Fine secolo - 27-28 aprile 1985

Laca:rriera del prof. Pasquali Carlo Ferdinando Russo, direttore di Belfagor, anticipa e commenta l'interessante e divertente documentazione inedita sui giudizi delle commissioni universitarie circa il giovane candidato Pasquali. La documentazione sta per essere pubblicata da Dino Pieraccioni. Carlo Ferdinando Russo, professore di letteratu– ra greca a Bari e direttore di Belfagor, ci ha parlato della meritoria attività della sua rivista nella pubblicazione di scritti di e su Pasquali ( con collaboratori come Timpanaro), e ci ha ge– nerosamente informato sui succosi documenti inediti riguardanti la carriera accademica di Pa– squali che Dino Pieraccioni (anche lui un ex al– lievo) sta per pubblicare sulla rivista. Documen– ti che introducono nel mondo peculiare della fi– lologia, della scienza e della corporazione, dei suoi nomi mitici e delle sue meschinità: e perfino dei suoi involontari colpi di genio, come la rela– zione avversa al candidato Pasquali che ne sot– tolinea le stranezze di scrittura -un'anticipazio– ne del grande scrittore stravagante. Russo non ce ne vorrà, se ricordiamo qui che Pasquali lo chiamava affettuosamente, riferen– dosi al padre, Luigi, "l'ucraino" -cioè il 'piccolo Russo·. Lasciamo la parola a Russo, conservan– do il tono colloquia/e delle sue informazioni. squali, lo quaÙfica addirittura ufficialmente nella sua relazione come «fanciullo prodigiò della filologia classica. Non so quanti si siano impadroniti così presto, con tanta sicurezza di ogni segreto della tecnica filologica. Quasi tutti i lavori che egli presenta sono dal lato metodi– co quasi perfetti. Il giovanissimo candidato ...». La relazione generale di tutta la commis– sione (sono cinque i commissari, come oggi) dice: «Pasquali è giovanissimo, è nuovo a que– sti concorsi, ma si presenta subito sotto luce molto favorevole. La sua conoscenza delle lin– gue classiche, specialmente del greco, la sua dottrina filologica, la rapidità con cui si impa– dronisce di ogni argomento sono veramente notevoli. Però la sua produzione è ancora scar– sa». Questo è l'esordio della relazione. Be/fagor non da oggi, e cioè in occasione di questo centenario, si occupa di Pasquali. E' l'unica rivista che ha pubblicato scritti inediti dopo la morte di Pasquali, provenienti dalla sua vedova, signora Maria Nosei (morta di re– cente) che aveva ritrovato scritti rari. Pasquali .. era stato collaboratore dal 1948 di Belfagor, fra l'altro con un celebre articolo di una trenti– na e più di pagine intitolato «Problemi univer– sitari», che seguiva all'articolo di Adolfo Omo– deo sulla medesima tematica. Poi a ventinove anni c'è di nuovo un concorso (siamo nel 1914); il concorso questa volta è a Milano: in commissione non ci sono mai suoi amici, cioè i suoi professori, come non c'erano stati nel concorso precedente. C'è di nuovo Vi– telli, c'è Ettore Romagnoli e c'è anche il ben noto Fraccaroli, quello dell'irrazionale nell'ar– te. Pasquali viene strapazzato in questo con– corso da tutti, anche da quel Romagnoli che lo aveva qualificato come «fanciullo prodigio del– la filologia» - questa era una qualifica che Ro– magnoli ripeterà in un concorso per un filolo– go ben modesto, e molto vicino a lui affettiva– mente, Francesco Sbordone (che ha insegnato a Napoli fino a alcuni anni fa); è insomma una qualifica di tipo estetizzante. Comunque, in questo concorso del '14 c'è una controrelazio– ne del Vitelli, molto vibrata, ampia e ben fatta, che dice: «io non sono neanche mai stato pro– fessore di Pasquali, quasi non lo conosco, ep– pure la sua produzione ...»: una contro relazio– ne molto favorevole a Pasquali. Mentre nella relazione generale la maggioranza dei commis– sari, cioè quattro, addirittura dicono, per esempio, «quando Pasquali discorre di lettera– tura sbaglia sempre, fino al grottesco. La men– te del Pasquali appare confusa, si notano varie stranezze nei suoi articoli. Il Pasquali scrive sì correntemente il tedesco ma senza eleganza e non senza errori scrive il latino. Malissimo poi scrive l'italiano. La sua forma italiana peggio– rata di scritto in scritto è ormai divenuta una specie di gergo filologico; causa principalissi- Nel prossimo numero di Belfagor uscirà, nella sezione Documenti, un ampio articolo di Dino Pieraccioni intitolato «Giorgio Pasquali sotto concorso». L'articolo prende le mosse dall'ine– dito che Be/fagor ha pubblicato nel novembre scorso, un autografo di Pasquali ritrovato a Gottinga. Si trattava di un curriculum steso nel dicembre 1911 da Roma, e redatto in lin– gua tedesca, in cui Pasquali allora ventiseienne faceva una domanda per venia legendi, a Got– tinga, il permesso di leggere (lo diceva in latino con questa espressione in uso nelle università tedesche). Questo è appunto il primo docu– mento di Pasquali insegnante universitario: egli ottenne la venia legendi a Gottinga. Alla fine di maggio usciranno le relazioni che le commissioni giudicatrici universitarie scris– sero su Pasquali via via che egli si presentava ai concorsi a cattedra in Italia. É un aspetto, si deve dire, sconosciuto della vita di Pasquali. Pasquali, che raccontava molto di sè nei suoi scritti, di quest'aspetto della sua partecipazio– ne ai concorsi nulla ha detto. D'altra parte non erano documenti sepolti, questi, introvabili, non erano nel Mar Morto, erano al Ministero della Pubblica Istruzione. Il primo concorso a cui egli partecipa lo vede in gara a ventiquattro anni, dunque nel 1908. É presidente della commissione Girolamo Vi– telli; tra i commissari c'è il notissimo Ettore Romagnoli. Il ventiquattrenne Pasquali, e ci sono candidati come si suol dire di tutto ri– guardo, riceve un ottimo giudizio; non vince la cattedra, ma riceve un bellissimo giudizio. Per esempio Ettore Romagnoli, che è quello col quale Pasquali in seguito polemizzerà aspra– mente (c'è uno sfondo politico nella polemica Romagnoli-Pasquali: Pasquali è per la Germa– nia, non solo per la filologia tedesca, Roma– gnoli è nazionalista e antitedesco ), in questa occasione, di questo primo concorso di Pa- . ma di tale barbarie è senza dubbio l'uso tede– sco che contamina via via l'italiano ed è difetto grave». Questo è il giudizio della maggioranza. Finalmente vince nel 1920 e nel 1924la sua vit– toria viene ratificata perchè diventa ordinario. Viene sottoposto a un altro giudizio (in com– missione si trova sempre Girolamo Vitelli) e quand,o vince ci sono otto concorrenti, tanto per dire Ettore Bignone, Augusto Rostagni, Manara Valgimigli... Questa documentazione viene riprodotta inte– gralmente da Dino Pieraccioni. Mi sembra di vedere l'ascesa che sembrava irresistibile all'i– nizio, vederla frenata quando egli è sui tren– t'anni, fenomeno forse abbastanza consueto. Questo fastidio poi per la Jingua tedesca del ·' Pasquali ... bisogna pensare in che tempo si vive e bisogna ricordarsi anche che al tempo del primo ·concorso, quello del 1908, la -com– missione aveva detto -lui non era riuscito– «qualunque sia per essere la sua via, il Pasquali 1 si troverà presto in prima linea tra quanti si occupano di studi greci». CHE COS'È UN FILOLOGO di Giorgio AGAMBEN Che la filologia sia, o sia stata, uno dei ca– ratteri più tenaci della cultura italiana, nes– suno vorrà negare. Ma che cosa sia quella strana creatura che diciamo un filologo, su questo non sarà facile trovare consenso, se proprio nella nostra tradizione il filologo ha spesso convissuto in intima simbiosi col filosofo e, ancor più strettamente, col poeta (filologi furono Petrarca e Poliziano, Vico, Leopardi, Pascoli; e una pratica filologica è implicita ancora nella poesia di Zanzotto e in ogni seria avanguardia). In quella specie di manifesto della filologia umanistica che è la Lamia di Poliziano, accanto alla pre– ziosa definizione del filosofo-filologo come philomythos e fabellae studiosus, decisivo è il gesto con cui Messer Angelo rivendica e, insieme, diniega la propria qualità di fi– losofo: non voglio che mi si chiami filosofo - scrive proprio mentre sta definendo la fi– losofia - non voglio altro nome che quello di "grammatico" (cioè, nella lingua del suo tempo, filologo). E' singolare che, quasi cinque secoli dopo, Benjamin accampi un'analoga "ascesi filo– logica" per difendere il proprio metodo di pensiero contro il rappel à l'ordre hegelia– no di Adorno. Allo stesso modo, nella cultu– ra italiana più recente, poesia e filosofia si trovano Spesso, piuttosto che fra quanti ne fanno professione, là dove non ci si aspet– terebbe di trovarle: fra i filologi, per esem- pio, e fra quegli "scrittori in funzione d'al– tro", cui spetterebbe un posto primario in una storia della letteratura italiana che si fosse liberata, secondo il monito di Contini, dal suo fondamento esclusivamente bellet– tristico. Per venire a Pasquali, la cui apertissima intelligenza di scrittore ha sempre ignorato le barriere disciplinari, è certo che egli ha sempre tenuto al nome di filologo, giungen– do una volta (a proposito di W. Mayer, sco– pritore di una legge che regola il ritmo del– la prosa greca) a rivendicare, per l'ostinata attenzione filologica al particolare, una sorta di geniale "follia platonica". Come dovesse essere intesa questa molto filoso– fica "follia filologica", in nessun luogo gli è forse capitato di esprimerlo con altrettanta brevità, come nella prefazione al suo bel– lissimo libro sullelettere di Platone: "da al– tri miei lavori ...mi sono staccato con un senso di sazietà e insieme di liberazione– .. .chiudere il libro, allontanarmi da Platone m'è grave, perchè so di non aver mai avuto contatto con uno spirito più alto". In questo contatto con lo spirito, nella materialità di questo toccare, si dovrà vedere il carattere più proprio della filologia-pasqualiana: nel– l'amore per la parola nel suo aspetto più palpabile - e solo in esso - toccare il pen- siero. ·

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