Reporter" l'ha pubblicata lunedì scorso, senza commento. Noi la ristampiamo ora, per custodirla fra le nostre pagine, come fra i fogli di un album. Dice la didascalia d'agenzia: "Un Palestinese con una sola gamba mostra come i guerriglieri lancia– vano con la fionda proiettili esplosivi da 20 mm. con– tro gli Sciiti nel campo profughi d1 Bourj el-Barjneh". Una immagine "costruita", dunque: ma questo è vero per tutte le immagini di guerra, non solo per il milizia– no di Capa, ma già per l'Enrico Toti delle nostre in– fanzie, ora dissacrato anche lui, la figura più immedia– tamente evocata da questo palestinese che fa a meno perfino della stampella. Ma c'è anche la fionda, e la fionda vuol dire il piccolo Davide contro il grande Golia. E la fionda, ancora, vuol dire l'arma popolare, primordiale, contro la tecnologia militare - quella che ha prodotto le macerie intorno. E la fionda, ancora, - - - - . sa di ragazzate, di gare a tirar giù i nidi e a spegnere lampioni. Una quinta essenza dei nostri valori, dun– que: il patriota, il piccolo contro il grande, il partigia– no contro il regolare, il mutilato che non si arrende, l'adulto che continua a giocare alla guerra. Una foto– grafia, dunque, che si potrebbe appendere alla parete devozionale di combattenti passati presenti e fu turi. O forse no. Forse l'immagine evoca la strenua batta– glia del contagiato che vuole trascinare nella propria fossa il sano. Forse fa pensare allo sprezzo dell'omici– da a tutti i costi, compreso il suicidio. Alla disperazio- ~ ne., alla corte dei miracoli, alla recita tragica tenuta fino alla farsa, a un esercizio di cultura ginnica; Forse appartiene all'iconologia di Quelli che non hanno niente da perdere: tipacci da cui guardarsi, diseredati che hanno da perdere solo le loro catene. Quelli che hanno ·un mondo da conquistare. O, se non altro, da far saltare. · · FINE SECOLO* SABATO 29 / DOMENICA 30 GIUGNO •-trrw;;t(::j• 23 ,Ostaggi • • e nscatti. In un bel libro di recente tradotto (Bernard Lewis, Euro– pa barbara e infedele, I musulmani alla scoperta dell'Eu– ropa, Mondadori 1983) si legge alle pp.35-37: "L'attività corsara degli stati nordafricani, tollerata e a volte-perfino stimolata dalle rivalità fra le potenze euro– pee, si protrasse per tutto il XVII secolo. (...) Dal reso– conto di un ambasciatore ottomano a Madrid nel 1787- 1788 emerge un quadro assai interessante di alcuni aspet– ti dei rapporti tra i governi occidentali e i corsari barba– reschi. In quanto rappresentante del sultano, nominal– mente sovrano del bey di Algeri, destava in lui viva preoccupazione un accòrdo recentemente concluso tra il bey e il re di Spagna e, avuta occasione di discutere la questione con l'emissario del bey a Madrid, venne da questi rassicurato: L'armistizio (musalaha) sottoscritto dagli algerini con gli spagnoli è a tutto vantaggio dei primi. In base a questo accordo, gli spagnoli avrebbero potuto riavere i loro 1250 uomini tenuti prigionieri ad Algeri pagan– do per ciascuno di essi un riscatto pari a 1000 reali. Il lato divertente della vicenda è che, fatto l'accordo, quando il denaro arrivò ad Algeri, gli algerini s'im– possessarono dell'intera somma intascando così anche quanto era stato pagato per il riscatto degli uomini morti durante la prigionia e mettendo gli spagnoli di– nanzi al fatto compiuto. Il documento prevede, inol– tre, che il re di Spagna,oltre a inviare come dono al governatore di Algeri cinquecento borse d'oro, gioielli e altri beni, s'impegni anche a versare una notevole somma in contanti perchè sia assicurata la pace e a fornire tutto l'occorrente per rinnovare la flotta e gli arsenali algerini... In Ispagna si trovavano, fra l'altro, oltre un centinaio di prigionieri algerini che in base al– l'accordo sarebbero dovuti essere riscattati dagli alge– rini in cambio di denaro. Questi ultimi, invece, rifiuta– rono di farlo dicendo: "Non ci servono questi tradito– ri e codardi, ché se non fossero stati tali non si sareb– bero fatti prendere". Gli spagnoli, assai perplessi, ten– nero l'episodio ben celato agli altri stati. Per porre fine alla questione, inviarono una lettera privata al sovra– no del Marocco in cui si diceva: "Se vorrete accoglier– li, siamo disposti a liberarli nel vostro interesse". Que– st'ultimo, ispirato da solidarietà islamica, acconsentì e, quindi, accolse i prigionieri in tal modo rilasciati. Diede a ognuno di essi denaro e abiti e li rispedì ad Algeri. Gli spagnoli cercarono di salvare la faccia dif– fondendo un comunicato in cui dicevano di aver agito su richiesta del sovrano marocchino. In breve, la fer– mezza religiosa degli algerini ha profondamente colpi– to gli infedeli e costretto gli spagnoli a piegarsi. Un giorno, trovandomi a Madrid e conversando con un'altolocata personalità algerina, domandai: "Perchè avete optato per la pace con gli infedeli dal momento che vi procurano così lauti guadagni?" Questi rispose: "I nostri vantaggi sono davvero enormi. La pace du– rerà al massimo tre anni, durante i quali potremo con– tare sui guadagni che abbiamo ottenuto in preceden– za. In quanto al presente, stiamo racimolando quanto ci basterà per due o tre anni senza subire alcuna perdi– ta". Con ciò intendeva dire che la pace non era che una parola scritta sùll'acqua'.'.

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