Fine secolo - 4-5 maggio 1985
gli dissero di mettere da parte il coltello e Ja– mes lo rimise nella tasca posteriore dei panta– loni e lo scontro continuò. Si scambiarono dei pugni e tre Vietnamiti accostarono Pierman. James tirò fuori il coltello nel mezzo del com– battimento. Gliel'ho visto roteare un paio di volte prima di lasciarlo cadere. Il coltello è ca– duto a terra mentre anche Thong cadeva". BONCHAU: "Dopo un breve scambio verbale Pierman è corso alla sua macchina ed è ritornato reggen– do un coltello in mano. Poi ha detto a Clark: "Tu va' avanti e colpisci, se qualcuno di loro interviene io userò il coltello". DAVID HENDERSON: teti usati dai soldati americaru m Vietnam, "gooks" (si potrebbe tradurre: "sporchi musi gialli") e "slime" (letteralmente "fanghiglia", "schiuma") e queste stesse parole usate per sfregiare il 'memoria}' (un vaso con una pian– ta) installato nella scuola di Davis per ricorda– re l'uccisione di Thong Huynh? Ora noi sentia– mo che la scuola dovrebbe e forse avrebbe po– tuto fare un po' di più per seguire da vicino e controllare l'emergenza del razzismo, per di– fendere i ragazzi vietnamiti, per renderli più accetti agli altri. In una società atomizzata e dove molte famiglie sono disintegrate soltanto la scuola può, almeno in teoria, svolgere un ruolo positivo". "Mr.Pierman aveva problemi psicologici. Pre- Il funerale parava piani violenti per rispondere ad attac- c~i ~~agi~a~. Abbia~o trovato che in ~Itri 6 Circa 200 persone hanno partecipato la matti– d1stmti casi P1erman s1era comportato v10len- . na del 9 maggio 1983 al funerale di Thong Hy teme~te_contro altre persone. N~ssuna delle Huynh. La cerimonia, di rito buddista, è dura– sue v1tt1me appa~teneva ~ u~a mu:~<?ranza. È ta 45 minuti, e si è svolta nel cimitero di Davis. v~ro che un? de~li student~ V1etJ~anutiha d~tt<? La madre del giovane ucciso, Phong Huynh, d1 a~e~ sentito P1erman gndargh ~ntro epiteti ha pianto. Coppe di uva e di aranci sono state razziali ma lo stesso ragazzo non e stato capa- posate accanto alla bara. ce di specificare le precise parole adoperate da Ph H h h • · t I ·t, d. p· ,, ong uyn a nngraz1a o a comum a 1 ierman · Davis per l'offerta di 20 mila dollari raccolti GEORGE KAGIWADA: . dopo la morte di Thong in segno di affetto e di "Certamente il razzismo è un fattore difficile solidarietà con la famiglia. E ha detto che que– da misurare in casi di assassinio. È complicato sta prova di solidarietà le rende più accettabile e forse rischioso rispondere alla domanda: "In l'idea di rimanere a Davis. che misura, come, in che momento il fattore Dopo l'uccisione di Thong il suo 'memoria!' è razziale ha spinto a uccidere?"· Però gli atteg- stato sfregiato da anonimi. E per due volte giamenti razzisti esistono e si trasmettono sono stati distribuiti alla Davis High School come un virus nel corpo sociale. Non esi st e volantini di un gruppo per la supremazia dei nessun nesso logico apparente tra la sconfitta bianchi che si fa chiamare "White Power". americana in "ietnam e il razzismo contro i Uno dei volantini recita: "James Pierman Li– Vietnamiti che sono rifugiati negli Stati Uniti. bero! Lo studente bianco James "Jay" Pier- Ma qualunque contesto in cui si esercita la vio- man è in sostanza un prigioniero. della guerra lenza, in cui si accetta la supremazia contro i razziale in corso e che inevitabilmente riguar– più deboli può facilitare l'emergenza del razzi- derà tutte le scuole e i campus. Mr.Pierman ha smo. Pierman, per esempio, viene da una fami- lottato con onore e determinazione per libera– glia in cui risulta che il padre capo-famiglia ha re un altro studente bianco che era stato attac– più volte picchiato la moglie. Pierman usava la cato da 3 Vietnamiti che i politicanti del gover– macchina per impaurire gli studenti più giova- no hanno sconsideratamente fatto entrare in ni inseguendoli e minacciandoli d'investirli. questo paese senza valutare le conseguenze e Non c'è oppure c'è un nesso logico tra gli epi- gli effetti a lungo termine della loro azione". Un problema di lingua SAN FRANCISCO EXAMINER, domenica 8 maggio 1983: "I ragazzi vietnamiti non padroneggiavano e non se la cavavano con lo "slang" usato dagli studenti bianchi. Erano imbarazzati a invitare i ragazzi bianchi neì loro appartamenti affolla– ti". BONCHAU: "Noi non abbiamo mai parlato ad alta voce. Il nostro problema era solo quello di non parlare abbastanza bene l'inglese". EFIM TOVBIN, 58 anni~ nato in Romania e profugo dall'Unione Sovietica, organizzatore di una stazione radio che offre la traduzione si– multanea in russo di "Dinasty" e altri show te– levisivi: "Io ho sofferto moltissimo con la lin– gua. È duro quando non ci si può esprimere. Le persone che non possono esprimersi e par– lare sembrano stupidi". PHONG HUYNH: "Mio figlio era buono, ma non sapeva parlare l'inglese". Very -Dico. sempre "very", continuo a ripetere "very". "Very much", "very beautiful", "very interesting": ogni cosa è "very" per me. "Very" mi difende dagli attacchi esterni e dagli agguati. "Very" è il mio piccolo scudo di due sillabe nel campo minato e ostile della lingua inglese. -Io guardo il cielo e scopro orizzonti lontani che i cittadini non possono vedere. Attraverso le strade della città come un cavaliere invisibi– le. Il mio orecchio è sordo, la mia lingua è morta, soltanto io conosco i suoni che si agita– no dentro di me. -Non sono i suoni ignoti della lingua straniera che mi fanno paura ma il fatto che come la ter– ra e gli animali sono già proprietà di qualcuno, e stanno come simboli e segni di relazioni mi– steriose dentro un territorio per cui devo pas– sare. -A volte fingo di capire ma in realtà non ho ca– pito niente. La gente si stanca di ripetere più volte la stessa frase, e se li si costringe a ripete- FINE SECOLO * SABATO 4 / DOMENICA 5 MAGGIO re finisce che non ti parlano più. -Com'è noiosa questa lingua che parlo, è piat– ta, prevedibile e scorre attraverso canali di ce– mento. Non ho nessuna voglia di ripetere frasi e parole che conosco a memoria. Solo la velo– cità, il ritmo, la distorsione del suono può sal– varla. I giochi di parole sono una prova d'astu– zia che ridà vita alla lingua e mette alla prova il mio interlocutore. La contaminazione è uno sgambetto che faccio a lui e al dizionario. Lo slang è un oceano che ha per letto i ghetti neri, le scuole, e la frontiera con il Messico e che nel suo moto continuo sgretola le dighe e le regole mummificate della lingua. -Ogni giorno una nuova prova di sopravviven– za. Mi preparo per il viaggio mettendo da par– te poche parole. Le recupero chissà da dove, sono il mio povero viatico. Fino alla sera lotto per riconoscere altre parole e immagazzinarne qualcuna. Lo sforzo che faccio esaurisce le mie energie: spesso, esausto, non capisco dove sono e non riconosco chi mi sta di fronte. -Urg, urg, urg. Sono l'Homo primordiale che grugnisce. Fuori della mia caverna ci sono al– beri, frutta, suoni e altri animali. Posso andar fuori, il mio grugnito è aperto a tutte le possi– bilità, non conosco regole né limiti. (La prima volta che l'Homo primordiale ha parlato o sentito parlare ha emesso un terribile grugnito di dolore: e si è sentito come la bestia del circo in gabbia a cui il domatore, parlando, ordina di spostarsi, di saltare e di sedersi a tavola). -La lingua è musica. Correre da un punto al– l'altro della lingua è eccitante. Correre da una lingua all'altra è fantastico. Ma ritornare al grugnito e al gergo famigliare ricacciati indie– tro dal sistema geometrico militare della lingua ufficiale è al tempo stesso caldo, consolatorio e frustrante. -È difficile andare avanti e correre. È più facile regredire dal gergo al balbettio sconnesso dei pugili dopo il combattimento e convogliare in poche parole la rabbia, l'angoscia, lo smarri– mento e l'amore per la vita. -La mia lingua è legata, il cuore e la testa mi dolgono. Sciogli la mia lingua, o Signore. Aspetto la Pentecoste.
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