Fine secolo - 18-19 maggio 1985

FINE SECOLO* SABATO 18 / DOMENICA 19 MAGGIO 32 ,, IL SOLE DI 5. FA In un giorno di sole, mettetevi dritti in piedi, misurate la lunghezza della vostra ombra, tirate fuori l'apposita tabellina -e saprete che ora è. Avrete fatto del vostro corpo un utile gnomone. Utile fino a un certo punto? Meglio quando era solo il brontolio dello stomaco ajjàmato ad avvertire che era ora? C'è qualc,uno che ha pensato anche così. L orologio portatile meno noto ma più immediato siamo noi stessi. Non mi ri– ferisco ai nostri ritmi biologici. Ma al– l'uso del nostro corpo come gnomone, come perno che può proiettare l'ombra del sole e permetterci di riconoscere l'ora. C'è bisogno, oltre che del nostro corpo e di una giornata di sole, anche di una tabella. Anzi, per essere più precisi, serve un calendario. Quando si sia do– tati di questo speciale calendario il meccani– smo è molto semplice. E' sufficiente misurare la lunghezza della nostra ombra, consultare l'apposita colonna in corrispondenza del gior– no corrente, per sapere l'ora con buona preci– sione. La scoperta e la realizzazione non è né mia né recente. Nel 1836 un frate Nel 1386, infatti, un frate carmelitano di nome Nicholas of Lynn, del convento di Oxford, fece dono a John of Gaunt, duca di Lancaster, del suo nuo".o calendario-orologio. Il povero signore non sapeva più come organizzare la vita del suo ducato, dal momento che uno strumento analogo si era appena esaurito. Marchingegni moderni permettono di realizza– re calendari perpetui. Ma il calendario in suo possesso, che non è giunto fino a noi, ma si può supporre funzionasse in modo analogo a quello del carmelitano, durava solo diciannove anni. Poi era da buttare. In horis de clok Il calendario di Nicholas era complesso quan– to a realizzazione, ma di semplice consultazio– ne. Per ogni giorno dell'anno venivano messi in relazione l'altezza del sole sull'orizzonte, l'altezza dell'uomo -fissata, evidentamente a partire dalla prestanza del duca, in sei piedi- la lunghezza dell'ombra, l'ora del giorno. "Alti- Quadr.ante rettilineo universale italiano. SebastianMunster."Compositiohorolo– giorum,in plano:. in.muro,truncis,anulo com concavo 1 cylÌllOro et variis quadran– tibus, com s1gnorumzodiaci et diversa– rum horaruminscri_ptionibus". Basileae, in OfficinaHenriciPetri, 1531. AQUE' T' di Roberto MORINI --------------------------- Dunque solo una barra verticale. Poi le cose si ,.. fanno rapidamente più raffinate. Nasce il qua– drante ver9 e proprio. Cioé un quarto di cer– chio che, negli orologi egiziani; è diviso in sei settori uguali. L'ombra deì sole, ruotando, co– mincia cioé ad' indicare l'ora. Quadranteorizzontalefrancesetipo Butterfield tudines solis et longitudines umbrarum cuius Ìibet hominis stature sex pedum in horis de clok". La citazione vale, evidentemente, solo per la curiosità di quel "in horis de clok". La storia del nostro frate del convento di Oxford è un esempio delle strane scoperte che riserva l'in– dagine sui modi di misurare il tempo prima di Galileo, del pendolo, della scoperta dell'isocro– nismo delle sue piccole oscillazioni, insomma del famoso lampadario del Duomo di Pisa. E' una scienza, questa della gnomica, che non · re a ricostruire una storia degli orologi solari, finora confinata nella prima metà del primo capitolo della storia della misura del tempo, è del Centro Internazionale di Storia dello Spa– zio e del Tempo, una fondazione privata che va spesso a cacciarsi in queste situazioni appa– rentemente marginali, ma fascinose. 5.100 anni/a, a mezzogior– no ha molti appassionati sparsi per il mondo. Bi- All'inizio sono più calendari che orologi. E de– sogna essere un po' astronomi e un po' archeo- cisamente poco portatili. A New Grange, in Ir– logi, un po' antropologi e un po' storici. E in , landa, c'é una delle prime strutture che sicura– tempi di specializzazione sempre più ristretta e-~ mente avevano questa.fra le loro funzioni. E' mirata è difficile trovarne. Succede però, come del 3100 a.C .. Più di un millennio prima della sempre per chi lavora nella storia, che uno si ben più famosa struttura monumentale di Sto– specializzi su un periodo particolare, su una nehenge, che risale al 1900 a.C .. Passa ancora zona del mondo particolare. mezzo millennio e si trova in Egitto il primo L'idea di mettere insieme queste esperienze, di segno dell'esistenza di un orologio solare. E' far incontrare questi strani personaggi, di met- semplicemente uno gnomone, senza nessun tere le loro scoperte a confronto, per comincia- quadrante per aver misure appena precise. COMPOSITIO H O R O L O G I O R V M, I N P L AN o_ • V Il o. T Il V N e I ,. A H V l o. e o N concauo, cylindro «uarijl quadram, bm,cumfignorum :odiaa « di uafarumborarum inferi ptioaibus: autore Se, · ba1lMuolltto. IAULIAB IN OPFICUIA HBNAICI I 8 T a I a I N I 8 .Il A Il T I O, A Il• --.--o. ZXXL Non solo esiste un "Centro Internazionale di Storia dello Spazio e del Tempo", ma ha preparato un impegnativo convegno (Vicenza-Padova-Brugine, 22-24 maggio) sulla storia degli orologi solari: "Ritmi del cielo e misura del tempo". Al convegno intervengono: G. Bozzolato, A.J. Turner (Parigi), E.BOchner (Istituto Archeologico Tedesco di Berlino), J.Field e M.Wright (Museo delle Scienze di Londra), A.Aveni (Università Colgate di Hamiltan), B.Gol– dstein (Università di Pittsburg), J.D.North (Università di Groningen), C.Maccagni, F.Azzarita, T.E.Sett/e (Istituto Politecnico di New York), G. Tabarroni (Università di Bologna), D.Vaughan (Museo delle Scien– ze di Londra), A.R.Somerville (Cheshire), Margarida Archinard (Museo di Storia delle Scienze di Ginevra), B.Chandler (Istituto di Staten lreland di New York), F.Maddison (Museo di Storia della scien– za di Oxford). Le dodici ore E le ore del giorno sono già dodici. Anche se non sono vere e proprie unità di tempo. Infatti in occasione dell'equinozio di primave– ra o di quello d'autunno, quando il giorno è lungo come la notte, l'ora della meridiana egi– zia è uguale alla nostra ora. Ma d'inverno divi– dere la breve durata del giorno in dodici parti fa l'ora molto breve. Così come la fa lunga d'e– state. Ma evidentemente gli egizi non avevano grossi problemi di precisione. L'organizzazio– ne della vita nelle città non era ancora così complessa da richiedere una grande pubblicità. Poi, lentamente, si svilupperanno strumenti con quadranti più complessi. Non saranno più piani ma concavi, in modo che l'ombra possa riprodurre con maggior fedeltà il moto del sole sulla volta celeste. E ci saranno diversi archi graduati per i diversi periodi dell'anno. I' Ancor oggi esistono metodi di misura del tem" po basati sul moto del sole, anche più grosso- ~ni. ' Racconta Jacques Attali che in Africa i Baruya misurano il tempo anche basandosi sull'osser– vazione delle diverse posizioni del sole: la cima di una montagna serve loro da quadrante ~ola– re. Le più importanti cerimonie di iniziazione si svolgono quando il sole sorge proprio sopra quella montagna. E gli uomini, sparsi sul pen– dio di altre montagne, si alzano in piedi col viso rivolto verso il sole per ricevere il primo raggio: resta così annotato l'inizio del ciclo". Anche i cinesi avevano i loro quadranti. Fatti di giada. Come quelli Assiri erano in terracotta o in bronzo. Sostanze comunque poco mani– polabili, che impedivano la realizzazione di strumenti di buona precisione. -Ma non è questo del resto l'obiettivo principa– le. Per molti secoli misura del tempo; astronomia, astrolpgia, religione, sono legate indissolubil– mente. Tanto che toccherà ancora ai conventi, nell'alto medioevo, scandire con le campane le ore del giorno. I Greci erano invece più fisici e più matematici. Lo spazio fu meno mitico e più geometrico. Realizzarono dei modelli matematici di descri• zione del moto degli astri e dei pianeti di una complessità e di una precisione sorprendenti. La prima meridiana greca è di Anassimandro. E' di mezzo millennio prima di Cristo. E il fa.

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