Fine secolo - 8-9 giugno 1985

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Non era una convinzione astrat-– fil, ma una vera vergogna e dolore di essere nati in un Paese che nella sua maggioranza aveva accettato la legge nazista, denµnciato gli Ebrei, ecc.". Ora, non c'è dubbio alcuno che questa stessa rivolta morale si ritrova nella RAF, come nelle Brigate Rosse. Con una dif– ferenza so~tanzia)e, però. Che tedeschi e italia- . ni sono convinti di portare sulle loro spalle una questione nazionale incompiuta, un biso..: gno di riscatto che le democrazie postbelliche nei loro rispettivi paesi hanno risolto in forma di farsa. Chiunque abbia seguito l'itinerario della RAF, fmo al drammatico e provvisorio epilogo di Stammheim, sa quanto la cattiva coscienza della Sinistra Tedesca, incapace di "impedire due guerre mondiali imperialiste e dodici anni di fascismo", sia stata decisiva nel– ·1anascita stessa del terrorismo tedesco di estre– ma sinistra. Ma non tutti, forse, hanno letto UD testo di Andreas Baader, nel quale il nume– ro UDO -della RAF si scaglia contro gli Stati Uniti, colpevoli di "aver costitu~to tre contro– Stati con lo scopo di sbarrare la strada al co– munismo: la Corea del Sud, il Sud Vietnam e la Repubblica Federale tedesca". La quale sa– rebbe retta da "una struttura messa insieme a partire dallo status di paese vinto e occupato, che permette l'assorbimento dei processi essen– ziali di decisione in una strategia istituzionale che esclude - o può escludere - l'elezione demo– cratica come fattore influente di decisione, o soltanto di partecipazione alla decisione, e ciò grazie alla dominazione del militare sul politi- · ·co". Se lo stato tedesco non è altro che un fan- toccio al servizio dello zio Sam, come la Corea dei generali fascisti o il Vietnam di Thieu, come riconoscere alla Repubblica Federale e ai suoi dirigenti, Willy Brandt compreso, una qualsiasi legittimità nazionale? Come. non ve– dere nella separazione in due della nazione te– desca un'umiliazione voluta dall'imperialismo americano e nell'Unione Sovietica. un punto di riferimento, imperfetto forse, ma necessario - Vietnam docet - per tutti i popoli che, prima ancora che per il socialismo, lottano per la li– berazione nazionale? D'altra parte, come non ricordare le famose invettive di Ulrike -Mein– hof contro le rivendicazioni operaie: "merde economiche che non valgorio la pena che si in– gaggi per esse la lotta rivoluzionaria?". Ben altri erano gli obiettivi dellà RAF. E in primo luogo riscattare la coscienzà nazionale di un popolo maledetto. È pur vero che la drammaticità assunta dalla questione naziona– le nella storia della RAF non ha avuto pari in FINE SECOLO * SABATO 8 / DOMENICA 9 GIUGNO quella delle BR, che non vivono ~~ un paese di– viso. Come è vero che i brigatisti hanno dedi– cato tonnellate di ciclostilati alla condizione operaia, fino a rivendicare il recente omicidio del prof. Tarantelli in nome di quattro punti di scala mobile. Ma, prima che i loro successivi epigoni facessero progressivamente scempio delle motivazioni stesse che avevano ispirato la · nascita delle BR, i membri. del nucleo storico avevano ampiamente rivendicato là doppia ne– cessità di riprendere una Resistenza incompiu– ta e di approfondirla nella direzione ostile agli Stati Uniti d'America, identific;ati con il male assoluto, l'imperialismo. Chi, infatti, se non_il nucleo storico, ha scritto: "La guerriglia signi– fica anche il rifiuto della condizione di 'negri bianchi' dell'imperialismo, il rifiuto di una do– minazione economica, culturale, scientifica; psicologica, che la quinta colonna democristia– na vuole imporre a qualsiasi prezzo. La guerri- . glia significa il rifiuto di questa· situazione di "paese di serie B". in seno al sistema democra– tico occidentale". L'emergere prepotente della questione nazio– nale tra le motivazioni della scelta milit;ante è quanto è mancato all'estrema sinistra maoista francese per diventare terrorista. "Il dato poli– tico innegabile del quadro p9litico all'interno del quale ci muovevamo - scrive Antoine Li– niers - era che il governo che combattevamo succedeva direttamente a quelli formati dal ge– nerale De Gaulle. E che, globalmente, il perso– nale dello Stato che noi volevamo abbattere era "gollista". Cioè della gente che aveva fatto la Resistenza e aveva anche realizzato, in fin dei ·conti, la decolonizzazione: fine della guerra d'Algeria, indipendenza dei paesi africani. Di modo che, tra i riferimenti storici che noi ri– vendicavamo, i due che appartenevano alla storia del nostro paese - resistenza antinazista e lotta dei"popoli colonizzati - si trovavano ad essere, contraddittoriamente, gli stessi del po– tere che assumeva dunque, ai nostri occhi, una figura particolarmente ambigua, sconcertante. Infine, l'orientamento della diplomazia della Quinta Repubblica, allineata né su Washin– gton, né su Mosca, non poteva non porci dei problemi. L'appartenenza della Germania Fe-. derale alla NATO, la presenza di basi america– ne sul suo territorio, sono state e continuano a essere se non. il primo motivo del terrorismo in ~ quel paése, almeno il suo primo pretesto. Ora, la Francia non era neppure membro della NATO, nessuna truppa "imperialista" stazio– nava sul suo suolo. Essa aveva persino in nu– merosi paesi del Terzo Mond~ - probabilmen– te più di oggi - la reputazione di una alternati– va anti-americana. Il discorso di Pnom Penh non era poi così lontano". Leggevo queste ultime frasi guardando,. con la 'coda dell'occhio, un servizio sul summit di Bonn, sulla visita di Reagan al cimitero di Bi– tburg e sulla resistenza del presidente Mitter~ rand alle tesi della Casa Bianca su guerre stel– lari e, accordi commerciali. E non ho potuto impedirmi di pensare che i governi italiani - al– meno quelli degli anm di piombo - non aveva– no mai dato la sensazione di aver almeno ten– -tato di fornire alla questione nazionale una ri– ·sposta diversa da quella che caratterizza "un paese di serie B". Forse se . qualche indizio fosse apparso che un'azione, magari machiavellica, poteva es,sere condotta dall'alto, dalla stanza dei bottoni, le certezze di cui si alimenta l'ideologia terrorista avrebbero potuto essere in qualche modo cor– rose e gli anni di piombo evitati? Sarebbe troppo semplice, e comodo, conclude– re così. Resta tuttavia l'indicazione di una "differenza" che può contribuire ad interpreta– re un aspetto delle parabole della ."lotta a~a– ta", ma anche la perdurante opposizione fra un ·habitat politico come quello tedesco, in cui trova corso piu o meno equivoco lo slogan "meglio rossi. che morti",. e uno, come quello francese, che tiene al suo centro la denuncia del totalitarismo.

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