Fine secolo - 8-9 giugno 1985
FINE SECOLO * SABATO 8 / DOMENICA 9 GIUGNO glioramento della vegetazione e alla sopravvi– venza di alberi piantati. I risultati sono c·osì convincenti_ che sono stati fatti tentativi per controllare i conigli usando la myxomatosi tra– smessa dalla pulce dei conigli. Otto piante di Hibiscus Philip, Almeno per una specie, Hibiscus lnsularis, ora ridotta a circa 8 piante sull'isola Philip e nori conosciute fl.ltrovenel mondo come piante sel– vatiche, la sopravvivenza_dipende dall'efficace controllo dei conigli. Anche gli insetti sono "pascolatori" efficienti. È stata avanzata l'ipotesi che uno dei principa– li fattori di morte degli alberi nell'Australia ru– rale è l'accresciuta popolazione degli insetti. • Sebbene il manto degli alberi sia stato drasticà– mente ridotto dal disboscamento per l'agricol– tura e il pascolo, la popolazione di insetti è au– mentata. L'.attacco degli insetti è ritenuto un (attore di declino di almeno una specie in peri– colo, la Swainsona plagiotropis (un pisello). Il circolo· vizioso - animale– pian-ta-uomo europeo I mammiferi nativi affliggono la vegetazione indigena direttamente, pascolando e brucando. Questa relazione piant~/animalé è, parte di un sistema naturale, ma gli effetti sono marcata– mente cambiati in alcune zone dell'Australia per effetto dell'insediamento europeo. Per esempio, alcune specie, come il canguro rosso e grigio, sonò aumentate enormemente di nu– mero grazie alla facilità di approvvigionamen– to idrico per le necessità domestiche. La rimo– zione di zone ad alberi e l'aumentò di erbe e di vaste aree a cereali, hanno accresciuto anche le riserve alimentari per i grandi marsupiali. IIi particolare durante la siccità, quando la gara per il cibo tra animali selvatici e domestici è più du"ra, le specie originarie di piante possono esserne coinvolte. Si-crede che l'agricoltura sia stata uno dei ·fat- · tori principali della estinzione di 45 specie. È considerata anche ·una minaccia nel passato a 158 specie in pericolo, e come minaccia presen– te e futura di 110. Il pascolo di animali dome-. stici, selvatici e nativi invece è giudicato re– SpQnsabile della presunta estinzione di 31 spe– cie ed è una minaccia passata-di 48.e presente e futura di 55 specie in pericolo. Gli alberi di casa Gli europei cominciarono presto a usare gli al– beri locali per recinzioni, costruzioni di case e legna da ardere. Essi diedero nomi comuni al legname, basati sulle somiglianze d'aspettç,, se non di uso, col legno degli alberi dell'emisfero del nord cui erano abituati. Nomi come quercia; mogano bastardo, frassi– no e cedro, furono impropriamente adottati senza giustificazioni botaniche. Molti di questi nomi perdurano. Le foreste nelle immediate vi– cinanze di Sidney furono trattate còme un ostacolo da rimuovere per l'agricoltura, quan– do non per le attività minerarie, piuttosto che una risorsa da sfruttare per il legname. Questo ~ttçgggmento- è confe_rmato dal fatto che la branca forestale del governo fu inserita nel Di- artimento delle miniere agli albori dell'ammi- · nistrazione forestale nel Nuovo Galles del Sud. Solo nel 1883 organizzazioni di gestione fore– stale vennero create: fu l' Austràlia del Sud, lo Stato con l'area più piccola di foreste origina- - rie,~ prima ~~reare l!!l djQartimento foresta– re:- - Solo il 5,5% dell'Australia è foresta originaria, e 1'8,3% è terreno boschivo. Circa il 30% dei 42 milioni di ettari di foreste naturali è pro– ptjetà dello st~to, utilizzato soprattutto per la produzione di legname, e circa il 20% è di pro– prietà private. Il resto, che è di proprietà pub– blica, è usato per la raccolta di legname tranne qualche zona dedicata alla conservazione. Nel 1979 c'erano altri 730.000 ettari di· piantagio– ne, cirèa lo O, 1% del territorio australiano, di cui il 70% era di proprietà pubblica. Le conife– re esotiche, in particolare la Pinus radiata oc– cupava circa 1'88% dell'area coltivata, e il re– sto era soprattutto di specie di Eucalyptus e Araucaria cunninghamii. Ci sono molti tipi di comIIlercio forestale pra– ticati in Australia, ciascuno con differenti con– seguenze sulla conservazione delle specie d~ piante. La piantagione forestale, compreso il totale rimpiazzo della vegetazione naturale,. hà l'effetto maggiore. Chiazze di vegetazione originaria su pendii, luoghi rocciosi o paludosi e strisce lungo corsi d'acqua, sono spesso rimpiazzate da pianta– gioni. La zona di piantagioni è andata aumen– tando di circa 34.000 ettari l'anno. Questa ve– locità è probabile che· continui, con l'obiettivo dell'autosufficienza di legno dolce nel 2000. · L' "oro rosso" La selezione dei singoli alberi pregiati per il le– gname per mobili tende a essere praticata in . foreste chiuse. La velocità di sfruttamento può portare al loro calo numerico. Il Toona austra– lis (cedro rosso) fu chiamato "oro rosso" dai primi coloni per il valore per la falegnameria. Il taglio procedette a una velocità così elevata che nel 1802 il Governatore fu costretto a ema– nare un Ordine Generale che proibiva il taglio non autorizzato del Cedro Rosso. È vero che lo sfruttamento di una specie tende a fermarsi per ragioni economiche prima dell'azzeramen– to e talvolta' è possibile un recupero, dato un certo grado di protezione da ulteriori sfrutta– menti. Le foche elefantine nell'Antartide, e alcune specie di balene si stanno lentamente riavendo dal primo supersf ruttamento. Il Cedro Rosso; anche se non coprirà mai un raggio ainpio come prima, ha una presenza nelle riserve di conservazione sufficiente a farlo considerare specie non minacciata. Il Dacrydium franklinii è in una posizione simile. Nonostante la rac– colta estensiva di legname e jl disboscamento per la costruzione di dighe idroelettriche, è presente àncora in quantità ragionevoli nelle riserve di conservazione e sulla terra di Crown in Tasmania, specialmente in esemplari giova– ni. È quindi considerata come specie non rara o in pericolo. Clandestine ai bordi delle strade I lavori stradali intesi come minaccia alle spe– cie di piant~ comprendono progettazione, co– struzione e mantenimento delle strade. r rifiuti ai bordi del!e strade. e altri scarichi possono putrefarsi risultando un arricchimento nutrien– te, che favorisce la crescita di malerbe esotiche a spese delle ·specie da brughiera-adattate a ter– reni con basso nutrimento. In molte parti del– }'Australia rurale che sono state intensamente sviluppate per l'agricoltura e il pascolo, le uni– che rimanenze di vegetazione originaria sono quelle nelle strette strisce di terra tra il piano stradale e la terra disboscata. Miniere e cave L'area totale di tali attività in Australia è an– cora relativamente piccola. Solo di una specie, Heterachne Baileyi, si pensa che si sia estinta a causa delle miniere. Urbanizzazione e sviluppo industriale · L'Australia è altamente urbanizzata: pm del1'85% della popolazione abita nelle princi– pali città della costa. Questa çoncentrazione ha a~to un grosso peso sulla flora naturale in quelle zone. Spesso, tuttavia, lo sviluppo urba– no e industriale segue semplicemente la scia delle attività agticole che hanno ripulito la ter– ra. La grande espansione di città- come Sidney, Perth e Melbourne è avvenuta principalmente in zone che fino a poco prima erano agricole. Sette -specie si presume siano estinte a causa dell'urbanizzazione e lo sviluppo industriale. Queste attività sono ritenute responsabili di aver messo. in pericolo 22 specie. Quindici di queste sono tuttora minacciate, ed è probabile Io saranno in futuro. Raccolta orticultura/e La raccolta orticulturale va dai fiori o frutti alle piante intere per l'uso in giardini privati o per la vendita tramite i vivai. Felci e orchidee epifitiche vengono prelevate in piante intere sia legalmente che illegalmente. Gruppi di piante _ come le insettivore e le orchidee suscitano ten– tativi di ottenere collezioni complete senza ba– dare al mantenimento della popolazione selva– tica. Alcune specie rare di questi gruppi sono molto ricercate e hanno prezzi altissimi. Si crede comunque che nessuna r,pecie austra– liana si sia estinta per la raccolta orticulturale. Il fuoco necessario~ anche Molte piante australiane vengono bruciate, ed alcune ne hanno bisogno per sopravvivere. Al– cune specie a crescita lenta delle brughiere co– stiere, che danno una spettacolare fioritura, sono gradualmente rimpiazzate da arbusti che crescono più alti se il fuoco viene a mancare. In molte specie di Acacia la germinazione è ini– bita finchè la dura corteccia del seme si rompe per il calore o viene abrasa. Molte specie di Eucalyptus, Hakea e Banksia trattengono i semi in frutti legnosi per molti anni, liberandoli quando la pianta muore. Il fuoco venne in Australia, forse come risulta– to di un fulmine, molto prima dell'arrivo del– l'uomo aborigeno. Ancora oggi si stima che il 10:-25% degli incendi boschivi comincino per un fulmine. La velocità e il tipo di incendi cambiò drammaticamente in Australia con la presenza degli aborigeni che sistematicamente accendevano f1_1ochi ~r fé!! crescere l'etba e at– trarre la selvaggina, per ripulire il terreno e fa– cilitare i movimenti o per fare segnalazioni. I primi esploratori-europei e botanici come Cun– ningbam e Mitchell annotarono questa abjtu– dine agli incendi. Nel diario dell'esplorazione attraverso quello che ora è l' Australian Capital Territory_,_Cunningbamnel 1824parlò degli in– cendi "che spesso sono molti estesi". Il Mag– giore Tlwmas Mitchell--saiss@ nel 1848: "Il fuoco, l'erba, i canguri e gli abitanti umani sembrano tutti dipendere..Tuno daH'altro per la loro esistenza in Australia". È ora assodato che alcuni dei cambi~enti che e]:,be_ro luogo nella vegetazione quando gli aborigeni furono uccisi o spinti a ritirarsi dall'Australia sud– orientale con l'espansione deirinsediamento europeo, furono dovuti alla cessazione de11e pratiche per bruciatura. I colonizzatori éuropei bruciavano le macchie come parte del processo di bonifica del territo– rio per l'agricoltura e il pascolo e più tardi per proteggere le loro case e i loro beni dai fulmini. Solo recentemente le tecniche di incendio sono
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