Fine secolo - 4-5 maggio 1985

FINE SECOLO * SABATO 4 / DOMENICA 5 MAGGIO ai problemi sollevati e alle soluzioni proposte. Certo, la manifestazione del 20 aprile, quella "in nome del popolo inquinato", era una manifestazione della sola sinistra verde, e nemmeno tutta, e per molti aspetti condizionata da vicende interne alla sinistra: Democrazia Proletaria era lì soprattutto per fare i conti con radicali, liste verdi e PCI; autonQmi e "LC per il comunismo" anche; la stessa FGCI faceva probabilmente i suoi conti col PCI; e anche i singoli aderenti, in qualche misura, da Giovanni Berlin– guer a Ingrao, da Serri e Pinto, a Benvenuto a Benzoni a Ruff olo, quest'ultimo fra i più interessanti fautori di una crescita zero. C'era in prima fila Vetere .che qualche gior– no prima aveva propugnato la Formula I a Roma; e la Lega Ambiente, che era stata in prima fila per sventarla". L'albero di Tsukuba A parte gli -interessidi bottega, si capisce che la rinuncia alla polarità destra-sinistra sia-molto tormentata. Liquida– zioni retroattive ed eccessi di zelo conciliatori non giovano certo. fl principe di Galles, che forse è un finto tonto, ha chiesto alla lotti come mai, con gli esorbitanti festeggia– menti che hanno tributato a lui e signora, gli italiani abbia– no mandato via la monarchia. Se avesse avuto il tempo di guardare la televisione, di andare al cinema o di sfogliare rotocalchi, a maggior ragione avrebbe potuto domandare come mai gli italiani abbiano mandato via Mussolini. C'è una troppo brusca complementarità fra la comp(ar:itf:ta esi– bizione.macabra di piazzale Loreto ( c'eravamo caduti an– che noi) e la coda al buco della serratura di Claretta Pe– tacci. Forse il buon gusto è più in causa dei principii, e ma– gari il buon gusto è un buon principio. Tuttavia, resta il fatto che la coscienza ecologi-caè una "coscienza pentita"?,.– a differenza della innocente coscienza omicida del progres– sismo (ammesso che innocente sia mai stata) il suo punto d'avvio è la convinzione di una ferita gravissima e presto irreparabile inferta dagli uomini alla vita della terra. Ri– dotto altrove a merce di scambio giudiziario o fatto frutta– re da piagnoni e professionisti del senso di colpa, il ''penti– tismo" è invece in questo senso unafondamentale condizio– ne di conoscenza. Fra l'altro, questo può permettere di uscire dall'alternativa fra non essere più qualcosa o esserlo ancora, e fa di quello che si è stati una premessa necessaria e feconda di quello che si può e si vuole essere. Può non es– sere importante dichiararsi oggi "di sinistra", ma è molto rilevante.esserlo stati, e come lo si è stati; questa differen– za non è messa in causa da nessuna diserzione e da nessuna conciliazione. Al termine ''pentito" non rinuncerei volen– tieri: mi pare che denoti un di più di esperienza intima che manca alle civiltà, come si dice essere quella cinese, che so– stituiscono alla colpa la vergogna, e la sua manifestazione pubblica. Una morale pentita non può essere "economici– sta", non può ridursi alla pura correzione del/' "errore": non è vero che smetto di cacciare, o di giocare con la bom– ba atomica, perchè mi rendo conto di star segando il ramo su cui sono seduto. Piuttosto, mi manca l'aria per l'aria in– quinata, ho l'anima pesante per un cielo senza voli, non sopporto la vista dell'albero col ramo segato ... È anche una morale incline alla ritirata dal mondo: ma questo può esse– re un riparo positivo alla foga rinnovata del convertito. Aggiungerei anche che la rinuncia a definirsi ancora di pre– ferenza secondo la terminologia di "destra e sinistra", comporta la rinuncia a un connesso feticcio politico, l'al– ternativa governo-opposizione. Invece che di un significato politico o tecnico, questa alternativa è stata caricata, pe– raltro comprensibilmente, di un valore morale di fondo: l'opposizione è bene, il governo è male; salvo quando sia il governo delle sinistre. Tant'è vero che il governo delle sini– stre è, prima che un programma, uno stato d'animo, ed è lo stato d'animo a entrare in crisi prima che si constati l'ina– dempienza tecnica del programma. Ancora in questi giorni, la rispettabile proposta di Pannella di fare il sottosegreta– rio, con ciò entrando al governo, viene denunciata da qual– cuno come automaticamente squalificante. C'è il rischio che il nuovo progressismo elettronico rilanci le magnifiche sorti non solo senza sensi di colpa ma nean– che di storia. A Tsukuba la televisione tridimensionale che fra poco sarà nelle nostre case è stata presentata al pubbli– co con una proiezione che ripeteva tal quale l'effetto cele- bre dell'arrivo della locomotiva dei fratelli Lumière, quan– do gli spettatori spaventati si buttavano sotto le sedie: que– sta volta, a dare il senso della terza dimensione e dell'usci– ta dallo schermo, c'era un albero secolare tagliato che si abbatteva sullo spettatore. Extra tecnologiam nulla salus: ma occorre proiettare all'indietro quella scena. "La pretenziosità ideologica è un rischio del movimento verde; la nozione della tabula rasa è un altro rischio. La frase iniziale del programma dei verdi tedeschi suona: "Noi siamo l'alternativa a tutti i partiti tradizionali". Ci si sente un po' l'animo di chi scende dall'arca dopo il di– luvio. C'è molto assolutismo ideologico, molta semplifi– cazione astorica. Perfino la ricerca di un modello econo– mico ne risente fortemente. Ci sono verdi in Europa che assegnano alla biologia rispetto alla politica il posto che un tempo si assegnava alla teologia; o che pensano a una politica deducibile dal secondo principio della termodi– namica. In Germania c'è l'espressione "ripristinare il cir– cuito ecologico", "okologischer Kreislauf', che segnala l'illusione che sia esistita prima la natura e poi la cultura, e che si possa comprare un biglietto di ritorno. Continuità e rottura Io uso a proposito della questione dei rapporti fra sini– stra e verde un paragon~ che ti sembrerà strano, ma è ef– ficace, col rapporto fra Vecchio e Nuovo Testamento, come•-èvisto dai cristiani: c'è la continuità, le profezie in– compuiute, le speranze di liberazione, ma poi è solo nel Nuovo Testamento che si compiono, e attraverso una rottura. Chi, prima di San Paolo, pretendeva che il com– pimento passasse attrraverso la cruna d'ago dell'ebrai– smo, della sua precettisticà e delle sue regole, avrebbe co– stretto il cristianesimo a restare una magari nobile setta dell'ebraismo". Il paragone è buono, ma in questo caso sei tu a sopravvalu– tare la discendenza della Buona Novella ecologista dalla Scrittura della sinistra, sia pur negata e superata: si po– trebbe sostenere che la conservazione della natura sia più legittimamente filiata dalla conservazione filosofica, dal– l'attaccamento alla continuità e dalla diffidenza per la rot– tura, prediletta viceversa dai rivoluzionisti. "Nell'Europa, almeno dal 1848 in poi, i conservatori che hanno contato hanno mostrato di tenere soltanto alla conservazione del loro potere". lo penso al rapporto che c'è oggi fra conservazione e colle– zionismo, alla smania improvvisa di mettere in salvo le cose: si comincia col riattaccarsi agli oggetti, poi li si colle– ziona nella propria stanza, e alla fine si prende il mondo intero come una propria collezione, cui sovrintendere... Confini statali, e uccelli migratori Ora vorrei chiederti come sta uno come te, esperto di iden– tità particolari e di minoranze etniche e politiche, in un movimento la cui vera novità di fondo è l'orizzonte plane– tario, e l'estraneità, quando non la contraddizione, a ogni identità parziale e intermedia. Voglio dire che anche il so– cialismo rivoluzionario era internazionalista, ma di un in– ternazionalismo in cui una parte, il proletariato, veniva contrapposta a un'altra parte, la nazione. Anzi, il sociali– smo muoveva proprio dal rifiuto del/' "uomo" in nome del– la divisione fra sfruttatore e sfruttato. Il socialismo vede nella parte, e nell'associazione collettiva, un valore politico e prima ancora morale: un superamento dell'individuo iso– lato e dell'umanità astratta e indifferenziata. Il culto e il feticismo della dimensione collettiva sono la sostanza del socialismo ( che, in questo, continua e perfeziona la demo– crazia borghese): il collettivo è il passaggio necessario del– la scalata al cielo della sinistra. La coscienza può essere oggettivam_enteuniversale solo in quanto è soggettivamen– te parziale -la parte poi può variare, la classe operaia, il Terzo Mondo, sia pure in modo diverso le donne... Strane - oggi- combinazioni morali fra egoismo ''pagano" della classe operaia e liberazione del genere umano,fra verità di partito e verità tout court, venivano autorizzate dall'assi– milazione fra collettivo e morale. Il genere umano apparte– neva alla storia naturale, nella storia umana si facevano a pezzi gli uomini in carne e ossa. Alla nostra generazione è toccato di vedersi drammaticamente ravvicinare, prima a Hiroshima, poi con la degradazione ecologica, due termini così distanti come la morte dei singoli e l'estinzione della specie. E quest'ultima si è vista sottratta alla sfera remota

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